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“Ateneo Palermitano” non è estraneo ai problemi di
carattere sociale, specie se questi problemi potrebbero essere risolti con
il contributo delle Università e dei Centri di ricerca nazionali come il Cnr,
e internazionali come l’Euratom di Ispra, in provincia di Varese, dove per
Statuto oggi dovrebbero essere impiegati a spese dell’Unione Europea ben
duemila ricercatori italiani, assenti, invece, per una clamorosa mancata
applicazione della normativa vigente (e intanto i ricercatori restano
precari e protestano…).
Il contributo a cui ci riferiamo è inteso come “cervelli” esperti di
settore, ma anche come laboratori presso cui poter avviare sperimentazioni,
pur se su scala ridotta, finalizzate ad applicazioni innovative, in grado di
risolvere problemi sociali, e di conseguenza anche economici, nazionali e
internazionali.
Al problema dell’energia, oggi particolarmente dibattuto, dedichiamo
l'articolo che segue, a firma di Eliodoro Pomar, l’ingegnere che abbiamo
intervistato (sul n. 35 e sul
n. 43/44 del nostro giornale)
per l’invenzione di un rivoluzionario motore endotermico rotativo
policombustibile dalle applicazioni più disparate: uno specialista nel
settore che qui propone una soluzione possibile al problema energetico, un
problema economico, ma anche ecologico e sociale. (f. p.)
La questione dell’energia, così com’è posta oggi, non sembra avere soluzione
per le ragioni seguenti:
1) l’uso più razionale dell’energia oggi prodotta non può risolvere la
situazione per il futuro. Tutte le misure prese in questo senso sono
auspicabili, beninteso, ma a parte che richiedono molto tempo e grossi
investimenti per dare risultati apprezzabili, sono appena sufficienti a
soddisfare e per breve tempo le maggiori domande che si produrranno nel
futuro immediato
2) Il ricorso alle cosiddette “energie rinnovabili”, a parte il costo non
solo di impianto, ma anche di esercizio, non può fornire la quantità di
energia richiesta e rappresenta quindi, in definitiva, un costoso sperpero
di denaro. Inoltre la possibile variazione delle condizioni climatiche
generali del pianeta rende aleatorie le previsioni di resa e la
localizzazione degli impianti
3) Le risorse di combustibili fossili considerate ecologicamente
sopportabili (petrolio, gas) vanno riducendosi e soprattutto vanno
aumentando rapidamente di prezzo, creando condizioni economicamente
proibitive per la loro utilizzazione
4) Le riserve di carbone quantitativamente maggiori pongono problemi di
inquinamento per la maggior quantità di anidride carbonica prodotta a parità
di energia generata (produzione di gas serra), a parte il fatto che anche il
carbone, pur se non a breve e medio termine, finirà per esaurirsi.
Per queste considerazioni fondamentali ed altre che ne potrebbero derivare,
il ricorso a fonti di energia che non dipendano dalla combustione sembra ad
oggi assolutamente irrinunciabile. Tali fonti consistono nella possibilità
di liberare le enormi quantità di energia contenute nella materia sottoforma
nucleare.
Fino a questo momento l’unica maniera tecnicamente affidabile di produrre
energia nucleare che si conosca e si applichi già su larga scala è la
fissione dei nuclei di metalli pesanti quali l’uranio, il plutonio ed il
torio, mediante bombardamento dei loro nuclei con neutroni.
Purtroppo durante tale processo si producono quale sottoprodotto del
prodotto principale (l’energia) scorie radioattive di varia attività
specifica che pongono differenti problemi di stoccaggio ed eliminazione.
E’ soprattutto a causa dei problemi posti da queste scorie che l’energia
nucleare di fissione viene posta in discussione o addirittura scartata,
com’è avvenuto per esempio in Italia.
Un’altra maniera di produrre energia nucleare che non pone il problema delle
scorie è quello di fondere fra loro nuclei di elementi leggeri. Si tratta
del processo che va sotto il nome di fusione nucleare, che è in fase molto
avanzata di studio in campo mondiale in quanto la sua realizzazione pone
problemi tecnici molto importanti e di costosa sperimentazione.
