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Non solo un
danno all’Università siciliana.
La recente scelta dell’Unione Europea di togliere il Politecnico del
Mediterraneo ai quattro Atenei dell’Isola per assegnarne organizzazione e
sede alla Slovenia è una danno d’immagine dell’intera accademia nazionale,
prima ancora che di quella siciliana.
Lo “scippo” si è materializzato in sordina a estate inoltrata, proprio mentre in
Sicilia si completava la fase di start-up
(come abbiamo scritto sul numero precedente di questo giornale).
La decisione è stata presa – in Commissione, davanti al presidente di turno,
il portoghese José Manuel Durão Barroso; l’alto commissario per la politica
estera e di sicurezza della Ue Javier Solana e il presidente della
Repubblica francese Nicolas Sarkozy - all’insaputa del governo siciliano e
dei quattro Atenei isolani che finora avevano supportato il progetto e che
avrebbero dovuto mettere a disposizione le loro strutture.
La discutibile scelta dell’U.E. ha provocato proteste e iniziative politiche
in ambito siciliano e spinto tra l’altro l’europarlamentare e componente
dell’Assemblea parlamentare euromediterranea Nello Musumeci a indirizzare
un’interrogazione alla Commissione di Bruxelles, “… tenuto conto che nei
mesi scorsi è stato firmato a Roma un protocollo ufficiale che prevedeva,
tra l’altro, l’erogazione di somme per investimenti nelle Università
dell’Isola pari a circa cinquanta milioni di euro e che Bruxelles, inoltre,
ha già autorizzato il finanziamento di circa sei milioni di euro per avviare
l’attività di formazione negli Atenei siciliani…”.
Il Politecnico del Mediterraneo parte da lontano (noi ne scriviamo dal
giugno del 2003).
Ne sono coinvolti, come già detto, i quattro Atenei siciliani di cui avrebbe
dovuto utilizzare le strutture.
Progettato dunque ben cinque anni fa per studenti e docenti di tutti i Paesi
del Mediterraneo – lezioni e supporti didattici sono previsti in tre lingue,
italiano, inglese e francese - nonostante una burocrazia-lumaca che ne ha
ritardato la realizzazione, il Polimed avrebbe dovuto attivare quest’anno i
primi corsi, aperti in un primo tempo a 2.500 studenti.
E non sono solo gli Atenei siciliani ad avere già investito sull’ambizioso
progetto. L’amministrazione regionale ha già impiegato 6 milioni per la
realizzazione di aule, dipartimenti, laboratori e biblioteche.
Intanto, contro il colpo di mano dell’Unione Europea, il governo regionale
sta pensando di inoltrare formale protesta al presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi e al ministro degli Esteri Franco Frattini, affinché
promuovano sulla vicenda anche un vertice a Bruxelles.
La scelta della Slovenia, che con il Mediterraneo ha un rapporto
estremamente labile – poche decine di chilometri di costa, peraltro
appartenenti a una porzione della ex zona B dell’altrettanto ex territorio
libero di Trieste - è uno schiaffo anche alla diplomazia italiana. Inoltre,
per quanto si possa nutrire rispetto per le tre Università slovene, esse non
possono vantare un curriculum superiore a quello delle Università siciliane,
che affondano le loro radici nel tempo e che in diverse discipline sono
state - e tuttora sono - rinomate nel mondo.
La crisi in cui versa l’accademia italiana, e quella siciliana in
particolare, non si risolve sottraendo un Istituto come il Polimed a una
regione del centro del Mediterraneo che ha funzione di ponte culturale tra
Europa e Africa, Occidente e Oriente mediterranei mai messa in discussione.
Sarebbe stato meglio, allora, assegnare il Politecnico a Paesi che con il mar
Mediterraneo non hanno niente a che fare - come l’Austria o l’Ungheria - ma
che vantano certamente tradizioni accademiche di ben altro livello.
Ignorare la centralità mediterranea della Sicilia a favore di una realtà
comunque periferica rispetto al Mare Nostrum, è dunque un atto di miopia
politica che rischia di favorire l’ulteriore diaspora dei “cervelli”
nazionali.
Quella dell’U.E. è tutto, dunque, tranne che una scelta trasparente.
Speriamo che la battaglia si concluda con la restituzione all’Italia e alla
Sicilia di ciò che è stato tolto (e prima di tutto speriamo che la battaglia
ci sia, e che il governo italiano la affronti con convinzione e serietà).
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