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Ne parliamo perché è saltato agli
onori della cronaca e perché il ministro del Mur Fabio Mussi ha incaricato i
suoi uffici di indagare sulla vicenda. Non per entrare nel merito della
qualità della protagonista.
Lo diciamo perché è corretto e perché qualcuno, con lettera firmata e
pubblica, ha voluto precisare che, al di là del cognome famoso (che spesso
all’Università italiana delle clientele serve, ma che qualche volta è
controproducente) Cristina Rognoni - figlia dell’ex vicepresidente del Csm
ed ex ministro democristiano Virgilio Rognoni - è una persona di qualità,
pur se, probabilmente, docente “senza titolo”.
Noi non siamo in grado di confermare l’aggettivazione (non ci spetta, e non
siamo né competenti né interessati).
Ci limitiamo pertanto a registrare il fatto – ennesimo caso, se acclarato,
di malauniversità in terra palermitana – ricordandovi che di “incarichi a
chiamata diretta” negli Atenei italiani ci siamo già occupati, sul numero di
febbraio di quest’anno
in un caso altrettanto eclatante, e per un volto sicuramente più noto del
volto di Cristina Ronconi: quello della first lady nazionale, signora Flavia
Franzoni in Prodi, professoressa a contratto alla Facoltà di Scienze
politiche dell’Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna - “regno”
incontrastato, per averci insegnato per decenni, del marito Romano - dove
insegna “Metodi e tecniche del servizio sociale”, all'interno del corso di
laurea specialistica in "Responsabile nella progettazione e coordinamento
dei servizi".
Nel caso in questione, si tratta di chiamata diretta per un posto di seconda
fascia, ovvero per professore associato, nel settore
scientifico-disciplinare L-Fil-Let/07.
La notizia. L’Università di Palermo e il Cun (Consiglio universitario
nazionale) sono stati chiamati dal ministro Mussi a spiegare un incarico con
procedura di assunzione diretta che, da un’inchiesta del Secolo XIX,
risulterebbe irregolare.
La docente che pare non possedere l’idoneo titolo è appunto Cristina
Rognoni, figlia di Virgilio, tre volte ministro (Interni, Grazia e
Giustizia, Difesa) e fino all’anno scorso vicepresidente del Consiglio
Superiore della Magistratura.
Mussi – ha precisato in una nota – “al fine di fare chiarezza e di assumere
le decisioni del caso, ha incaricato gli uffici di verificare l’iter del
procedimento… ha chiesto altresì al Consiglio universitario nazionale di
approfondire e di accertare gli elementi in base ai quali il Cun stesso ha
deliberato il proprio parere favorevole”. “Tale verifica – continua la nota
– sarà svolta in tempi brevi al fine di fugare ogni dubbio e garantire al
sistema universitario nazionale trasparenza e legittimità”.
Papà Virgilio parla di “clamorosa bufala”. Noi, in attesa di vedere chi ha
ragione, ve la raccontiamo.
Cristina Rognoni, professore a contratto alla Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Palermo per il quadriennio accademico 2005-2009 con moduli di Lingua
neogreca (laurea specialistica di Scienze dell’antichità), è ora professore
associato, sempre nella stessa Facoltà, in Civiltà bizantina. Ha ottenuto la
cattedra di professore associato senza concorso, prima della scadenza
dell’incarico – sempre a chiamata diretta - di professore a contratto, in
quanto “maîtres de conférences” all’ “École des hautes études en sciences
sociales”, prestigioso “établissement” (Istituto) francese. Con il parere
favorevole del Cun (verbale n. 4 – Sessione di aprile 2004 – pag. 31).
Il problema è che la professoressa Rognoni non è mai stata, a quanto pare,
“maîtres de conférences”, essendosi fermata, come sta scritto sul
suo
curriculum, al passo precedente (secondo l’interpretazione italiana): quello
dell’idoneità.