Ove si riuscisse nello scopo di produrre energia industrialmente
utilizzabile mediante tale metodo, tutti i problemi energetici dell’umanità
potrebbero dirsi risolti per ora e per il futuro, ma tale soluzione sarà
possibile, a meno di nuove rivoluzionarie scoperte, solo nel giro di un
certo numero di anni.
Un terzo processo denominato di “fusione fredda” è in una fase di studio
ancora più arretrata e non è possibile allo stato attuale considerarlo come
sicuramente realizzabile, sebbene abbia suscitato ad un certo momento grandi
speranze.
Si possono, alla luce di quanto sinora si è detto, trarre alcune conclusioni
preliminari:
a) se non vogliamo correre gravissimi rischi di instabilità politica e
sociale a brevissima e breve scadenza è necessario integrare con altri mezzi
l’energia prodotta attualmente per mezzo della combustione di prodotti
fossili
b) per ragioni di vario genere, che si possono sinteticamente riassumere in
economiche, sanitarie e temporali, l’unica possibile soluzione sembra essere
quella della costruzione immediata di centrali utilizzanti la fissione
nucleare, nella speranza di poter quanto prima disporre di centrali a
fusione
c) occorre inoltre disporre tutte quelle provvidenze di economia, di energia
che non assorbano grandi risorse economiche in concorrenza con il programma
di realizzazione delle centrali a fusione.
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Tratte queste conclusioni preliminari, tuttavia, si è ben lungi dall’aver
esaurito il problema.
Infatti esso si divide in due parti ben distinte fra loro per l’impiego che
si fa poi di questa energia prodotta.
Come ben si sa, mentre la maggior parte del fabbisogno dell’energia viene
impiegata in impianti fissi (riscaldamento e refrigerazione, vari impieghi
casalinghi, vari impieghi industriali) una parte assai meno consistente ma
enormemente importante viene utilizzata nei mezzi da trasporto che
necessitano di una certa autonomia di funzionamento fra un
approvvigionamento e l’altro.
In tale impiego, quindi, diventa un elemento di grande importanza l’economicità
e la facilità della distribuzione e della trasportabilità delle Kcal
necessarie al funzionamento dei motori dei quali ogni unità mobile è
provvista.
Orbene, requisito primo per assicurare queste caratteristiche peculiari dei
mezzi mobili di trasporto (autovetture, navi, aeromobili) è lo stato fisico
nel quale si trova il propellente nelle condizioni ambientali.
Mentre infatti il petrolio e molti dei suoi derivati si presentano a
temperatura e pressione ordinarie allo stato liquido - ciò che permette il
trasporto in tubi e recipienti aperti e leggeri - alcuni altri propellenti
si presentano allo stato gassoso e necessitano quindi, per il loro
trasporto, di tubi e recipienti resistenti alla pressione.
Esiste poi una ulteriore differenziazione fra quei propellenti che possono
essere liquefatti sotto debole pressione a temperatura ambiente e quelli che
invece hanno bisogno per essere ridotti allo stato liquido di pressioni
molto elevate e di temperature particolarmente basse.
Mentre nel primo caso l’aggravio di peso non pagante e le difficoltà di
trasporto in genere rimangono limitate e sormontabili (è il caso dei gas
derivati dal petrolio), nel secondo le difficoltà possono divenire così
importanti da condurre alla pratica impossibilità di un loro effettivo
impiego di massa.
E’ particolarmente il caso dell’idrogeno che, combustibile ideale sotto
molti riguardi, sotto altri presenta problemi la cui soluzione è molto
difficile, costosa e, soprattutto, lenta.
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E’ necessario tuttavia esaminare tale problema fin dall’inizio.
Da quanto si è già detto, infatti, appare chiaro che ogni mezzo mobile dovrà
possedere un proprio motore che non può essere connesso ad una rete fissa di
distribuzione energetica.
Per questi mezzi, quindi, si dovrà possedere una fonte di energia
trasportabile sugli stessi mezzi e tale fonte di energia ben difficilmente
potrà immaginarsi diversa da una sostanza che disponga di detta energia in
forma potenziale chimica e sarà quindi costituita da un combustibile, oppure
da un accumulatore di energia elettrica (messo da parte il sogno di
utilizzare su mezzi mobili i pannelli solari).
