novembre-dicembre 2008 numero 82/83

attualità
Processo che viene, processo che va
La telenovela giudiziaria imbastita intorno a Quirino Paris prosegue con due nuove puntate: una romana e l’altra triestina
 

di  Francesca Patanè

nella foto: Il prof. Quirino Paris

Ma vi pare possibile che un’udienza – nella fattispecie l’ennesima puntata romana della telenovela giudiziaria imbastita intorno a Quirino Paris – si fissi per il 22 dicembre? Siamo davvero un popolo di poeti, artisti, eroi, santi, scienziati e navigatori (scusate se citiamo il Ventennio). Ma soprattutto di ingenui, fantasiosi e disarmanti.
Credere che quella data potesse essere accettata da tutti senza proteste né recriminazioni né polemiche in un Paese in cui quando si dice 22 dicembre si pensa già al tacchino del 25, è come credere alla Befana e a Babbo Natale, tanto per restare in tema festaiolo.

E infatti l’ennesima puntata romana al “Tribunalino” della Pace, che avrebbe dovuto svolgersi lo scorso 14 aprile e che invece è stata rimandata causa elezioni politiche e con grande tempestività proprio al 22 dicembre (per l’ultima puntata in ordine di tempo cliccate qui, per le puntate precedenti leggete i link che abbiamo fatto all’ultimo articolo) stavolta, per certi versi – quelli del coinvolgimento mediatico - è andata buca, perché se è vero che il processo ha regolarmente avuto luogo e anzi è stata una puntata-fiume, con gli avvocati di parte e controparte sempre più battaglieri e con alcuni querelanti presenti all’appello del giudice Cancelli (Bacarella, Tudisca, Chironi e Prestamburgo, quest’ultimo presente-assente, in quanto già formalmente estromesso e con avvocato, Francesco Sorrentino, prontamente zittito dal giudice al primo profferir di parola proprio perché il suo assistito non fa più parte formale del processo), è anche vero che si è svolto “a porte semichiuse”, cioè con la stampa (noi, sempre presenti finora ad ogni puntata) rigidamente… latitante: la nostra personalissima contestazione - ma l’ha notata l’assenza il giudice Cancelli? – nei confronti di una scelta a dir poco bislacca e a rischio di far freddare (non sia mai!) il tacchino delle feste (per la verità abbiamo raccolto altre voci di protesta contro la decisione, che però si sono spente sul nascere).
Dunque la puntata della telenovela parisiana, anche se fisicamente monca di stampa (ciò che però non ci ha impedito di sentire…), alla fine c’è stata, in coda (dulcis in fundo) a tutte le altre udienze calendate per quell’Aula e per quel giorno: ovvero, una lesione avvenuta all’interno di una farmacia per auto parcheggiata all’esterno in doppia fila (con audizione del teste dipendente della farmacia), il morso di un pitbull (ecco di chi erano i morsi sul Corpo accademico nazionale di cui abbiamo accennato nella prima puntata del processo!), un incidente stradale con querela misteriosamente riferita a un certo Francesco di circa settant’anni e con imputato che invece corrispondeva ad un trentasettenne.

Assente era pure l’imputato Paris, che a ogni sospiro di nuova puntata si deve fiondare a Roma dalla California, dove beatamente vive e lavora per il resto dell’anno.

I querelanti parisiani presenti, a mezzogiorno in punto si sono concessi una pausa, dopo che più volte erano entrati e usciti dall’Aula in attesa dell’udienza che li riguardava. Una pausa che è servita non per un panino al volo, ma per discutere amenamente dei mali che affliggono l’Italia e il Sud in particolare (chissà se almeno un cenno è stato fatto ai mali accademici…).

Gli avvocati più agguerriti – Osele e Lanzarone – hanno “scaramucciato” per un bel po’ e quando la Osele chiede l’ammissione dei testi, l’avvocato Lanzarone, confuso anzichenò, invoca una pausa di cinque minuti per visionare il documento depositato in udienza dal Pm (quello, appunto, della contestazione dell’aggravante con conseguente audizione dei testi). Assalto alla diligenza, con Lanzarone e Sorrentino che rimescolano personalmente (e freneticamente) le carte del Pm (un uomo, stavolta), “colpevole” di aver richiesto, su input del Pm titolare Paola Berardini, l’aggravante. Poi la Lady di Ferro dice stop e coerente al materiale di cui è fatta, è irremovibile anche col Pm di turno.
E – tra gli sbadigli annoiati del Tudisca, che si guadagna per il suo comportamento a detta del giudice “irriverente”, una dura reprimenda - si ritaglia due ore di tempo per rileggere seduta stante tutti i documenti del fascicolo.

D’altra parte non per nulla è una Lady di Ferro: ferma nell’intento di non rimandare oltre il dibattimento, dichiara chiusa la fase istruttoria dando la parola al Pm per la discussione. Panico del Pm, che, colto di sorpresa, si dice impreparato per non conoscenza di un fascicolo molto copioso ed istruito dalla titolare Berardini: a lei dunque sarebbe spettata la discussione!
Ma un Giudice di Ferro non può avere esitazioni. E papale papale dice la sua sulle presenze (assenze) del Pm titolare in quasi tutte le fasi del processo. E insiste con il Pm di turno per convincerlo alla discussione.
Niente da fare. Il Pm, irremovibile, ottiene l’appoggio persino di parte e controparte che, vista l’ora tarda, non è stato necessario convincere.

La Lady di Ferro, ferma nelle sue posizioni, prima non concede l’aggravante, che avrebbe dato la stura all’ascolto dei testimoni. Poi, sottolineando che il processo Paris è durato anche troppo e che dunque bisognava al più presto concludere, fissa per il prossimo 27 aprile - una data relativamente vicina - la nuova, e soprattutto ultima, puntata del processo, quella del dibattimento e del verdetto. (Equipaggiamento consigliato: elmetti, corazze e parastinchi).

