settembre-ottobre 2008 numero 80/81

attualità
Politecnico del Mediterraneo: scippo politico 
 
L’Unione Europea sposta la sede del Polimed dalla Sicilia alla Slovenia.
Sconcerto nel mondo accademico e politico siciliano
 

di Francesca Patanè

nella foto: L’attuale presidente della Commissione Europea José Manuel Durão Barroso

Non solo un danno all’Università siciliana.
La recente scelta dell’Unione Europea di togliere il Politecnico del Mediterraneo ai quattro Atenei dell’Isola per assegnarne organizzazione e sede alla Slovenia è una danno d’immagine dell’intera accademia nazionale, prima ancora che di quella siciliana.

Lo “scippo” si è materializzato in sordina a estate inoltrata, proprio mentre in Sicilia si completava la fase di start-up (come abbiamo scritto sul numero precedente di questo giornale).

La decisione è stata presa – in Commissione, davanti al presidente di turno, il portoghese José Manuel Durão Barroso; l’alto commissario per la politica estera e di sicurezza della Ue Javier Solana e il presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy - all’insaputa del governo siciliano e dei quattro Atenei isolani che finora avevano supportato il progetto e che avrebbero dovuto mettere a disposizione le loro strutture.

La discutibile scelta dell’U.E. ha provocato proteste e iniziative politiche in ambito siciliano e spinto tra l’altro l’europarlamentare e componente dell’Assemblea parlamentare euromediterranea Nello Musumeci a indirizzare un’interrogazione alla Commissione di Bruxelles, “… tenuto conto che nei mesi scorsi è stato firmato a Roma un protocollo ufficiale che prevedeva, tra l’altro, l’erogazione di somme per investimenti nelle Università dell’Isola pari a circa cinquanta milioni di euro e che Bruxelles, inoltre, ha già autorizzato il finanziamento di circa sei milioni di euro per avviare l’attività di formazione negli Atenei siciliani…”.

Il Politecnico del Mediterraneo parte da lontano (noi ne scriviamo dal giugno del 2003). Ne sono coinvolti, come già detto, i quattro Atenei siciliani di cui avrebbe dovuto utilizzare le strutture.

Progettato dunque ben cinque anni fa per studenti e docenti di tutti i Paesi del Mediterraneo – lezioni e supporti didattici sono previsti in tre lingue, italiano, inglese e francese - nonostante una burocrazia-lumaca che ne ha ritardato la realizzazione, il Polimed avrebbe dovuto attivare quest’anno i primi corsi, aperti in un primo tempo a 2.500 studenti.

E non sono solo gli Atenei siciliani ad avere già investito sull’ambizioso progetto. L’amministrazione regionale ha già impiegato 6 milioni per la realizzazione di aule, dipartimenti, laboratori e biblioteche.
Intanto, contro il colpo di mano dell’Unione Europea, il governo regionale sta pensando di inoltrare formale protesta al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministro degli Esteri Franco Frattini, affinché promuovano sulla vicenda anche un vertice a Bruxelles.

La scelta della Slovenia, che con il Mediterraneo ha un rapporto estremamente labile – poche decine di chilometri di costa, peraltro appartenenti a una porzione della ex zona B dell’altrettanto ex territorio libero di Trieste - è uno schiaffo anche alla diplomazia italiana. Inoltre, per quanto si possa nutrire rispetto per le tre Università slovene, esse non possono vantare un curriculum superiore a quello delle Università siciliane, che affondano le loro radici nel tempo e che in diverse discipline sono state - e tuttora sono - rinomate nel mondo.

La crisi in cui versa l’accademia italiana, e quella siciliana in particolare, non si risolve sottraendo un Istituto come il Polimed a una regione del centro del Mediterraneo che ha funzione di ponte culturale tra Europa e Africa, Occidente e Oriente mediterranei mai messa in discussione.
Sarebbe stato meglio, allora, assegnare il Politecnico a Paesi che con il mar Mediterraneo non hanno niente a che fare - come l’Austria o l’Ungheria - ma che vantano certamente tradizioni accademiche di ben altro livello.
Ignorare la centralità mediterranea della Sicilia a favore di una realtà comunque periferica rispetto al Mare Nostrum, è dunque un atto di miopia politica che rischia di favorire l’ulteriore diaspora dei “cervelli” nazionali.

Quella dell’U.E. è tutto, dunque, tranne che una scelta trasparente.

Speriamo che la battaglia si concluda con la restituzione all’Italia e alla Sicilia di ciò che è stato tolto (e prima di tutto speriamo che la battaglia ci sia, e che il governo italiano la affronti con convinzione e serietà).

 


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