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Ottantenne, palermitano, dirigente industriale e direttore ad interim del Centro Comunitario Europeo
di ricerca dell’Euratom di Ispra tra gli anni Sessanta e Settanta, l’ingegnere Eliodoro Pomar
ha studiato e brevettato in Europa e negli Stati Uniti un motore a scoppio
rotativo a pistoni alternativi (rotary engine) in grado
di rivoluzionare, se applicato, il settore dell'industria automobilistica (e non solo) che di motori a scoppio
a combustione interna alimenta la sua produzione.
Noi lo abbiamo intervistato per il nostro giornale nel momento poco felice in cui versa questo settore, perché riteniamo
che il rilancio dell'industria automobilistica italiana debba passare anche dalle Università.
- Ingegnere Pomar, com'è arrivato a questa invenzione?
- Nel corso degli anni ho esaminato, e in molti casi brevettato, diversi meccanismi suscettibili di poter fornire
lavoro a mezzo di pistoni ruotanti di vario tipo e ho finito per fissare l'attenzione su tipi di cinematismo che
potessero essere realizzati all'interno di contenitori cilindrici; possedessero masse ruotanti dotate, per quanto
possibile, di moto circolare centrato sull'asse di simmetria generale del meccanismo; permettessero di attuare il moto
di tali masse per mezzo di meccanismi semplici perfettamente equilibrabili a loro volta; consentissero, sempre con mezzi
semplici, il cambio del rapporto di compressione anche durante il funzionamento del meccanismo.
L’attuazione di tali principi mi ha portato a scegliere due tipi di meccanismi, il primo dei quali funzionante
utilizzando una camma fissa anulare o centrale che guida una catena chiusa di biellette alternativamente articolata
su alberi che attraversano i pistoni e su cuscinetti volventi; nel secondo tipo di meccanismo, la velocità ciclicamente
variabile dei pistoni ruotanti è assicurata dalla eccentricità fra due assi, uno dei quali è l’asse di simmetria
longitudinale del cilindro contenente il sistema dei pistoni.
I brevetti statunitensi ed europei che li riguardano sono stati presentati il primo negli anni Sessanta e il
secondo negli anni Novanta e sono stati ambedue concessi dopo il prescritto esame preliminare, severissimo
soprattutto negli Stati Uniti.
- Spieghi con parole semplici a noi comuni mortali perché questa sua invenzione è così
rivoluzionaria ...
- Non è così difficile come lei sta pensando! Il tipo di meccanismo da me brevettato è anzi di semplice concezione
e si compone di un numero di parti molto ridotto rispetto ai motori attualmente in produzione.
Già questa è una soluzione fortemente innovativa che consente un notevole risparmio sia sui materiali utilizzati, sia
sul tempo impiegato per l'assemblamento.
Può sembrare banale, ma giocando su questi risparmi si può competere con i colossi orientali che economizzano sulle
retribuzioni dei loro salariati senza dover necessariamente intaccare le buste paga dei nostri lavoratori o far scadere
la qualità di ciò che si produce.
Questo tipo di meccanismo, inoltre, comporta un aumento di tutte le forme di rendimento e principalmente del rendimento
organico, nonché un aumento della velocità di rotazione per l'assenza di sollecitazioni alternative e di tempi di arresto
e di inversione del moto che sono tipici, invece, dei motori a scoppio a pistoni alternativi tradizionali.
Infine - cosa di particolare importanza - esso dà la possibilità di variare facilmente, con continuità e a motore
funzionante, il valore del rapporto di compressione.
Ciò significa che il meccanismo da me ideato permette di passare, in corsa, e cioè a motore funzionante, dall'uso della
benzina all'uso di un altro combustibile, con estrema facilità e solo azionando un apposito comando.
Al riguardo, va rilevato che nei motori alternativi pluricilindrici tale rapporto può essere variato con grande
difficoltà e a prezzo di considerevoli complicazioni costruttive. E già questa possibilità, da sola, renderebbe
interessante la sperimentazione.
- Ingegnere, perché si è orientato sui motori a scoppio rotativi, visto che il motore a scoppio
a pistoni alternativi è arrivato a un grado di perfezione notevolissimo? Insomma vale veramente
la pena cercare soluzioni alternative?
- La risposta a queste due domande non è semplice e neppure indipendente dal momento storico in cui ho iniziato a
studiare il problema.
