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Fa un certo effetto, dopo averli
pubblicamente sollecitati ad agire (“Signori Giudici, Magistrati, Piemme,
Avvocati, Pretori, Procuratori, Gip, Gup e chi più ne ha più ne metta, se ci
siete, battete un colpo... Possibilmente sulla testa loro”, avevamo scritto
due anni fa), sapere che qualcosa forse si sta finalmente muovendo.
Una coincidenza, per carità, non speriamo tanto, una coincidenza che però
basta a darci nuovi stimoli.
Stiamo parlando di plagio, stiamo parlando della Procura di Reggio Calabria
(quella di Palermo è ancora oggi silente sull’argomento), stiamo parlando
del rinvio a giudizio che la Procura di Reggio Calabria avrebbe disposto nei
confronti di Mauro Sarno, figlio del “barone” (= prof universitario di
Palermo) Riccardo. Chi ha puntato il dito contro i due Sarno e contro un
sistema generalizzato di comportamenti che molto spesso sfocia appunto nel
plagio ai fini di rimpolpare i propri titoli ai concorsi universitari, è un
ormai ex dell’Università di Palermo, uno che voleva fare il ricercatore e
che probabilmente ci sarebbe riuscito se non avesse trovato a ostacolargli
la strada il rampollo di casa Sarno: Francesco Ferrotti.
A rendere di dominio pubblico tutta la storia
una sua intervista, rilasciata
al giornalista Felice Cavallaro e apparsa il 21 novembre scorso sul
“Corriere della Sera”.
Ma che c’entra la Procura di Reggio Calabria in questo caso tutto
palermitano di malauniversità? C’entra, perché a Reggio Calabria il papà
di Mauro avrebbe aggirato l’ostacolo del concorso palermitano per associato
senza tanto clamore, col progetto – così fan tutti – di far richiamare il
figlio ormai “idoneo” (cioè vincitore di concorso) e senza più concorrenti
nel capoluogo siciliano.
Il piano-Sarno però sarebbe stato ostacolato proprio da Ferrotti, che da buon
“contadino” (Ferrotti è uscito dall’Università e ora si dedica alle terre
del padre), sa come trattare le uova e con una precisione millesimale ha
rotto quelle nel paniere dei Sarno con non uno, ma ben due esposti: uno alla
Procura di Palermo e uno alla Procura di Reggio Calabria. Che,
contrariamente a quanto finora ha fatto Palermo, si sarebbe mossa fino a
fissare - apprendiamo dal Corriere della Sera - per il 26 marzo prossimo la
data dell’udienza.
Ma di che plagio parla Ferrotti? Per saperlo con dovizia di particolari
basta visitare l’archivio di “Ateneo Palermitano” e andare indietro nel
tempo…
In tre articoli - “Strane cose (ma non troppo)”
dell’ottobre 2006,
“Ogni riferimento a cose e persone non è puramente casuale”
del novembre
2006 e “In nome del plagio, del figlio e così sia”
del maggio 2007
- si parla di contributi scientifici pervenuti alla sede della nostra
redazione in forma anonima e in doppia versione: la versione originale (in
copia), scritta cioè degli autori reali del contributo e quella (pure in
copia) degli autori fittizi del medesimo contributo; di elenchi di
pubblicazioni presentati in Commissione di concorso e adattati alla bisogna,
con autori dallo stesso cognome e dall’iniziale del nome diversa come nel
caso di una R. che per magia (o per miracolo) si trasforma in una M.
Mauro al posto di Riccardo, secondo il denunciante, e secondo anche, con
buona probabilità, la Procura di Reggio Calabria che, secondo il Corriere
della Sera, avrebbe rinviato a giudizio Mauro Sarno: “E’ tempo di avvocati
per Mauro Sarno”, scrive Cavallaro (di Riccardo non fa cenno).
Aspettiamo di sapere di tutta questa storia che cosa penserà la Procura di
Palermo. E cominciamo intanto il conto alla rovescia fino al 26 marzo, una
data che potrebbe essere storica per la guerra alla malauniversità.
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