aprile 2008 numero 76

attualità
Redde rationem!
 
La mannaia della Corte dei Conti sui danni erariali causati dai dirigenti
delle Università
 

di  f. p.

Ricordate Rosa Viparelli, il pro-rettore dell’Università della Basilicata che con solerzia davvero inusuale nell’indolente mondo accademico nazionale girò alla Procura e alla Corte dei Conti la denuncia che il prof. Antonio Tamburro - attuale rettore dell’Ateneo lucano e all’epoca dei fatti preside della Facoltà di Scienze, aveva presentato nel 2002 nei confronti della professoressa Albina Colella - e che ancora in fase di indagini preliminari, con altrettanta solerzia, avviò nei confronti della docente di Geologia un procedimento disciplinare con sospensione dal servizio?

Sulla sua testa è scesa ora la mannaia della Corte dei Conti per danno erariale causato all’Ateneo.
La vicenda riguarda le operazioni di collaudo dei lavori del 2003 in località Macchia Romana di Potenza per la realizzazione della nuova sede dell'Ateneo lucano e ha inizio da un esposto alla Procura del novembre di quello stesso anno. Tutto ruota intorno a una parcella di 14.688,00 euro - “ingiusta ed inutile elargizione di denaro pubblico”, com’è stata definita dalla Corte dei Conti - indebitamente reclamata dall’Associazione Professionale Adriani Associati e liquidata grazie al visto che la Viparelli aveva apposto sulla richiesta di pagamento.

Ma facciamo un passo indietro per capire tutta la storia (la sentenza della Corte dei Conti è consultabile qui).

Nell’ambito dei lavori a Macchia Romana, viene effettuato un collaudo dall’ingegnere-capo Adriani, direttore di quei lavori e titolare dello Studio professionale che ha riscosso la parcella. L’Autorità per la Vigilanza su Lavori Pubblici chiede delucidazioni su alcuni punti non chiari del collaudo. L’Amministrazione dell’Ateneo per fornire i chiarimenti richiesti decide di avvalersi della consulenza dello stesso ingegnere Adriani, che riceve l’incarico dal rettore per le vie brevi. Adriani fornisce i chiarimenti e presenta per la consulenza una parcella di 14.688,00 euro. Il prorettore Viparelli, senza controllare la correttezza formale dell’incarico, avalla – firmando - la richiesta di Adriani. E trascura un particolare: quei chiarimenti rientrano nell’ambito dell’incarico di direttore dei lavori conferitogli dall’Ateneo. La consulenza, dunque, era un atto dovuto.

Rosa Viparelli per la sua “ ‘leggerezza’ procedimentale grave riconoscibile nella ‘meccanica’ apposizione del visto” è condannata al pagamento di 1.500,00 euro, somma comprensiva di rivalutazione monetaria.

Ma l’ex pro-rettore dell’Ateneo della Basilicata non è il solo dipendente universitario a essere caduto nella “trappola” della Corte dei Conti.
A patire analoghe pene anche il rettore dell’Ateneo di Bologna Pier Ugo Calzolari e ben sedici consiglieri di amministrazione: Luigi Busetto, Mauro Fabrizio, Ines Fabbro, Carlo Cipolli, Giovanni De Plato, Giuseppe Cappiello, Lanfranco Gualtieri, Piero Gallina, Ivano Dionigi, Vito Monaco, Diego Bruggi, Marco Capponi, Laura Guidotti, Valentina Castaldini, Francesco Malfitano, Daniele Rastelli.
I primi due condannati a pagare in favore dell’erario 457,11 euro; tutti gli altri, divisi in parti uguali, 13.713,15 euro, degrado monetario, interessi e spese di giustizia esclusi. Il motivo? L’aver rinnovato un contratto di collaborazione professionale della durata di dodici mesi al prof. Giuseppe Vino, già docente dell'Ateneo presso la Facoltà di Agraria. Compenso lordo 16.526,62 euro.
La legge vieta incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca a favore di pensionati di anzianità che hanno avuto rapporti di lavoro con l’Amministrazione nei cinque anni precedenti la cessazione dal servizio: il caso del prof. Vino. Ma rettore e Consiglio di Amministrazione non si curano di questo particolare. Nemmeno quando i competenti Uffici dell’area del Personale denunciano l’illegittimità del conferimento ed esprimono parere negativo. Una “colpa grave”, per la Corte dei Conti, un “illecito amministrativo-contabile” da cui deriva un danno erariale per l’Ateneo.

Nelle Università italiane le consulenze - “conferimenti amicali”, come le chiama la stessa Corte - sistemi legali di illegali consuetudini, che fioriscono nei boschi e sottoboschi amministrativi, che sfuggono al controllo e soprattutto a qualsiasi regola di trasparenza, affidate all’arbitrarietà dei giudizi e rispondenti solo a una regola, quella del “rapporto amicale”, appunto, sono – è scritto sulla sentenza di condanna dei dirigenti bolognesi – un fenomeno che “affligge tutta la Pubblica Amministrazione per uno spazio temporale di cui è impossibile stabilire i confini”.

Ben venga, dunque, il redde rationem della Corte dei Conti, a Bologna come a Potenza e in tutti gli Atenei dove la “cosa pubblica” è stata amministrata per anni con troppa allegria.

 


argomenti correlati:



Torna al sommario..........



Hai un argomento da proporre?  Entra nel forum di Ateneo palermitano e avvia il dibattito con gli altri navigatori
.............................. entra



Oppure scrivi una e-mail
al Direttore
............................. scrivi

© Ateneo palermitano - tutti i diritti riservati