Nel primo dopoguerra, infatti, la comparsa del motore Wankel suscitò enormi speranze, accompagnate da grandi
iniziative di ricerca in tutto il mondo, segno che l’esigenza di tale tipo di motore era largamente sentita.
Il fallimento di quel motore, peraltro largamente prevedibile per le caratteristiche del tipo di meccanismo che utilizzava,
indusse di conseguenza grande delusione e una sfiducia generalizzata che ha paralizzato ogni tentativo successivo
diretto allo stesso scopo. All’ingiustificato ottimismo iniziale, insomma, fece seguito un pessimismo aprioristico,
altrettanto ingiustificato.
Tuttavia, se è indiscutibile che il motore alternativo, perfezionato e maturato in circa un secolo di attività di ricerca,
oggi non soltanto funziona, ma funziona molto bene, è altrettanto evidente che tale buon funzionamento,
non solo ha le sue manchevolezze, ma è stato ottenuto a prezzo di complicazioni costruttive e strutturali sempre
maggiori, nonostante l’evoluzione generale della tecnica abbia permesso di continuare a ridurre il peso per unità
di potenza fornita dai motori man mano prodotti.
Cionondimeno sembra che, giunti a questo punto, si siano toccati ormai i limiti del suo possibile miglioramento.
- Considerato che i motori rotativi sono anch’essi motori a scoppio e che utilizzando petrolio
o suoi derivati produrrebbero anch’essi emissioni inquinanti, non sarebbe preferibile indirizzare la ricerca verso
l’ideazione e la produzione di motori a energia pulita?
- Certamente. Tuttavia, se l’uso degli idrocarburi come combustibile può essere sostanzialmente modificato adottando
quale nuovo combustibile l’idrogeno puro, dobbiamo anche rilevare che le molecole di carbonio presenti nei derivati
della distillazione del petrolio non sono le uniche responsabili della presenza di prodotti inquinanti nei gas di scarico:
infatti l’azoto, che origina durante la combustione ossidi nocivi, viene introdotto nei motori a combustione interna
non come combustibile, bensì insieme all’ossigeno comburente.
Insomma, se si volesse realizzare un motore a combustione totalmente pulito occorrerebbe introdurre nei motori non
soltanto idrogeno puro, ma anche ossigeno puro.
A questo punto il problema tecnico del motore non inquinante sarebbe risolto; non così però il problema economico
connesso alla produzione e alla distribuzione del combustibile e del comburente.
- Ci spieghi meglio.
- Idrogeno e ossigeno dovrebbero essere prodotti, immagazzinati e distribuiti capillarmente sul territorio,
il che implicherebbe l’impiego e l’immobilizzo di ingenti capitali necessari oltre che per la produzione, anche per
il trasporto e l’utilizzazione delle bombole ad alta pressione.
Si potrebbe fare un’analisi dettagliata di tali costi, ma, anche senza arrivare
a tanto, è chiaro a qualsiasi tecnico che già il semplice trasporto a bordo del mezzo mobile di due bombole ad alta
pressione in luogo di un semplice serbatoio in lamiera sottile contenente un idrocarburo liquido a pressione e
temperatura ambiente porrebbe dei problemi di carico pagante che stravolgerebbero i dati con i quali attualmente facciamo
i conti.
Ecco perché, a mio avviso, siamo costretti a riesaminare la situazione sopra esposta e a ripiegare su situazioni
meno perfette, ma più realizzabili per il nostro mezzo di trasporto.
- Non esistono altre soluzioni?
- Potremmo rinunciare ad alimentare il motore con ossigeno puro e cercare un’altra soluzione per eliminare o ridurre
l’emissione degli ossidi di azoto. In quest'ottica, potremmo ricorrere alla catalisi o ad altre forme di conversione o
assorbimento chimico di tali inquinanti. In ultima istanza potremmo ricorrere all'abbandono del processo di
combustione ed operare, in suo luogo, un processo di ossido-riduzione a freddo (pila a combustibile) con il quale,
oltre tutto, potremmo giovarci di un rendimento totale (riferito alle calorie contenute nel combustibile) assai più alto
di quello consentitoci dalle leggi della termodinamica.
Tale soluzione, però, a prescindere dal fatto che non si può considerare del tutto matura sul piano tecnico per
una produzione di massa, urta contro un’altra difficoltà ben altrimenti vincolante.
