novembre 2007 numero 71

scienza
S.O.S. Energia: una possibile soluzione
Energia pulita a basso costo e benzine sintetiche a prezzo controllato:
ecco come
 

di  Eliodoro Pomar

nella foto: L'ingegnere Pomar

“Ateneo Palermitano” non è estraneo ai problemi di carattere sociale, specie se questi problemi potrebbero essere risolti con il contributo delle Università e dei Centri di ricerca nazionali come il Cnr, e internazionali come l’Euratom di Ispra, in provincia di Varese, dove per Statuto oggi dovrebbero essere impiegati a spese dell’Unione Europea ben duemila ricercatori italiani, assenti, invece, per una clamorosa mancata applicazione della normativa vigente (e intanto i ricercatori restano precari e protestano…).

Il contributo a cui ci riferiamo è inteso come “cervelli” esperti di settore, ma anche come laboratori presso cui poter avviare sperimentazioni, pur se su scala ridotta, finalizzate ad applicazioni innovative, in grado di risolvere problemi sociali, e di conseguenza anche economici, nazionali e internazionali.

Al problema dell’energia, oggi particolarmente dibattuto, dedichiamo l'articolo che segue, a firma di Eliodoro Pomar, l’ingegnere che abbiamo intervistato (sul n. 35 e sul n. 43/44 del nostro giornale) per l’invenzione di un rivoluzionario motore endotermico rotativo policombustibile dalle applicazioni più disparate: uno specialista nel settore che qui propone una soluzione possibile al problema energetico, un problema economico, ma anche ecologico e sociale. (f. p.)


La questione dell’energia, così com’è posta oggi, non sembra avere soluzione per le ragioni seguenti:

1) l’uso più razionale dell’energia oggi prodotta non può risolvere la situazione per il futuro. Tutte le misure prese in questo senso sono auspicabili, beninteso, ma a parte che richiedono molto tempo e grossi investimenti per dare risultati apprezzabili, sono appena sufficienti a soddisfare e per breve tempo le maggiori domande che si produrranno nel futuro immediato

2) Il ricorso alle cosiddette “energie rinnovabili”, a parte il costo non solo di impianto, ma anche di esercizio, non può fornire la quantità di energia richiesta e rappresenta quindi, in definitiva, un costoso sperpero di denaro. Inoltre la possibile variazione delle condizioni climatiche generali del pianeta rende aleatorie le previsioni di resa e la localizzazione degli impianti

3) Le risorse di combustibili fossili considerate ecologicamente sopportabili (petrolio, gas) vanno riducendosi e soprattutto vanno aumentando rapidamente di prezzo, creando condizioni economicamente proibitive per la loro utilizzazione

4) Le riserve di carbone quantitativamente maggiori pongono problemi di inquinamento per la maggior quantità di anidride carbonica prodotta a parità di energia generata (produzione di gas serra), a parte il fatto che anche il carbone, pur se non a breve e medio termine, finirà per esaurirsi.

Per queste considerazioni fondamentali ed altre che ne potrebbero derivare, il ricorso a fonti di energia che non dipendano dalla combustione sembra ad oggi assolutamente irrinunciabile. Tali fonti consistono nella possibilità di liberare le enormi quantità di energia contenute nella materia sottoforma nucleare.

Fino a questo momento l’unica maniera tecnicamente affidabile di produrre energia nucleare che si conosca e si applichi già su larga scala è la fissione dei nuclei di metalli pesanti quali l’uranio, il plutonio ed il torio, mediante bombardamento dei loro nuclei con neutroni.
Purtroppo durante tale processo si producono quale sottoprodotto del prodotto principale (l’energia) scorie radioattive di varia attività specifica che pongono differenti problemi di stoccaggio ed eliminazione.
E’ soprattutto a causa dei problemi posti da queste scorie che l’energia nucleare di fissione viene posta in discussione o addirittura scartata, com’è avvenuto per esempio in Italia.

