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La telenovela Eboli si avvia verso
la conclusione? (per le scorse puntate vi rimandiamo ai numeri precedenti di
“Ateneo Palermitano” andando a ritroso a partire dall’ultimo
articolo pubblicato la scorsa estate).
Se è così sarà un lieto fine, per Mariella, ricercatrice all’Università “La
Sapienza” di Roma, una soluzione insperata e sorprendente dopo anni di
bracci di ferro col direttore generale dell'Università Antonello Masia.
II Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, ha riunificato
infatti la lunga serie di ricorsi di parte e controparte e ha emesso la sua
sentenza: si rifaccia il concorso solo per la ricorrente,
così come tempo fa
aveva ipotizzato proprio Masia. In questo modo è stata annullata la Commissione voluta dal
direttore generale ed “eletta” dai
docenti di AGR01. Il Tar ha ritenuto di dover nominare un commissario ad
acta – Fabrizio De Filippis, ordinario presso la Facoltà di Economia e
Commercio “F. Caffè” dell'Università degli Studi di Roma Tre – il quale nel
giro di
trenta giorni dovrà nominare una Commissione di tre membri, la quale,
a sua volta, ha altri trenta giorni di tempo per esaminare i titoli di
Mariella Eboli. Nel caso la ricercatrice romana fosse dichiarata idonea
sarebbe nominata professore associato, ma in soprannumero.
Il Tar ha pure deciso di inviare tutto il fascicolo del caso Eboli alla
Procura (penale) di Roma e noi sinceramente non comprendiamo questa scelta:
dove sta il crimine ipotizzato? (Se qualcuno lo sa ci risponda).
La reazione del Ministero,
naturalmente, non si è fatta attendere (quando vuole, Masia sa essere
tempestivo ed efficiente come un vero direttore generale
dell'Università). E ha fatto appello al Consiglio di Stato contro la
sentenza del Tar.
Il ricorso, dello scorso 9 aprile, inoltrato tramite l'Avvocatura dello
Stato, fa salva - "con motivazione condivisibile" - la "rinnovazione della
valutazione per la sola ricorrente Eboli", ma contesta la nomina di Fabrizio
De Filippis come commissario ad acta ritenendola illegittima in quanto
"incompatibile". Secondo il Miur, infatti, De Filippis "non è in grado di
assicurare il requisito dell'imparzalità" sancito dall'art. 97 della
Costituzione. Egli - sostiene il Miur sul ricorso - è stato nominato ricercatore
confermato... presso l'Istituto di Economia e Politica agraria della
Facoltà di Economia e Commercio della Sapienza di Roma, stessa Facoltà e
stesso Istituto in cui - sempre secondo il Ministero - "ha prestato servizio
la Dott.ssa Eboli" (ma a noi risulta che De Filippis non fa parte del
settore disciplinare AGR01 e si trova da almeno dieci anni in forza non alla
Sapienza, sede di servizio di Mariella Eboli, ma a Roma Tre). "Tale
situazione di incompatibilità è confermata dal fatto - si legge ancora sul
ricorso ministeriale - che "la Dott.ssa Eboli... nominata con identica
decorrenza ricercatore confermato" (ci sfugge sinceramente in cosa
consisterebbe la sua "colpa" in questa storia di coincidenze burocratiche di
nomine indipendenti dalla sua volontà, n.d.r.) per la reiterazione del
concorso ha presentato, tra i lavori realizzati, un volume dell' '84 -
"Famiglie e Aziende contadine in un'area di recente industrializzazione" -
"redatto in collaborazione con lo stesso Prof. De Filippis".
Ma se è vero che l'incarico di
commissario ad acta di De Filippis può sembrare azzardato in un'epoca in
cui ormai, in fatto di Università, tutto puzza di inciucio, "specie in
considerazione - come è scritto sul ricorso - della assoluta discrezionalità
riconosciutagli in ordine alla scelta dei Commissari che dovrebbero valutare
la Eboli", è anche vero che:
1) della scelta, caduta sul nome
di Fabrizio De Filippis, non è responsabile la dottoressa Eboli, che dunque non
può essere penalizzata da una sostituzione che farebbe slittare ancora la
soluzione del caso;
2) la richiesta avanzata dal Miur
al Consiglio di Stato di sospendere la sentenza del Tar sottende un
"processo alle intenzioni" che non ha alcun riscontro reale: in assenza di
prove d'accusa, infatti, non è corretto "insinuare" ipotetici favoritismi, a
meno di non voler essere, come si dice, più realisti del re (ma in tempi di
Baronati anche un direttore generale dell'Università può credere di essere un re...).
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