Maggio 2000. Il giornale era Dionysos Magazine, la persona che mi stava di
fronte Gino Paoli (clicchi qui chi ha voglia di leggere l’intervista, refusi
compresi…).
A un certo punto mi disse: “Io credo che un martello… sta a te che lo usi… Il
martello è un attrezzo e tu lo puoi usare per spaccare la testa a uno o per
attaccare un chiodo”.
Una considerazione semplice per dire che il male non sta nelle cose, ma nell’uso
che di esse si fa. Forse è banale, ma è vero.
Prendiamo la Start Cup, per esempio, quell’iniziativa che si ripete ogni anno e
che coinvolge molte delle Università italiane (non tutte, per il momento, per
mancanza al loro interno di idonee strutture di supporto) allo scopo di
incentivare l’innovazione e i rapporti Università-Impresa.
Un’idea sicuramente meritoria per chi l’ha avuta, per chi la sponsorizza, per
chi la gestisce con trasparenza e per chi se ne serve secondo i giusti canoni
stabiliti dal regolamento nazionale. Un’idea che però, come il martello di Paoli,
è in grado, se scorrettamente utilizzata, di affossare l’Ateneo colpevole della
sindacabile scelta e di gettare un’ombra - fastidiosa e anche improvvida,
considerati i problemi di opacità di gestione in cui attualmente si barcamena -
sull’Università italiana.
Della Start Cup edizione 2007 vi racconteremo, nello speciale che troverete
all’interno, il dritto della medaglia – la cronaca, i nomi dei vincitori di
tutte le fasi locali e un’intervista al presidente della Giuria nazionale – ma
anche il suo rovescio…
Il rovescio della medaglia della Start Cup degli Atenei italiani ha due nomi:
Università degli Studi del Molise e Università degli Studi di Catania.
Ovvero le uniche due Università italiane delle 33 partecipanti raggruppate in 14
Start Cup ad avere avuto un solo vincitore. In pieno contrasto con il
regolamento nazionale
a cui tutti gli Atenei si sarebbero dovuti attenere (e a cui in realtà tutti
gli altri si sono attenuti) e con i rispettivi regolamenti locali,
l'uno
e l'altro
obbligati a richiamare quello nazionale: entrambi, infatti - come tutti i
regolamenti locali dell’edizione 2007 e come probabilmente tutti gli altri
nazionali e locali delle precedenti edizioni - prevedevano tre vincitori
- tre singoli, oppure tre gruppi - ovvero i primi tre classificati nella
graduatoria della seconda e ultima fase della selezione locale, quella che
avrebbe appunto dovuto determinare i tre vincitori.
Lo scorso ottobre, tutti gli Atenei hanno premiato tre idee, l’Università del
Molise e l’Università di Catania una.
Per l’Università del Molise quest’anno è stata la prima Start Cup. Nonostante
l’inesperienza, però, anche il suo regolamento in materia di vincitori parla
chiaro: i primi tre classificati della graduatoria finale. Anzi, il regolamento
fa di più (e la notizia è confermata anche sul sito ufficiale dell’Ateneo):
all’art. 5 stabilisce una data e assicura, entro quella data, la pubblicazione
della graduatoria finale sul sito dell’Ateneo e su quello dell’Unione delle
Camere di Commercio molisane (Unioncamere Molise), tra i partners locali
dell’iniziativa: “La graduatoria finale sarà pubblicata sui siti
www.unimol.it/ILO e www.mol.camcom.it entro il giorno 11 ottobre 2007”.
Ma né sul sito dell’Ateneo, né su quello dell’Unioncamere Molise c’è ombra di
graduatoria. E siamo ormai a novembre inoltrato e a un passo dalla finalissima
nazionale.
Io non so dove, quando e soprattutto perché si è inceppata la macchina della
prima Start Cup dell’Università del Molise (se voi lo sapete, ditemelo).
Ma che qualcosa non ha funzionato mi sembra evidente, qualcosa che ha costretto
l’Ateneo a non rispettare l’impegno formale e pubblico preso attraverso un
regolamento e diffuso via Internet sul sito ufficiale dell’Ateneo.
Al di là delle motivazioni, credo che per una Università che ottiene per la
prima volta di entrare “nell’Olimpo” delle accreditate a partecipare non sia un
biglietto da visita adeguato.
Della Start Cup dell’Università di Catania mi consento un maggiore
approfondimento, in linea con gli interessi più diretti, legati all’informazione
universitaria siciliana, di questo giornale.
Partiamo dall’inizio.
Alla prima fase della Start Cup catanese sono state presentate 14 idee e ne sono
state ammesse 7 (su 8 previste dal regolamento locale: evidentemente una non è
stata ritenuta idonea neppure a entrare in graduatoria).
Dunque 7 idee su 14 sono state giudicate meritevoli di approdare alla seconda e
ultima fase locale, quella che avrebbe dovuto portare alla redazione della
graduatoria con conseguente determinazione dei primi tre classificati, a cui
assegnare i premi in denaro offerti dagli sponsor locali.