Differenza sostanziale, visto che il “maîtres de conférences” in Francia è
un docente, l’idoneo no (anzi pare che lì la figura di idoneo così come si
intende in Italia non esista proprio).
Può un “idoneo” in Francia essere equiparato in Italia – alla stregua del
“maîtres de conférences” - a un docente? Qui sta il problema.
Se le indagini ministeriali daranno ragione all’inchiesta giornalistica,
Ateneo e Facoltà dovranno fare marcia indietro (e annullare a pioggia tutto
quello che ne è derivato finora). Al di là dei meriti personali della
protagonista.
Certo che se si evitasse di ricorrere alle chiamate dirette (o vi si
ricorresse in casi del tutto eccezionali), e se, per chi aspira alla
docenza, la legge fosse uguale per tutti (partecipazione e vincite ai
concorsi - si spera – trasparenti) si eviterebbe di “giocare” sulla pelle
degli studenti (pensate a tutti coloro che nel frattempo hanno sostenuto
esami con la professoressa Rognoni). E di incassare eventualmente – per ciò che riguarda
l’Università di Palermo - l’ennesima figuraccia nazionale.
Aspettando i risultati del Ministero, non possiamo non stigmatizzare la
reazione del rettore dell’Ateneo Giuseppe Silvestri
che, intervistato sull’argomento dal
Giornale.it,
ha prima negato l’esistenza stessa della Rognoni a Palermo (“La figlia di
Rognoni chi, l’ex ministro della Dc? No guardi, qui a Palermo di Rognoni ne
conosciamo solamente uno, il grande musicologo Luigi. La nostra Università
gli ha dedicato perfino un Fondo...”) e poi si è arrampicato sugli specchi
del “rientro dei
cervelli” (che - riteniamo - per ragioni di bilancio devono sempre trovarsi
in pareggio...).
Non entrando nel merito di tale
risibile e contestatissima norma, dovrebbe sapere - il magnifico - che il
Decreto ministeriale sul rientro dei cervelli da lui invocato (DM 20 marzo
2003) è "altro" rispetto alla normativa sulla
chiamata diretta a professore associato
(art. 1, comma 9 della legge n. 230/2005) che sarebbe stato più
corretto richiamare nel caso in questione; dovrebbe sapere ancora che il DM sul rientro dei
cervelli prevede esclusivamente incarichi a tempo determinato (e non è il
caso dei professori associati) e che tali incarichi hanno durata massima
quadriennale (la professoressa Rognoni, dunque, già in possesso - come si
legge anche sul suo curriculum - di un incarico
di professore a contratto per il quadriennio accademico 2005-2009 ottenuto
per chiamata diretta proprio grazie alla legge sul rientro dei cervelli, non potrebbe
rimanere in Facoltà, oltre il quadriennio e pure a tempo indeterminato, secondo la stessa formula
- quella del rientro dei cervelli, appunto - sulla quale il magnifico si è
invece arrampicato); e dovrebbe sapere anche - Silvestri - che, nel
caso della professoressa Rognoni, la chiamata a professore associato è
stata effettuata dall'Università di Palermo non, come stabilisce la legge, DOPO
il compiuto svolgimento di un
“periodo di docenza nelle Università italiane” in base a chiamata diretta
autorizzata dal Ministero (nel caso in questione il quadriennio di
professore a contratto alla Facoltà di Lettere di cui abbiamo già detto), bensì
DURANTE tale incarico (che per la Rognoni sarebbe scaduto nel 2009), che
prevede, tra l'altro, l'espletamento di un programma di ricerca
prestabilito, con relazione scientifica finale e formalizzazione dei
risultati conseguiti. Tutte "fastidiose incombenze" che la professoressa
Rognoni, passata (a torto o a ragione si vedrà) da professore a contratto a
professore associato... in corso d'opera, si è risparmiata in blocco.
Certo ne ha, il povero Mussi,
di materiale su cui indagare.
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