Un’altra maniera di produrre energia nucleare che non pone il problema delle scorie è quello di fondere fra loro nuclei di elementi leggeri. Si tratta del processo che va sotto il nome di fusione nucleare, che è in fase molto avanzata di studio in campo mondiale in quanto la sua realizzazione pone problemi tecnici molto importanti e di costosa sperimentazione.
Ove si riuscisse nello scopo di produrre energia industrialmente utilizzabile mediante tale metodo, tutti i problemi energetici dell’umanità potrebbero dirsi risolti per ora e per il futuro, ma tale soluzione sarà possibile, a meno di nuove rivoluzionarie scoperte, solo nel giro di un certo numero di anni.

Un terzo processo denominato di “fusione fredda” è in una fase di studio ancora più arretrata e non è possibile allo stato attuale considerarlo come sicuramente realizzabile, sebbene abbia suscitato ad un certo momento grandi speranze.
Si possono, alla luce di quanto sinora si è detto, trarre alcune conclusioni preliminari:

a) se non vogliamo correre gravissimi rischi di instabilità politica e sociale a brevissima e breve scadenza è necessario integrare con altri mezzi l’energia prodotta attualmente per mezzo della combustione di prodotti fossili

b) per ragioni di vario genere, che si possono sinteticamente riassumere in economiche, sanitarie e temporali, l’unica possibile soluzione sembra essere quella della costruzione immediata di centrali utilizzanti la fissione nucleare, nella speranza di poter quanto prima disporre di centrali a fusione

c) occorre inoltre disporre tutte quelle provvidenze di economia, di energia che non assorbano grandi risorse economiche in concorrenza con il programma di realizzazione delle centrali a fusione.

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Tratte queste conclusioni preliminari, tuttavia, si è ben lungi dall’aver esaurito il problema.
Infatti esso si divide in due parti ben distinte fra loro per l’impiego che si fa poi di questa energia prodotta.

Come ben si sa, mentre la maggior parte del fabbisogno dell’energia viene impiegata in impianti fissi (riscaldamento e refrigerazione, vari impieghi casalinghi, vari impieghi industriali) una parte assai meno consistente ma enormemente importante viene utilizzata nei mezzi da trasporto che necessitano di una certa autonomia di funzionamento fra un approvvigionamento e l’altro.
In tale impiego, quindi, diventa un elemento di grande importanza l’economicità e la facilità della distribuzione e della trasportabilità delle Kcal necessarie al funzionamento dei motori dei quali ogni unità mobile è provvista.

Orbene, requisito primo per assicurare queste caratteristiche peculiari dei mezzi mobili di trasporto (autovetture, navi, aeromobili) è lo stato fisico nel quale si trova il propellente nelle condizioni ambientali.
Mentre infatti il petrolio e molti dei suoi derivati si presentano a temperatura e pressione ordinarie allo stato liquido - ciò che permette il trasporto in tubi e recipienti aperti e leggeri - alcuni altri propellenti si presentano allo stato gassoso e necessitano quindi, per il loro trasporto, di tubi e recipienti resistenti alla pressione.
Esiste poi una ulteriore differenziazione fra quei propellenti che possono essere liquefatti sotto debole pressione a temperatura ambiente e quelli che invece hanno bisogno per essere ridotti allo stato liquido di pressioni molto elevate e di temperature particolarmente basse.
Mentre nel primo caso l’aggravio di peso non pagante e le difficoltà di trasporto in genere rimangono limitate e sormontabili (è il caso dei gas derivati dal petrolio), nel secondo le difficoltà possono divenire così importanti da condurre alla pratica impossibilità di un loro effettivo impiego di massa.
E’ particolarmente il caso dell’idrogeno che, combustibile ideale sotto molti riguardi, sotto altri presenta problemi la cui soluzione è molto difficile, costosa e, soprattutto, lenta.

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E’ necessario tuttavia esaminare tale problema fin dall’inizio.
Da quanto si è già detto, infatti, appare chiaro che ogni mezzo mobile dovrà possedere un proprio motore che non può essere connesso ad una rete fissa di distribuzione energetica.
Per questi mezzi, quindi, si dovrà possedere una fonte di energia trasportabile sugli stessi mezzi e tale fonte di energia ben difficilmente potrà immaginarsi diversa da una sostanza che disponga di detta energia in forma potenziale chimica e sarà quindi costituita da un combustibile, oppure da un accumulatore di energia elettrica (messo da parte il sogno di utilizzare su mezzi mobili i pannelli solari).
Nello stato raggiunto dall’attuale tecnica motoristica, è assai difficile pensare che l’impiego del motore a combustione interna nelle sue diverse forme di realizzazione (che vanno dal motore a pistoni alle turbine a gas) possa essere soppiantato, almeno in tempi prevedibili, da altro tipo di motore.

