luglio-agosto 2007 numero 67/68

attualità
Cani randagi, emergenza eterna
Una lettera pervenuta in redazione riapre il problema dei cani randagi all’Università di Palermo
 

di  f. p.

Ancora cani randagi all’Università di Palermo.
La Cittadella di viale delle Scienze e i viali del Policlinico continuano a essere regno incontrastato di pericolosissimi branchi che ormai quasi quotidianamente aggrediscono, azzannano, inseguono gli studenti e i docenti che in massa frequentano quei luoghi.
Stavolta, a farne le spese, una coppia di ragazzi, al viale delle Scienze.
Lui ha scritto alla nostra redazione per raccontarci l’accaduto: un fatto di grave e ordinaria “disamministrazione”, successo appena qualche ora prima. “Pur essendo stato informato dal vostro articolo della studentessa aggredita in viale delle scienze da cani randagi - ci ha scritto lo studente - stamattina è successo a me, a bordo di uno scooter con la mia ragazza… un cane randagio, senza timore di affrontare due studenti in moto, ha dato un morso alla sua caviglia: niente di grave – per fortuna siamo riusciti a scappare e a medicarci a casa - ma lei è ancora sotto shock”.

Più volte ci siamo occupati su questo giornale dell’emergenza cani randagi all’Università di Palermo, sin dall’editoriale di settembre del 2004.

A distanza di quasi tre anni, il problema sta ancora lì e noi continuiamo a denunciarlo.
E’ un problema ormai endemico, che non si risolve certamente con la segnalazione di casi particolari inoltrata di tanto in tanto ai servizi comunali competenti ad agire in caso di urgenza e che si deve affrontare, invece, con determinazioni “politiche” più generali e definitive e soprattutto non dettate dall’emergenza del contingente.

Chi deve occuparsene? Il Comune o l’Università? Noi riteniamo scontato – in controtendenza rispetto a certe convinzioni che ritardano ulteriormente la soluzione del problema - che sia dell’Amministrazione universitaria la competenza ad agire, considerato che Policlinico e Cittadella sono due aree di proprietà privata, recintate e chiuse da cancelli, che appartengono appunto, all’Università di Palermo.

Intanto, nel palleggio di competenze, favorito da una burocrazia per niente agile che facilita lo scaricabarile, a farne le spese continuano a essere i frequentatori abituali della maggior parte di Facoltà e Uffici dell’Ateneo, ubicati in quelle due zone ad alto rischio.

“Che cosa si aspetta che succeda?”, ci scrive il lettore, che ci chiede di “fare qualcosa per sollecitare le Autorità competenti”.

E noi qualcosa facciamo, infatti. Ma non avendo il potere “formale” di intervenire sulle “Autorità competenti”, utilizziamo quello – molto più “sostanziale” –  della denuncia pubblica sul nostro giornale.

 


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