Perché insisto tanto sulla graduatoria? Semplice. Perché a Catania la
graduatoria non c’è, anzi c’è, ma non è mai stata ufficializzata.
A Catania, su sette idee che hanno superato la prima selezione, sei sono andate
in fumo e una ha vinto il primo premio.
Non entro nel merito della qualità dell’idea che ha vinto (e del suo business
plan) – altri l’hanno fatto al posto mio e prima ancora della Start Cup, come
potrete leggere sull'articolo numero due di questo numero –
ma che fine hanno fatto il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e
il settimo posto della graduatoria? Capisco che dal quarto posto in giù i
partecipanti, in assenza di premi speciali non previsti dalla Start Cup catanese,
non si sarebbero potuti aspettare alcun premio (lecita comunque la loro
curiosità di conoscere il posto occupato in graduatoria), ma il secondo e il
terzo - ovvero gli altri due posti in classifica, che avrebbero avuto diritto
rispettivamente al secondo e al terzo premio, dove sono andati a finire?
E dove sono andati o andranno a finire i soldi dei due premi non assegnati, tenuto conto
che i regolamenti, nazionale e locale, non prevedono eventualità del genere e
che il verbale del Comitato Scientifico tace su questo punto?
E a proposito di verbale, redatto a partire dalle ore 8,30 del 22 ottobre (non
stupitevi dell’efficienza: Catania è la Milano del Sud):
in prima pagina
si parla di “range di valori” da assegnare - “ai sensi del secondo comma
dell’art. 9 e del quarto comma dell’art. 4” - ai criteri di valutazione elencati
nel regolamento (locale, che richiama quello nazionale).
Ma né il secondo comma dell’art. 9, né il quarto comma dell’art. 4 di quel
regolamento fanno il minimo accenno, pur essendo oggettivamente necessari per
poter assegnare un punteggio, a “range di valori”.
Inoltre, il Comitato scientifico della Start Cup catanese ha determinato “range
di valori”, ma non ha definito – il verbale non ne parla - il punteggio minimo
da dover raggiungere per poter entrare in graduatoria.
E qui sta il problema. Se non c’è un punteggio minimo al di sotto del quale si
potrebbe giustificare un’eliminazione, non può esserci nemmeno l’eliminazione.
In realtà, non sarebbe stato possibile definire un punteggio minimo - e di
questo evidentemente il Comitato scientifico ne era consapevole - perché
l’eventualità non è prevista dal regolamento, e pertanto tutte le idee approdate
alla seconda fase, a meno di defezioni volontarie dei loro proponenti, avrebbero
dovuto far parte di una graduatoria.
E passiamo alla
seconda pagina del verbale.
Lì si fa riferimento a un “Allegato 1” (“griglia di valutazione”, com’è chiamato
dal Comitato, di fatto la graduatoria “latitante”), ma … l’allegato in realtà
non è allegato. Non, almeno, alla copia del verbale affissa all’Albo di Ateneo
del Rettorato (dove ogni foglio di ogni comunicazione è esposto singolarmente uno
accanto all’altro, tranne il verbale della Start Cup: due fogli spillati insieme
e senza allegati ed esposti in modo tale che a essere visibile è solo il primo).
Che allegato è un allegato che non c’è? E perché non c’è all’Albo di Ateneo,
insieme al verbale, l’Allegato 1, che ne costituisce parte integrante?
E perché sul verbale (seconda pagina) si parla del premio in denaro riservato al
vincitore e si tace sul destino degli altri premi non assegnati? E perché,
sempre in seconda pagina, si precisa che “… per quanto concerne l’assegnazione
degli altri premi il Comitato ritiene i business plan… incoerenti nella
strutturazione logica”?
Ha forse dimenticato, il Comitato, che a fornire il modello cartaceo di quella
“strutturazione logica” (e anche l’assistenza di tutor specializzati) era stato
lo stesso Ateneo?
Domande che probabilmente resteranno senza risposte.
Certo non si può dire che i tre premi catanesi, nella loro consistenza identici
a quelli del Molise (e previsti, come in tutti gli altri Atenei, sin
dall’inizio) fossero particolarmente appetibili: 5.000 euro il primo, 3.000 il
secondo e 2.000 il terzo, a fronte di Università come Palermo, giusto per
restare in Sicilia, che hanno avuto primi premi anche di 12.000 euro, ma appunto
per questo, considerata la singolare scelta catanese (e molisana), chiunque (io
per prima e lo ammetto) potrebbe essere autorizzato a pensare che quei due premi
non assegnati a un secondo e a un terzo classificato siano andati o andranno a
rimpolpare il premio numero uno.
D’altra parte sarebbe davvero strano che possano tornare alla base, cioè agli
sponsor che li hanno messi a disposizione, perché i premi sono come i regali:
non si restituiscono. E in ogni caso, nella gestione della cosa pubblica
circostanze del genere devono essere formalmente previste e codificate in
anticipo e “in tempi non sospetti”, ovvero nella fase di formulazione dei
regolamenti.
Una decisione, quella dell’incremento del premio numero uno, che, se fosse stata
presa o comunque programmata, sicuramente favorirebbe il vincitore, ma non
rispecchierebbe la "mission" stessa della Start Cup, finalizzata a incentivare
nuove idee imprenditoriali.
