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Intanto noi,
per sicurezza, il nostro “santino” personale l’abbiamo messo, sotto il mac.
Ma no, che avete capito? Non uno di quelli famosi e denunciati dal
professore Quirino
Paris, magari sfuggito dalle carte processuali (ma potrebbe accadere in
qualsiasi momento, visto il marasma di quell’incartamento).
No, il nostro santino è una semplice madonna delle lacrime, chissà se avrà
lo stesso effetto. Che volete farci, non siamo esperti in fatto di santini,
a casa nostra non ne circolano poi tanti: vabbè che sulla testata c’è
scritto “Ateneo”, ma noi mica ci viviamo, all’Università.
Perciò dobbiamo accontentarci di una madonnina delle lacrime senza pretese,
poverella.
E dire che per farvi la cronaca della terza puntata della “telenovela”
Paris, come uno dei querelanti ha prontamente ribattezzato la storia (la
prima puntata sul numero di giugno dell’anno scorso,
la
seconda su quello di ottobre), ce ne vorrebbero non uno, ma cento, di
santini.
Comunque, con o senza santini (ma meglio con: non sei dio e neanche re, ma
barone sì, però), noi questa storia dobbiamo continuare a raccontarvela.
Perciò cominciamo, anche se stavolta è talmente ingarbugliata che pure ora,
mentre scriviamo, non sappiamo che dire...
Roma, giovedì 5 aprile, ore 10 e 30, solito “Tribunale della pace” (eterna?
visti i tempi biblici coi quali si sta trascinando questo caso giudiziario “italo-americano”,
si direbbe di sì… e d’altra parte uno dei querelanti l’ha pure detto:
“Vediamo chi muore prima”… Non vi diciamo cosa gli altri, nel frattempo,
hanno fatto).
Tutti i protagonisti sono ai loro soliti posti “di combattimento” (uno dei
querelanti, a destra o a sinistra, è sempre seduto accanto a me: prima o poi sarà
amore). Tutti tranne uno: il Pubblico Ministero di turno, spina nel fianco
di questo processo (e forse anche di tutti gli altri): un po’ c’è e un po’
non c’è, e quando c’è, è sempre diverso e non sa nulla della storia: non ha
avuto il tempo di leggere le carte e anzi non sa nemmeno che ci sono, le
carte, e perciò non le tira neppure fuori all’udienza giusta.
Alla ricerca del Pm perduto, dunque, stavolta non lo si trova nemmeno col
lanternino (ma era mai stato nominato? il dubbio è legittimo e pur non
costando nulla non è gratuito).
Alla fine anche la bionda Lady di ferro, Giudice Cancelli, va a occupare la
sua postazione… Che fare? Risolve il Pm istruttore (quale onore, pensiamo
noi, così finalmente ci capiremo qualcosa di tutta questa storia, ma ci
sbagliavamo).
Paola Berardini si presenta nella piccola aula destinata alla terza puntata
del processo (ridotte pure le sedie per il pubblico: un processino per pochi
intimi, insomma): lei, coi suoi ottanta centimetri di tacchi a spillo.
E finalmente si parte, quindici minuti di ritardo sulla tabella di marcia:
visti i contrattempi (imprevisti? previsti? prevedibili? chissà) non sono
poi tanti.
Due soli, questa volta, i fatti di cui discutere: il caso-Paris passa in
seconda posizione. Si lascia battere da:
1) l’incartamento minimale del caso in pole position
2) un avvocato stogato che, impreparato com’è (in fatto di toghe), chiede
immantinente in prestito alla Osele, l’avvocato difensore del
Paris, la sua toga.
Così la Maria Cristina, arrivata alla terza puntata del processo con figlio
al seguito - laurea in Giurisprudenza, master in Italia e stage in Olanda –
e soprattutto con la sua bella toga nuova di zecca, non fa neanche in tempo
a indossarla che se la deve togliere, per prestarla al collega stogato del primo processo.
“Facciamo prima questo, così il resto del tempo è per Paris”, dice la Lady
Cancelli aprendo il minimale. Dunque non è una “sconfitta” per il docente
trentino (che vive in California, però) l’essere passato in seconda
posizione.
Aspettiamo, pazienti e distratti, che cominci il suo dibattimento.
Alla conta dei querelanti solleviamo la testa dal quotidiano.
Ci sono tutti, tranne Francesco Bellia (presente però Filippo Paterniti, il
suo avvocato) e i due - Dario Casati e Lorenzo Idda - che già all’udienza
del 9 ottobre scorso mancavano, non essendosi costituiti parte civile.
C’è pure Mario Prestamburgo (avvocato difensore Francesco Sorrentino) anche
se all'udienza di ottobre era stato “stralciato” dal caso per
intempestività della querela.
