maggio-giugno 2009 numero 88/89

attualità
Un vespaio di punteruoli e punteruoli di cosa nostra
Rispondo da qui alle contestazioni del capo-task force dell’Ateneo nella lotta
al punteruolo rosso, che mi accusa di tenere un comportamento contraddittorio
 

di f. p.

Ho ricevuto da Stefano Colazza – professore straordinario dell’Università di Palermo, come risulta dal sito del Miur – ovvero dal responsabile della task force messa su dall’Università di Palermo per combattere l’infestazione delle palme da punteruolo rosso, una e-mail, intitolata drammaticamente “La frase”, pluri-indirizzata (ai diversi componenti della task force e anche a me, appunto).

Trascurando il fatto che in una successiva e-mail, sempre indirizzata agli stessi destinatari compresa me, il prof in questione si stupisce (?) che la prima e-mail sia arrivata anche a me (riferendosi ai suoi colleghi dice: “mi ero limitato a scrivere il primo mail solo tra noi”, dimostrando in tal modo di avere “dimenticato” l’inserimento tra i suoi destinatari del mio indirizzo di posta elettronica (a margine, caro prof, non per voler essere pignola, ma il termine “mail” che, come sa, significa “lettera”, in italiano è tradotto con il genere femminile e non maschile), il capo-task force mi accusa di comportamento contraddittorio: da un lato, sulla copertina di questo giornale (“ben curata anche dal punto di vista editoriale” dice Colazza, bontà sua), in un riquadro in basso a destra, ho inserito la frase di Pasolini: “Occorre ragionare, non applaudire o disapprovare”, dall’altro lato, “per tutto il pezzo” (pubblicato sul precedente numero di “Ateneo Palermitano”) non avrei fatto altro, secondo le sue parole dirette ai colleghi in indirizzo, che “applaudire l’operato del signore Pizzuto e disapprovare quello nostro senza però ragionare”.

Mi corre obbligo dunque rispondere al prof. Colazza per chiarire i termini della questione (ma perché, caro prof, dice ai suoi colleghi in apertura della e-mail, di voler condividere un pensiero con loro, visto che “temo che non mi sarà dato il modo di farlo con la persona con cui in effetti avrei voluto interloquire e cioè la signora Francesca Patanè”? Chi le vieta di “interloquire” con me? Il mio indirizzo di posta elettronica, come ha visto, è disponibile, e se desiderava parlarmi bastava chiedermelo).

Mi spiace deluderla, ma non c’è alcuna contraddizione tra il mio “dire” e il mio “fare”. Confermo la frase che ho tratto da Pasolini e che si ripete su ogni numero del mio giornale, “mio” per diritto di legge e non per un calcolo “furbetto” come lei ha definito la mia scelta della testata: non ho alcun interesse, infatti, a far vivere il mio giornale “al traino” dell’Ateneo data la sua notorietà conquistata a colpi di correttezza professionale e caso mai è l’Ateneo, al contrario, che indirettamente gode dell’affermazione della mia testata, nonostante io scriva, come sempre faccio da anni e anni, senza indorare pillole a nessuno e staffilando, anzi, se necessario. Con l’occasione, le consiglio di leggere perché e com’ è nato il mio “Ateneo Palermitano”, magari ciccando qui.

Quella frase che lei considera un boomerang contro di me è il compendio del mio convincimento di una vita, è ciò che io ritengo un principio basilare dell’informazione. Ma proprio perché ho ragionato e soprattutto visto, nella fattispecie – chiunque potrebbe confrontare le palme rigogliose di Villa Tasca e Villa Malfitano curate dalla… task-force Pizzuto-Tasca D’Almerita-Carollo con la desolazione di tutte le altre palme sparse in città, morenti o rinsecchite causa punteruolo rosso e sotto terapia… accademica – ho potuto scrivere quello che ho scritto: ovvero un semplicissimo articolo di cronaca – partito peraltro da un servizio giornalistico di “la Repubblica” e da un’intervista a Mastro Agostino del collega Felice Cavallaro – che aveva solo il compito di evidenziare una realtà che è sotto gli occhi di tutti. E, dopo aver visto la differenza dello stato delle palme, ho ragionato e fatto 2 + 2: non è necessario essere giornalisti per fare questo, basta vederci bene, fare un giro in città e… masticare un po’ di aritmetica.

Accetto le critiche, caro professore, ma solo quando sono costruttive: piuttosto che contestarmi in modo sterile - per giunta con una e-mail indirizzata anche agli altri docenti della sua task force - una supposta contraddizione di comportamento, perché non ha utilizzato il suo tempo in maniera più costruttiva e sicuramente più utile spiegando su una bella e-mail indirizzata al mio giornale e che io, scevra da qualsiasi tipo di pregiudizio, avrei sicuramente pubblicato, che cosa sta facendo concretamente la sua task force e che cosa è riuscita finora ad ottenere? (con tanto di documentazione a supporto però, che io avrei potuto pubblicare).
D’altra parte, spulciando sul sito “Saperi” del Cineca alla ricerca di vostre pubblicazioni sull’argomento, non mi pare ci sia nulla che parli di punteruolo rosso (sarei felice se lei potesse confutare questa mia pur rapida ricerca).

Io ho fatto ciò che il prof. Barbera, uno dei destinatari della sua lettera, nella e-mail di risposta a lei, citando il Sommo Poeta, le suggeriva di fare con me: “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Io ho guardato, infatti (nella fattispecie lo stato delle palme): forse siete voi che non avete fatto un bel giretto di ricognizione…

E giusto per chiudere con la sua stessa arma, caro Colazza, vorrei farle notare che sotto la frase di Pasolini che lei ha trovato sull’home page di questo giornale ce ne sta un’altra, di frase, stavolta di Francesco Guccini: “… perché non è possibile rinchiudere le idee in una galera”.

E come le idee, anche la verità.
 


P.S.: Capisco che, a ogni mio “respiro” su questo giornale, all’Università di Palermo si scatenino i cataclismi, ma mi spiega perché quando altri titolati colleghi della stampa dicono e scrivono le stesse cose che dico e scrivo io (e le mostrano pure in tv), voi, viceversa, non ci fate neppure caso?
Dovrei considerarlo un atteggiamento persecutorio nei miei confronti oppure un onore per la considerazione in cui mi tenete?

PP.SS.: Alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto il signor Pizzuto, anticipo eventuali battute precisandole che questo giornale si interessa di Mastro Agostino il giardiniere e non di Agostino Pizzuto mafioso e procacciatore di armi, bombe, munizioni e acido in cui sciogliere i nemici. Il fatto di essere mafiosi non significa che non si possa essere bravi giardinieri, o bravi chirurghi o bravi professori universitari. E quanto ai punteruoli rossi, saranno punteruoli, oltre che di casa, anche di "cosa" nostra, che vuole farci? In fondo siamo a Palermo.

 


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