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Ho ricevuto da Stefano Colazza – professore straordinario dell’Università di
Palermo, come risulta dal sito del Miur – ovvero dal responsabile della task
force messa su dall’Università di Palermo per combattere l’infestazione
delle palme da punteruolo rosso, una e-mail, intitolata drammaticamente “La
frase”, pluri-indirizzata (ai diversi componenti della task force e anche a
me, appunto).
Trascurando il fatto che in una successiva e-mail, sempre indirizzata agli
stessi destinatari compresa me, il prof in questione si stupisce (?) che la
prima e-mail sia arrivata anche a me (riferendosi ai suoi colleghi dice: “mi
ero limitato a scrivere il primo mail solo tra noi”, dimostrando in tal modo
di avere “dimenticato” l’inserimento tra i suoi destinatari del mio
indirizzo di posta elettronica (a margine, caro prof, non per voler essere
pignola, ma il termine “mail” che, come sa, significa “lettera”, in italiano
è tradotto con il genere femminile e non maschile), il capo-task force mi
accusa di comportamento contraddittorio: da un lato, sulla copertina di
questo giornale (“ben curata anche dal punto di vista editoriale” dice
Colazza, bontà sua), in un riquadro in basso a destra, ho inserito la frase
di Pasolini: “Occorre ragionare, non applaudire o disapprovare”, dall’altro
lato, “per tutto il pezzo” (pubblicato
sul precedente numero di “Ateneo
Palermitano”)
non avrei fatto altro, secondo le sue parole dirette ai colleghi in
indirizzo, che “applaudire l’operato del signore Pizzuto e disapprovare
quello nostro senza però ragionare”.
Mi corre obbligo dunque rispondere al prof. Colazza per chiarire i termini
della questione (ma perché, caro prof, dice ai suoi colleghi in apertura
della e-mail, di voler condividere un pensiero con loro, visto che “temo che
non mi sarà dato il modo di farlo con la persona con cui in effetti avrei
voluto interloquire e cioè la signora Francesca Patanè”? Chi le vieta di
“interloquire” con me? Il mio indirizzo di posta elettronica, come ha visto,
è disponibile, e se desiderava parlarmi bastava chiedermelo).
Mi spiace deluderla, ma non c’è alcuna contraddizione tra il mio “dire” e il
mio “fare”. Confermo la frase che ho tratto da Pasolini e che si ripete su
ogni numero del mio giornale, “mio” per diritto di legge e non per un
calcolo “furbetto” come lei ha definito la mia scelta della testata: non ho
alcun interesse, infatti, a far vivere il mio giornale “al traino”
dell’Ateneo data la sua notorietà conquistata a colpi di correttezza
professionale e caso mai è l’Ateneo, al contrario, che indirettamente gode
dell’affermazione della mia testata, nonostante io scriva, come sempre
faccio da anni e anni, senza indorare pillole a nessuno e staffilando, anzi,
se necessario. Con l’occasione, le consiglio di leggere perché e com’ è nato
il mio “Ateneo Palermitano”, magari
ciccando qui.
Quella frase che lei considera un boomerang contro di me è il compendio del
mio convincimento di una vita, è ciò che io ritengo un principio basilare
dell’informazione. Ma proprio perché ho ragionato e soprattutto visto, nella
fattispecie – chiunque potrebbe confrontare le palme rigogliose di Villa
Tasca e Villa Malfitano curate dalla… task-force Pizzuto-Tasca D’Almerita-Carollo
con la desolazione di tutte le altre palme sparse in città, morenti o
rinsecchite causa punteruolo rosso e sotto terapia… accademica – ho potuto
scrivere quello che ho scritto: ovvero un semplicissimo articolo di cronaca
– partito peraltro da un servizio giornalistico di “la Repubblica” e da
un’intervista a Mastro Agostino del collega Felice Cavallaro – che aveva
solo il compito di evidenziare una realtà che è sotto gli occhi di tutti. E,
dopo aver visto la differenza dello stato delle palme, ho ragionato e fatto
2 + 2: non è necessario essere giornalisti per fare questo, basta vederci
bene, fare un giro in città e… masticare un po’ di aritmetica.
Accetto le critiche, caro professore, ma solo quando sono costruttive:
piuttosto che contestarmi in modo sterile - per giunta con una e-mail
indirizzata anche agli altri docenti della sua task force - una supposta
contraddizione di comportamento, perché non ha utilizzato il suo tempo in
maniera più costruttiva e sicuramente più utile spiegando su una bella
e-mail indirizzata al mio giornale e che io, scevra da qualsiasi tipo di
pregiudizio, avrei sicuramente pubblicato, che cosa sta facendo
concretamente la sua task force e che cosa è riuscita finora ad ottenere?
(con tanto di documentazione a supporto però, che io avrei potuto
pubblicare). D’altra parte, spulciando sul sito “Saperi” del Cineca alla
ricerca di vostre pubblicazioni sull’argomento, non mi pare ci sia nulla che
parli di punteruolo rosso (sarei felice se lei potesse confutare questa mia
pur rapida ricerca).
Io ho fatto ciò che il prof. Barbera, uno dei destinatari della sua lettera,
nella e-mail di risposta a lei, citando il Sommo Poeta, le suggeriva di fare
con me: “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Io ho guardato, infatti
(nella fattispecie lo stato delle palme): forse siete voi che non avete
fatto un bel giretto di ricognizione…
E giusto per chiudere con la sua stessa arma, caro Colazza, vorrei farle
notare che sotto la frase di Pasolini che lei ha trovato sull’home page di
questo giornale ce ne sta un’altra, di frase, stavolta di Francesco Guccini: “… perché non è possibile rinchiudere le idee in una
galera”.
E come le idee, anche la verità.
P.S.: Capisco che, a ogni mio “respiro” su questo giornale, all’Università
di Palermo si scatenino i cataclismi, ma mi spiega perché quando altri
titolati colleghi della stampa dicono e scrivono le stesse cose che dico e
scrivo io (e le mostrano pure in tv), voi, viceversa, non ci fate neppure
caso?
Dovrei considerarlo un atteggiamento persecutorio nei miei confronti oppure
un onore per la considerazione in cui mi tenete?
PP.SS.: Alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto il signor
Pizzuto, anticipo eventuali battute precisandole che questo giornale si
interessa di Mastro Agostino il giardiniere e non di Agostino Pizzuto
mafioso e procacciatore di armi, bombe, munizioni e acido in cui sciogliere
i nemici. Il fatto di essere mafiosi non significa che non si possa essere
bravi giardinieri, o bravi chirurghi o bravi professori universitari. E
quanto ai punteruoli rossi, saranno punteruoli, oltre che di casa, anche di "cosa" nostra, che vuole
farci? In fondo siamo a Palermo.
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