Presente Giuseppe Chironi e presenti anche i due palermitani Salvatore
Tudisca e Antonino Bacarella, tutti e tre difesi da quell’oratore di
Fabrizio Lanzarone, il più loquace tra gli avvocati, che persino la Lady di
ferro stenta a stoppare.
La parola passa al Pm dai tacchi a spillo, che si scusa per l’assenza del Pm
incaricato (ma quale Pm?) e fa una precisazione che per il Pm della seconda
udienza (un altro ancora) è un affondo velenoso, ma necessario: “Il Pm della
scorsa volta avrebbe dovuto parlare di una seconda querela di Prestamburgo,
ma non l’ha fatto”.
Seconda querela? Quale querela? chiede la Cancelli visibilmente contrariata.
Già, quale querela (madonnina, ci sei sempre, tu?).
La Cancelli conta paziente: “Io di querele ne ho sette (sette erano
all’inizio i querelanti, n.d.r.) e di Prestamburgo ne ho solo una, del 5
marzo 2004”.
Berardini precisa. Trattasi di una seconda querela by Prestamburgo, del
luglio di quello stesso anno. Una querela per diffamazione che – secondo il
Pm istruttore – si trovava già nel carpettone-marasma (nostra la
definizione, è bene precisare), già all’udienza di ottobre, ma che per
dimenticanza del Pm di turno non era rientrata nel decreto di citazione.
Il Giudice non nasconde il suo disappunto, il Pm istruttore, visibilmente a
disagio, continua a spiegare. “Occorre una nuova formulazione del cambio di
imputazione ” tuona la Cancelli.
Come se il battibecco tra le due Signore della Pace non bastasse, si
aggiunge a quel punto l’oratoria di Lanzarone, che davanti a una nuova
contestazione chiede di mantenere distinti i temi.
Taglia corto la bionda Lady: “Prestamburgo non è più parte civile, ma rimane
parte offesa, pertanto può presentare una memoria”.
Una memoria? Ma ce ne sono ben tre, di memorie! Tutte fresche di giornata,
tirate fuori dal cilindro di Mago Magù. Quella, poderosa e dotta, prodotta
da Lanzarone, prima di tutto: cinquantasette pagine fitte e condite di
“melmosa pulticola”, “distribuzione quasi gaussiana”, “tetragona emergenza
che non può essere obliterata”, “sintagma”, “intermundia” e tutta una serie
di citazioni latine da fare invidia pure a Cicerone (notevole memoria,
complimenti vivissimi), e quelle, più terrene, degli avvocati Paterniti e
Sorrentino (per par condicio, complimenti anche a loro).
Memorie che, aggiunte a quella presentata dalla Osele per conto del suo
assistito, vanno ad arricchire il già nutrito fascicolo.
Dopo le richieste del Lanzarone, le proteste della Osele, che rileva una
discordanza nelle date: la seconda querela by Prestamburgo che ha in mano
lei non è del luglio 2004, ma del giugno 2005! Com’è possibile? Si
confrontano i due documenti – quello dell’incartamento della difesa e quello
tirato fuori dal Pm istruttore - e si chiarisce l’arcano: ciò che la Osele
crede la seconda querela in realtà è… la terza! Una denuncia per calunnia,
per la precisione, by Prestamburgo (of course), di cui però è competente il
Tribunale ordinario.
“La seconda querela non la conosciamo, noi qui ne abbiamo una terza!”,
osserva stranita la Osele, e rivolta ai querelanti: “Ma quante ne avete
prodotte?”. Risposta pronta di uno di loro: “... E ancora non è finita...”.
No, Signor Giudice, non ci siamo – il difensore vuole vederci chiaro – “è
bene che ci documentiamo, prima”.
Ma – sorpresa! - la “terza querela” a cui l’avvocato di Paris fa riferimento
e che in prima battuta aveva creduto seconda, ovvero la denuncia per
calunnia (inoltrata da Prestamburgo al Tribunale di Trieste) nel
fascicolo-marasma non c’è (c’era però, quando il professore, tempo prima,
era andato nell’ufficio della Berardini a farsi rilasciare copia
dell’incartamento, ed era stato così, infatti, che lui l’aveva avuta): nel
fascicolo-marasma c’è solo la copia della vera seconda querela (madonnina…),
quella che il Pm all’udienza di ottobre aveva dimenticato di tirare fuori e
di cui ora la Berardini chiede l’inserimento per la procedibilità.
Tempo perso, quella vera seconda querela non può essere acquisita (però
rimane nel fascicolo): “Ha i timbri illeggibili – nota il contrariato
Giudice – e dunque non si evince l’Autorità che l’ha ricevuta”.