Eliminando due vincitori, l’Università di Catania (ma allo stesso modo anche
l’Università del Molise) ha fallito quella mission, impedendo di fatto ad altre
sue due idee-impresa – al di là dei premi in denaro che sicuramente non
costituiscono l’aspetto più importante dell’iniziativa - di approdare alla
selezione nazionale, e togliendo loro l’opportunità di una “vetrina”
potenzialmente utile al futuro professionale dei loro proponenti. Alla faccia
dell’incentivazione.
In realtà il secondo e il terzo classificato da inviare, insieme al primo, alla
fase nazionale, nulla avrebbero tolto al vincitore (a meno che non siano state le
due idee, l’una o l’altra oppure entrambe, oggettivamente migliori o più
interessanti e ciò potesse essere immediatamente visibile alla Giuria nazionale: cosa che non credo avrebbe
cambiato i termini della questione a fronte dell’autonomia di giudizio dei
Comitati scientifici locali, ma certamente non avrebbe fatto un buon servizio
all’immagine del Comitato scientifico catanese che in quel caso avrebbe avuto –
ritengo - più d’una difficoltà a motivare la ratio della propria scelta).
Sono supposizioni, maldicenze, se volete, ma un fatto è certo: che, qualsiasi ne
sia stata la motivazione - sicuramente non quella della mancanza di qualità
delle altre sei idee (che altrimenti non avrebbero superato, come le 7 su 14
scartate in prima battuta, nemmeno la prima selezione), e neppure quella di
business plan scadenti, perché in questo caso sarebbe stato al massimo un
problema di punteggi e di posto in graduatoria, non mai di arbitraria
eliminazione - l’Ateneo di Catania non solo ha violato il regolamento nazionale;
non solo ha agito in piena e clamorosa contraddizione rispetto a quanto da esso
stesso stabilito attraverso il proprio regolamento locale; non solo (insieme a
Campobasso) si è discostato da tutti gli altri Atenei italiani che hanno operato
secondo le regole (almeno formalmente: non ho approfondito); non solo ha nei
fatti penalizzato (e discriminato) tutti gli altri partecipanti, che - nei pochi
giorni a disposizione per la stesura del loro business plan e contrariamente al
vincitore (come ho scritto sul già citato
articolo due di questo giornale) -
sono dovuti partire da zero; ma ha
anche, in un certo senso, rinnegato se stesso, sicuramente il suo operato di
appena un anno fa (mi sono limitata solo a questo raffronto), quando, appunto
alla Start Cup dell’edizione 2006, l’Ateneo catanese aveva correttamente
proceduto a premiare le tre idee imprenditoriali migliori, come previsto dai
regolamenti.
E un altro fatto è certo: né il regolamento nazionale, né il regolamento locale
- l'avrete già verificato voi stessi se avete dato un'occhiata ai link che ho indicato
sopra - prevedono deroghe di alcun tipo, e nemmeno, come ho già detto, punteggi minimi al
di sotto dei quali le idee non avrebbero avuto neanche il diritto di approdare
alle graduatorie finali locali.
Che dunque non possono svanire nel nulla, né sciogliersi come neve al sole, né
essere cancellate da alcun Comitato Scientifico. E poco importa se – come ha
fatto Campobasso – sul regolamento locale (il link sta sopra)
giusto perché non si sa mai, ci sta scritto che “il giudizio del Comitato
Scientifico di Valutazione è insindacabile ed inoppugnabile” (art. 4 – Organi e
responsabilità): nessuna avvertenza, nessun cavillo, nessuna postilla, nessuna
raccomandazione di un qualsiasi regolamento locale può mettere al riparo da
ricorsi e impugnative se si agisce in violazione della normativa vigente, che
sta al di sopra di tutto, persino dei Comitati Scientifici delle Start Cup.
Dunque? Dunque auspico che, per ragioni di trasparenza e correttezza di procedura, la
macchina organizzativa della Start Cup edizione 2007 prenda in considerazione
con la dovuta serietà di giudizio queste difformità di comportamento, e inviti i
due Atenei responsabili a regolarizzare la propria posizione e ad allinearsi con
tutti gli altri Atenei partecipanti attraverso l’ufficializzazione delle proprie
graduatorie, la cui formulazione, imposta dal regolamento, presuppone
necessariamente – se i candidati sono almeno tre – anche un secondo e un terzo
classificato: da inviare, con le stesse carte in
regola dei primi classificati, alla fase nazionale.
Un estremo tentativo, a carattere d’urgenza, per consentire a quelle
idee-impresa irregolarmente escluse di poter approdare a Napoli, alla
finalissima del 4 dicembre, con le identiche opportunità offerte a tutte le
altre.
Un’occasione, per chi è stato escluso, che nulla toglierebbe alla qualità dei
primi classificati del loro Ateneo e a quella di tutti gli altri vincitori delle
fasi locali.
Un segnale forte, per l’Università italiana, al di là delle modifiche di
facciata, di una volontà concreta e reale di cambiamento.
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