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Tre ore di interrogatorio, tre ore
in cui gli hanno chiesto di tutto, dalle sue supposte conoscenze con i boss
Angelo e Bernardo Provenzano ai presunti favori elettorali che avrebbe
ricevuto da Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò.
Lui ha negato tutto, ha negato sempre, fino al punto da fare spazientire il
presidente Bruno Fasciana, che gli ha detto secco: “La sua ricostruzione non
è verosimile”. Poi un’ammissione: l’essere andato avanti in politica –
Mercadante è anche un ex deputato di Forza Italia – grazie all’aiuto del
corleonese Leoluca Di Miceli, poi arrestato e condannato per mafia. “Mi
diede una mano per le campagne elettorali del ’94, ’96 e 2001”.
L’accusa
però va giù dura e richiama le intercettazioni ambientali da cui sarebbe
emerso che l’imputato avrebbe personalmente eseguito – ma anche fatto
eseguire – esami diagnostici alla compagna di Provenzano. L’imputato,
naturalmente, ha continuato a negare.
Del caso Mercadante ci siamo occupati più volte nel corso di questi anni.
Per ricordare com’è cominciata la storia, vi rimandiamo
al primo articolo
dell’estate 2006.
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