Nello stato raggiunto dall’attuale tecnica motoristica, è assai difficile
pensare che l’impiego del motore a combustione interna nelle sue diverse
forme di realizzazione (che vanno dal motore a pistoni alle turbine a gas)
possa essere soppiantato, almeno in tempi prevedibili, da altro tipo di
motore.
Per evitare complicazioni tecniche eccessive, necessarie nella trattazione
di questo tema, mi limito qui ad affermare che l’impiego dell’idrogeno
sarebbe veramente interessante solamente ove esso venisse utilizzato
mediante ossido-riduzione a freddo in celle a combustibile che servissero
poi ad alimentare motori elettrici, ma che tale procedura, per ragioni sia
tecniche sia economiche, non è attualmente a punto, e c’è ragione di
dubitare che possa mai divenire conveniente per impieghi di massa riferiti
all’autotrazione.
Per quanto concerne i motori a combustione interna, essi possono essere
alimentati sia da combustibili liquidi sia da combustibili gassosi e lo sono
già attualmente per quanto riguarda gli idrocarburi. Tale pratica andrebbe
anzi estesa, per il minore inquinamento che l’uso del gas produce.
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Nel quadro di un riordino generale dell’uso delle fonti di energia da fare
sul piano planetario, o almeno europeo, per razionalizzare il loro impiego,
sembrerebbe dunque ragionevole addivenire ad un accordo quanto prima sui
seguenti criteri:
a) tutta la produzione di energia per l’impiego su mezzi fissi dovrebbe
gradualmente essere assicurata da grandi centrali funzionanti in parte ad
energia di origine nucleare ed in parte ad energia ricavata dalla
combustione di carbone, tenendo presente che tale ultimo tipo di centrale
dovrà essere sostituito da impianti che assicurino una produzione dei fumi
strettamente controllata
b) tutta la produzione di energia destinata ad azionare i mezzi mobili dovrà
essere fornita da idrocarburi, preferibilmente in fase gassosa, per i mezzi
di limitata potenza (autoveicoli)
c) gradualmente tutte le centrali a carbone dovranno venire integrate con un
impianto di idrogenazione dell’anidride carbonica prodotta dalla combustione
del carbone stesso mediante la sintesi con idrogeno fornito come
sottoprodotto dalle centrali nucleari.Questo idrogeno potrebbe essere ottenuto a basso prezzo facendo funzionare
tali centrali a carico costante ed adoperando i cascami di energia prodotta
nelle fasce orarie di minore consumo per la produzione di questo gas
d) successivamente, quando la tecnica ce lo consentirà, si procederà alla
sostituzione delle centrali nucleari a fissione con centrali nucleari a
fusione, incrementando così ulteriormente l’economicità dell’intero sistema.
A ragione, quindi, si dovrebbe tendere alla realizzazione di poche grandi
centrali costituite da una parte funzionante a carbone, da un’altra
funzionante mediante reazioni di tipo nucleare e da un impianto di sintesi
per la produzione di idrocarburi per evitare di riversare nell’atmosfera
l’anidride carbonica prodotta dalle centrali a carbone.
In un sistema così costituito si potrebbero governare i processi produttivi
in modo da aumentare al massimo i rendimenti e diminuire drasticamente gli
inquinamenti riducendo inoltre di molto i costi complessivi di produzione.
Così facendo, si avrebbe anche il vantaggio di poter attuare tale programma
impiegando tecniche tutte ben note e sperimentate in quanto anche sui
processi di idrogenazione in fase gassosa durante la seconda guerra mondiale
si sono ottenuti ottimi risultati sia in Germania, sia in Giappone, come del
resto, in misura quantitativamente assai minore, anche in Italia,
segnatamente negli stabilimenti di Bari e di Livorno gestiti dall’Anic,
impiegati nel miglioramento delle rese in idrocarburi leggeri dei petroli
pesanti estratti dai pozzi albanesi.
Inoltre, in questa idea di base varie possibilità di attuazione potrebbero
facilmente innestarsi adattandosi così alle mutevoli necessità di uno
sviluppo complesso e variamente condizionato.
A regime, in ogni modo, si avrebbe il vantaggio di disporre di un mercato
dell’energia esente dai danni economici di oscillazioni repentine del
mercato, destinate a ripercuotersi fatalmente sulle condizioni sociali delle
collettività umane che ne dipendono.
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