- Quale?
- Un motore alimentato a mezzo di una pila a combustibile non può funzionare che nel modo per il quale è
stato studiato.
Intendo dire che esso ha assoluto bisogno di trovare, fin dalla sua prima introduzione sul mercato, possibilità di
approvvigionamento dell’idrogeno già capillarmente diffuso e perfettamente funzionante sul territorio.
Ma poter contare su questo tipo di approvviggionamento richiede investimenti tali, a prescindere dalle
tecniche di produzione e distribuzione dell’idrogeno, da mettere ancora a punto e forse parzialmente ancora da
inventare, che è impossibile prevederne la realizzazione in tempi brevi.
- E allora?
- Allora è assolutamente necessario, a mio parere, prevedere un periodo abbastanza lungo durante il quale il motore
che potrà venire impiegato nei mezzi di locomozione dovrà essere capace di funzionare sia con idrogeno, sia con
altri combustibili derivati dal petrolio; un motore, quindi, la cui concezione sia tale da poter adattare
istantaneamente tutti i suoi parametri fondamentali al combustibile disponibile.
Ciò perché, mentre le crescenti esigenze di basso inquinamento costringeranno ad adoperare sempre nel modo migliore
possibile i combustibili di cui si dispone, si renderà necessario privilegiare le città rispetto al resto del territorio,
disponendo i nuovi impianti di distribuzione dell’idrogeno là dove essi saranno più necessari per la maggiore
concentrazione degli utilizzatori, senza peraltro privare questi ultimi della possibilità di circolare dovunque,
utilizzando carburanti di diversa natura nei luoghi dove l’idrogeno non fosse ancora disponibile.
Del resto l’uso dei derivati del petrolio è prevedibile non venga abbandonato tanto facilmente sia per quanto
riguarda i veicoli militari, sia per quelli destinati all’uso civile che prevedono l’impiego di motori di rilevante
potenza.
E’ pure prevedibile peraltro che, se si riuscisse a risolvere in modo veramente soddisfacente il problema dei
motori a combustione interna destinati ad utilizzare l’idrogeno come combustibile e l’aria come comburente, l’ulteriore
evoluzione verso l’uso dei motori ad ossido-riduzione perderebbe forse buona parte dell’interesse che oggi
le attribuiamo.
- Alla luce di quanto ci ha detto, il suo motore, in grado di variare in corsa il combustibile, potrebbe essere la
soluzione ideale ....
- Certo, la possibilità di variare con facilità, continuità e a motore funzionante il valore del rapporto di
compressione assume in quest'ottica particolare rilievo. Per questo ho orientato il mio interesse verso il tipo di
meccanismo brevettato, che credo possa fornire la risposta più consona alle esigenze di cui abbiamo parlato.
Ma su questo argomento ci sono anche altre considerazioni da fare.
- Le faccia ...
- Come ho già detto, il motore del nuovo mezzo di trasporto da studiare dovrà poter essere ottimizzato sia
per l’uso dell’idrogeno, sia per l’uso di prodotti di distillazione del petrolio.
Questa necessità comporta quindi che il mezzo in questione debba portare quale carico non pagante, assieme al motore,
sia un serbatoio per un carburante liquido (o eventualmente gassoso liquefatto a bassa pressione), sia un serbatoio
contenente l’idrogeno (bombole ad alta pressione, oppure sostanze dalle quali l’idrogeno possa venire a richiesta liberato,
per esempio gli idruri).
L’insieme di queste parti e dei singoli sistemi ad esse funzionalmente connessi, comporterà un peso e un ingombro
aggiuntivi non trascurabili che comporterà, in ogni caso, una diminuzione delle prestazioni del veicolo, rispetto a
quelle dei veicoli realizzati finora, sotto forma della diminuzione della capacità di trasporto di carico pagante.
Per contenere l'inconveniente sarà quindi più che opportuno ridurre quanto più possibile il peso del motore e degli
organi meccanici connessi (trasmissione e cambio) mediante una nuova concezione di vettura.
E' appena il caso di aggiungere che il motore rotativo, rispetto al motore alternativo corrispondente e a parità di
prestazioni, dovrebbe consentire un risparmio di peso e di ingombro considerevoli, insieme a una notevolissima
semplicità costruttiva e a una economia di produzione finora sconosciuta.