Intanto sul fronte Trieste, il filone seguito dal Gip Raffaele Morvay e che ruota intorno a una denuncia di Paris (non dimenticate che Paris a Roma è pluriquerelato, ma a Trieste è un denunciante a tutti gli effetti), si registra una vittoria del professore trentino segnata dal fatto che la sua opposizione (presentata il 16 aprile) alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pm il 19 marzo è stata ritenuta dal Gip “non inammissibile” (un modo più indolore per dire che poteva essere accettata). Ciò che, naturalmente, ha scatenato l’ “ira funesta” del prolifico (di memorie difensive) avvocato Lanzarone il quale, in difesa dei suoi due assistiti Antonino Bacarella e Salvatore Tudisca, ha sfornato l’ennesima memoria presentata appunto al Gip di Trieste per sostenere che l’opposizione alla richiesta di archiviazione inoltrata da Paris era doppiamente inammissibile: perché tardiva rispetto ai tempi canonici e perché sul documento non risulta alcuna autenticazione.
Una lettura sicuramente appassionante per il Gip triestino che, dopo aver superato le insidie letterarie lanzarociceroniane a base di “mezzi di prova… ultronei” (pag. 3), “experimentum crucis” (pag. 6), “perinde ac cadaver” (ma chi è morto?) (pag. 8), “eponadiplosi” (pag. 16), “dati irrefragabili” (pag. 19), è sicuramente approdato alla pagina 27 del “De Oratore” rivisitato, ovvero la memoria di cui sopra, dove – udite, udite! – ci siamo anche noi, cioè “Ateneo Palermitano” e il suo direttore responsabile, messo in discussione nella sua rispettabilità professionale da insinuazioni gettate lì a bella posta nella speranza di colpire l’immaginario del Gip e portare acqua al mulino dei due assistiti Tudisca e Bacarella (repetita iuvant) che – lo ricordiamo ancora una volta – sono indagati e docenti dell’Università di Palermo, il primo anche preside della Facoltà di Agraria, il secondo ex preside della stessa Facoltà (l’abbiamo scritto e lo ripetiamo, caro Lanzarone, i desideri di qualcuno di far passare sotto silenzio la notizia non sono stati esauditi, nonostante il procedimento disciplinare improprio che Lei, tralasciando i particolari per fare in modo di appattare almeno apparentemente le carte, ha curato di citare sulla sua memoria e che il direttore del giornale ha dovuto subire (non in quanto giornalista, ma – vedi alla sezione Teatro dell’assurdo – in quanto bibliotecaria dell’Università di Palermo) per avere scritto - e dunque non taciuto omertosamente come l’Ateneo avrebbe voluto - quella notizia di scomoda cronaca accademica.

Ma chi sono esattamente gli attori del procedimento del filone triestino? Riepiloghiamoli per maggiore chiarezza.

Da un lato c’è il denunciante, Quirino Paris, dall’altro i denunciati: Mario Prestamburgo, Antonino Bacarella, Vasco Boatto, Marta Cosmina, Gianluigi Gallenti e Salvatore Tudisca.
E poi c’è uno stuolo di avvocati che neanche alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. Lato Paris sempre una, la stessa dell’inizio, quella Maria Cristina Osele, viso angelico, capelli corvini e penna decisa (chi ha letto le memorie difensive che di volta in volta l’avvocato Osele ha propinato alla Lady Cancelli sa di che cosa parliamo). Dall’altra parte i soliti avvocati con, però, un rimpolpamento, segno che i denunciati proprio bene non devono stare.
Vediamoli in dettaglio: per Mario Prestamburgo all’avvocato Francesco Sorrentino si è aggiunto il Sorrentino padre, avvocato Emiliano (i figli so’ pezz’e core e devono essere sorretti in ogni occasione); per Antonino Bacarella e Salvatore Tudisca - i due palermitani procedono in tandem – il da noi supercitato Fabrizio Lanzarone, rinforzato dalla new entry Matteo Lucibello del Foro di Firenze; per Vasco Boatto l’avvocato Rodolfo Bettiol e infine, per Marta Cosmina e Gianluigi Gallenti, l’avvocato Patrizia Felcioloni del Foro di Firenze, un’altra donna della “singolar tenzone”.

La denuncia è quella del lontano 2004, fatta da Paris a ben cinque Procure: quelle di Ancona, Bari, Firenze, Milano e Trieste. Le motivazioni sono le solite, ormai ben note: concorsi truccati, nepotismo, violenza privata. Ancona e Bari hanno lasciato correre, Trieste in un primo momento ha archiviato. Firenze e Milano hanno aperto le indagini in modo indipendente. Poi il fascicolo di Milano è confluito a Firenze in quanto prima Procura ad avere aperto le indagini. Lì il giudice Pappalardo ha messo sotto inchiesta tutta una serie di professori, tra cui Nicola Marinelli (figlio del barone accademico Augusto) che però successivamente è stato scagionato. Per competenza territoriale, poi, il fascicolo è passato a Trieste, rientrata così a pieno titolo nel caso Paris. A restare indagati tutti i nomi sopra citati, escluso Marinelli, appunto.

Dunque per il Gip Morvay si può procedere.
La data dell’udienza è stata fissata per il 27 gennaio 2009 alle ore 11,30 al Palazzo di Giustizia del Foro Ulpiano n. 1 di Trieste, Ufficio del Gip – Aula 290, secondo piano, per chi non volesse perdersi l’appassionante match.
 


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