No problem, risponde la Berardini, che chiede un rinvio “per acquisire il
documento originale da produrre alla prossima udienza e per poter
riformulare una nuova imputazione”. “La nuova imputazione può essere
richiesta anche in sede di dibattimento” la corregge l’incavolatissimo
Giudice.
Chiusa per il momento la questione-seconda querela (ma c’è un colpo di scena
che vi riserviamo per dopo), torniamo all’udienza, e da dove ripartiamo? Ma
dall’ottimo Lanzarone, naturalmente! Che, siccome la situazione non è ancora
abbastanza confusa, aggiunge anche lui nuovi elementi. Due, in particolare.
Di tipo documentale.
Il primo: la copia di un Bollettino ufficiale del ’76 del Ministero della
Pubblica Istruzione dove sta scritto di una vecchia bocciatura dell’imputato
Paris – responsabile il luminare Rossi Doria - a un concorso di Economia e
Politica Agraria (una dritta per l’avvocato Lanzarone: Paris si beccò una
bocciatura anche nel ’55, all’esame di Entomologia Agraria, docente
responsabile tal professor Russo. Se si potessero reperire le carte, si
potrebbero presentare alla quarta puntata del processo...).
Il secondo: tutta la produzione già a suo tempo presentata! Di nuovo? Di
nuovo. Stavolta però – come dice il Lanzarone – senza “refusi”.
Refusi?
Quali refusi? Chiede la sconcertata Osele (ma nel
corso di un procedimento giudiziario, è possibile modificare in corsa, e
ripresentare al giudice nella sua nuova veste modificata, la documentazione
già acquisita agli atti? n.d.r. e scusate l'ignoranza).
Refusi, niente di speciale, numeri sbagliati, tutto qui, risponde il
Lanzarone. Numeri sbagliati? ripete ancora più sconcertata l’avvocatessa,
ennossignori, non si tratta di refusi, ma di modifiche sostanziali!
“Dobbiamo averne copia, per procedere alla comparazione” conclude
arrabbiatissima la Osele.
“L’imputato ha il diritto di esaminarli”, chiude la Cancelli ristabilendo
l’ordine, anzi “vista la mole dei documenti, sarebbe opportuno un rinvio”.
Rinvio, ecco la parola magica che mette d’accordo tutti.
Ma la Osele non ci sta, non prima, almeno, di aver tirato fuori il rospo
dell’aggravante, che poi per la difesa tanto rospo non è, perché con la
contestazione dell’aggravante il Paris dovrebbe rispondere di un reato più
grave, ma potrebbe avvalersi della deposizione dei testi.
“Signor Giudice – esclama l’avvocatessa, avvolta nella sua toga nera e oro –
occorrerebbe contestare anche l’altro punto della memoria del Pm istruttore,
quello della richiesta di aggravante, così la prossima volta potremo portare
i testi e risparmiarci un’altra convocazione…”.
“Niente affatto – la rintuzza il Pm istruttore dall’alto dei suoi tacchi a
spillo – quelli (i contenuti del “PROMEMORIA PER IL PM D’UDIENZA” - 9
ottobre 2006 –Aula B – P.P. 04/002648 R.G. PM 190, n.d.r.) in fondo erano
solo appunti miei. A questo punto preferisco rivedere tutto e contestare
l’aggravante la prossima volta”.
Fine della puntata. Rinvio fissato per il primo ottobre.
Baci e abbracci coi colleghi della Rai (viaggio inutile: nessuno dei
querelanti ha rilasciato interviste). Poi, seguendo il fiuto e scansando
(ma, causa sbigottimento, non del tutto) una Esimia e Illustrissima
Manomorta (mah!), ci appiccichiamo alle costole della Osele, che corre a
chiedere fotocopia della seconda querela.
Che fotocopia, signori! Leggibile e con tutti i timbri a posto!
Torniamo in albergo con almeno tre domande in testa e a fior di labbra:
1) come fanno a essere diverse due fotocopie dello stesso documento? (“So’
false!”, ci grida all'orecchio Gianni il tassista… “Ma che dice!” gli
rispondiamo noi… Parlano sempre così a
sproposito, ’sti tassisti romani?!)
2) perché il Pm istruttore, avendo già una fotocopia leggibile, sottopone al
Giudice quella, inutilizzabile, coi timbri illeggibili?
3) perché il Pm istruttore chiede un rinvio “per acquisire il documento
originale da produrre alla prossima udienza” se per prendere la copia con
tutti i crismi – quella coi timbri a posto e leggibili –
sarebbe bastato allungare una mano fino al suo ufficio, al piano superiore?
Chissà se San Remigio, il primo ottobre, saprà risponderci…
Ah! A proposito di mano, di chi era quella Morta, Esimia e Illustrissima, di
cui sopra, anzi, per quanto ci riguarda, di cui sotto, lato retro, dove il sole non batte mai? Un santino omaggio a chi indovina.
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