- E qui torniamo al suo motore ... Ma quali difficoltà ha dovuto superare in fase di progettazione?
- Principalmente la realizzazione di buone tenute al passaggio dei gas e l'evacuazione delle grandi quantità di calore
prodotte.
La difficoltà di ottenere una buona tenuta di passaggio dei gas si deve
a due ragioni, e cioè ad un maggiore sviluppo complessivo della linea di tenuta a parità di cilindrata e alla forma
che tale linea di tenuta assume per la presenza di spigoli. Tale difficoltà però è in parte compensata dalla
maggiore velocità di rotazione e dal maggior numero dei cicli per giro, in quanto tali caratteristiche diminuiscono
drasticamente il "tempo di transito" del quale dispongono i gas per attraversare la linea di tenuta.
Inoltre la forza centrifuga utilizzata per garantire il costante contatto fra quelle che, per analogia funzionale,
continueremo a chiamare "fasce elastiche" e le varie superfici fisse nel moto relativo – in virtù della crescente
velocità di rotazione del gruppo dei pistoni ruotanti – contribuisce ad assicurare un buon contatto fra le superfici
interessate alla tenuta.
Sta di fatto, comunque, che nei vari prototipi da me realizzati non ho rilevato problemi riconducibili a
deficienza delle tenute, anche se, per la verità, non ho potuto disporre di strumentazione adeguata a fare prove
sistematiche per una durata di funzionamento sufficientemente lunga.
La seconda difficoltà che ho dovuto affrontare riguarda sia l'allontanamento del
calore prodotto dalla combustione nel gruppo dei pistoni ruotanti, sia i problemi di deformazione differenziale
indotti nel cilindro contenitore.
Su questo punto particolarmente utili possono tornare le conoscenze acquisite durante le esperienze compiute sul
motore Wankel, che ha dovuto affrontare problemi in parte simili.
Comunque non credo che problemi di questo genere possano apparire come insuperabili, dati i livelli avanzati raggiunti
oggi dalla tecnica, anche perché esiste ormai la possibilità di ricorrere all'utilizzazione di parti ceramiche
(specie per il gruppo pistoni) e di vari metodi, che si potrebbero definire in certa misura "non convenzionali",
particolarmente efficaci per il raffreddamento differenziale delle varie zone del cilindro.
Ma su questa difficile materia una sperimentazione accurata non può, a mio giudizio, essere evitata o
sostituita da metodi di indagine indiretti.
- La sperimentazione è una nota dolente in Italia, specie in ambito pubblico ...
- Sì, purtroppo. Ma la sperimentazione del mio motore, con la conseguente realizzazione di un
prototipo, è necessaria e auspicabile per tutti quei vantaggi che questo motore offre e di cui ho già detto.
- Secondo lei, possono le Università, che oggi sono quasi le cenerentole della ricerca italiana,
sposare in qualche modo questa sua invenzione?
- Certo che possono, se davvero decidono di mettere i loro esperti e i loro laboratori al servizio della
ricerca applicata. Nelle Università che si rispettano teoria e pratica devono coincidere e andare verso un
obiettivo comune che non può essere soltanto il mero progresso delle idee:
le idee senza una loro naturale applicazione fanno filosofia, non scienza.
L'Università di Palermo, per esempio, ha una lunga e prestigiosa tradizione ingegneristica, che con una buona dose
di managerialità potrebbe essere ulteriormente arricchita.
- Intanto lei, in attesa che qualcuno si faccia avanti per la realizzazione del suo prototipo, non è stato con le mani
in mano ... Sappiamo che recentemente ha chiesto un terzo brevetto, sempre sull'argomento ...
- E’ un ulteriore passo avanti, in quanto si tratta di un cinematismo privo di parti in moto alternativo e capace di
trasformare le variazioni di pressione di un fluido in lavoro meccanico reso disponibile su un asse ruotante.
Tale meccanismo è universale nel senso che può sostituire in ogni sua applicazione, e con grande vantaggio
funzionale, il classico meccanismo composto da cilindro, pistone, biella e manovella.
- Ingegnere Pomar, perché è tutto così difficile?
- Non disperi! Pensi solo che questo terzo brevetto sarà la soluzione finale, finora cercata invano, dall’epoca
dell’invenzione della prima macchina a vapore!
Chi volesse contattare l'ingegnere Pomar può farlo scrivendo a:
direttore@ateneopalermitano.it |
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