Per evitare complicazioni tecniche eccessive, necessarie nella trattazione di questo tema, mi limito qui ad affermare che l’impiego dell’idrogeno sarebbe veramente interessante solamente ove esso venisse utilizzato mediante ossido-riduzione a freddo in celle a combustibile che servissero poi ad alimentare motori elettrici, ma che tale procedura, per ragioni sia tecniche sia economiche, non è attualmente a punto, e c’è ragione di dubitare che possa mai divenire conveniente per impieghi di massa riferiti all’autotrazione.
Per quanto concerne i motori a combustione interna, essi possono essere alimentati sia da combustibili liquidi sia da combustibili gassosi e lo sono già attualmente per quanto riguarda gli idrocarburi. Tale pratica andrebbe anzi estesa, per il minore inquinamento che l’uso del gas produce.

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Nel quadro di un riordino generale dell’uso delle fonti di energia da fare sul piano planetario, o almeno europeo, per razionalizzare il loro impiego, sembrerebbe dunque ragionevole addivenire ad un accordo quanto prima sui seguenti criteri:

a) tutta la produzione di energia per l’impiego su mezzi fissi dovrebbe gradualmente essere assicurata da grandi centrali funzionanti in parte ad energia di origine nucleare ed in parte ad energia ricavata dalla combustione di carbone, tenendo presente che tale ultimo tipo di centrale dovrà essere sostituito da impianti che assicurino una produzione dei fumi strettamente controllata

b) tutta la produzione di energia destinata ad azionare i mezzi mobili dovrà essere fornita da idrocarburi, preferibilmente in fase gassosa, per i mezzi di limitata potenza (autoveicoli)

c) gradualmente tutte le centrali a carbone dovranno venire integrate con un impianto di idrogenazione dell’anidride carbonica prodotta dalla combustione del carbone stesso mediante la sintesi con idrogeno fornito come sottoprodotto dalle centrali nucleari.Questo idrogeno potrebbe essere ottenuto a basso prezzo facendo funzionare tali centrali a carico costante ed adoperando i cascami di energia prodotta nelle fasce orarie di minore consumo per la produzione di questo gas

d) successivamente, quando la tecnica ce lo consentirà, si procederà alla sostituzione delle centrali nucleari a fissione con centrali nucleari a fusione, incrementando così ulteriormente l’economicità dell’intero sistema.

A ragione, quindi, si dovrebbe tendere alla realizzazione di poche grandi centrali costituite da una parte funzionante a carbone, da un’altra funzionante mediante reazioni di tipo nucleare e da un impianto di sintesi per la produzione di idrocarburi per evitare di riversare nell’atmosfera l’anidride carbonica prodotta dalle centrali a carbone.
In un sistema così costituito si potrebbero governare i processi produttivi in modo da aumentare al massimo i rendimenti e diminuire drasticamente gli inquinamenti riducendo inoltre di molto i costi complessivi di produzione.
Così facendo, si avrebbe anche il vantaggio di poter attuare tale programma impiegando tecniche tutte ben note e sperimentate in quanto anche sui processi di idrogenazione in fase gassosa durante la seconda guerra mondiale si sono ottenuti ottimi risultati sia in Germania, sia in Giappone, come del resto, in misura quantitativamente assai minore, anche in Italia, segnatamente negli stabilimenti di Bari e di Livorno gestiti dall’Anic, impiegati nel miglioramento delle rese in idrocarburi leggeri dei petroli pesanti estratti dai pozzi albanesi.
Inoltre, in questa idea di base varie possibilità di attuazione potrebbero facilmente innestarsi adattandosi così alle mutevoli necessità di uno sviluppo complesso e variamente condizionato.
A regime, in ogni modo, si avrebbe il vantaggio di disporre di un mercato dell’energia esente dai danni economici di oscillazioni repentine del mercato, destinate a ripercuotersi fatalmente sulle condizioni sociali delle collettività umane che ne dipendono.


 


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