di  Francesca Patanè

Questa è la pagina di una cronaca che non c’è: la cronaca della quinta puntata (chi ha voglia di rinfrescarsi la memoria legga anche la prima, la seconda, la terza e la quarta puntata) - fissata per il 14 aprile e mai “andata in onda” - del processo a Quirino Paris, il docente trentino che vive e insegna in California, accusato di diffamazione per aver messo alla sbarra la malauniversità dell’Economia agraria nazionale, che incontrerete ancora in questo numero, per una nostra cronaca legata proprio a questa sua pubblica denuncia (finita, come la maggior parte delle cose italiane, a tarallucci e vino), e per un contributo a sua firma: un’analisi lucida dell’ingarbugliata situazione che ha generato Aquis).

E questa è la cronaca che non c’è.

La Corte d’Appello di Roma, per le elezioni politiche, a meno di una settimana dal voto e fino al 17 aprile, ha clamorosamente annullato tutte le udienze, rimandandole a data da destinarsi.

Riteniamo ci sia più d’una ragione (a parte quella delle votazioni, non condivisa da altre Corti d’Appello dello Stivale) per interrompere in questo modo così originale i lavori di una giustizia, nella sua generalità immobile per i rimanenti trecentosessantatré giorni dell’anno; e che almeno il doppio ce ne siano per aver deciso di bloccare anche l’attività del Tribunalino della Pace, sede del processo Paris.
Ma non comprendiamo l’averlo stabilito a pochi giorni dal voto (impedendo conseguentemente a tutti gli interessati, accusa e difesa comprese, di organizzarsi per tempo).

Per gli studenti, a scuola, le elezioni sono la ghiotta occasione per fare vacanza.
Chi, come Quirino Paris, ha affrontato un lungo e costoso viaggio (programmato e pagato mesi e mesi prima) per poter fare il proprio “dovere di imputato” ha più d’una ragione – riteniamo - per chiedere allo Stato italiano, se non i danni morali, almeno il rimborso delle spese di viaggio.