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I tre articoli
del DL n. 112/08 del ministro Giulio Tremonti che più direttamente
riguardano le Università – il 16, il 66 e il 69 - hanno scatenato,
nell’ambiente accademico e anche altrove, commenti, giudizi a favore e
contro (più contro che a favore), critiche (costruttive, ma anche
strumentali).
“Ateneo Palermitano” sceglie di fermarsi alla cronaca dando spazio a due
voci rappresentative dei due opposti “schieramenti”.
La prima
è quella venuta fuori dal Documento dell'Assemblea Nazionale dell'Università
tenutasi lo scorso 22 luglio nell'Aula Magna dell'Università La Sapienza di
Roma e indetta dalle Organizzazioni e Associazioni della Docenza e degli
Studenti: una presa di posizione netta contro le scelte governative operate
intorno al Pianeta-Università.
La
seconda
è un intervento di Oscar Giannino su Libero, che focalizza l’attenzione
sull’art. 16: la possibilità di trasformare gli Atenei
in Fondazioni di Diritto privato.
Di inedito, invece, pubblichiamo in altra pagina
un commento ai tre articoli
del professore Quirino Paris.
Il DL Tremonti - approvato dalla Camera lo scorso 24 giugno, pubblicato il
giorno successivo sulla Gazzetta Ufficiale
(scadrà il 24 agosto) e al momento in cui scriviamo all’esame della 5ª
Commissione permanente (Bilancio) del Senato in sede
referente e delle altre Commissioni chiamate a esprimere il proprio parere -
come tutte le disposizioni di analoga natura - è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, che
può essere adottato dal Governo e che entra in vigore
immediatamente, il giorno stesso (o il giorno successivo) della
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ed è dettato da motivi di
straordinarietà, necessità e urgenza rimessi alla valutazione discrezionale
dello stesso Governo.
Come si sa, se non vengono convertiti in legge da Camera e Senato entro sessanta giorni
dalla pubblicazione, i Decreti Legge decadono retroattivamente ed è
come non fossero mai esistiti.
Il primo agosto
il Senato ha approvato il DL Tremonti con modificazioni. L'ha quindi
rinviato alla Camera, che l'ha approvato definitivamente il 5.
Lo scorso 7
agosto, alla 56.a seduta pubblica del Senato (un esempio di efficienza: tre
minuti da quando ha avuto inizio a quando si è conclusa!), la presidente di
turno Mauro
ha comunicato che la Camera dei Deputati
l'ha definitivamente
convertito in legge, con modificazioni. (Per accedere al
testo originale e al testo modificato
clicca qui).
Al momento in
cui scriviamo non è ancora stato pubblicato.
Quanto alle modificazioni presenti nel nuovo testo in
riferimento ai tre articoli che riguardano le Università, nulla di sostanziale è
stato toccato dei primi due - il 16 e il 66 - mentre l'ultimo dei tre
- il 69 - è stato modificato radicalmente.
La versione originale - "Progressione triennale" - è di due soli commi: il primo
decreta la progressione triennale per tutti gli impiegati e non fa menzione
di alcuna "una tantum"; il secondo calcola i risparmi annuali da parte del
sistema universitario per il futuro e ne richiede il rimborso da parte
delle Università.
La nuova versione, modificata sin dall'intitolazione - non più "Progressione
triennale", ma "Differimento di 12 mesi degli automatismi stipendiali"
- sviluppa l'articolo 69 in ben cinque commi.
Il primo introduce per la prima volta l' "una tantum".
I commi 2 e 3 specificano - con un linguaggio "legalese" difficile da
comprendere - come trattare alcune categorie di personale in merito a
passaggi di qualifica, anzianità pregressa e trattamenti
pensionistici.
Il comma 4 conferma quanto stabilito da un DL del 2006 - il n. 160 - così
come modificato dalla Legge n. 111 del 2007.
Infine il comma 5 rifà il conto dei risparmi del sistema universitario e,
diversamente dal DL Tremonti, che prosegue oltre il 2013, ferma la
previsione al 2011.
Questa la tabella comparativa (in
milioni di euro):
DL Tremonti Legge
2009 40 13,5
2010 80 27,0
2011 80 13,5
2012 120 --
2013 in poi 160 --
Come si vede, i risparmi nella versione modificata
sono molto inferiori a quelli calcolati dal ministro. Dunque, delle due
l'una: o Tremonti ha sbagliato a fare i calcoli (ma ci è difficile
immaginare un Ministero così sprovveduto!), oppure le lobby accademiche sono
entrate in azione per convincere il Parlamento a ridimensionare i
"risparmi".
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