di  f. p.

Di David Aliaga e del suo “storico” caso di malauniversità ci siamo occupati più volte.
Un caso difficile, per certi versi paradossale, ambientato all’Università della Calabria (Arcavacata di Rende, in provincia di Cosenza), che sfiora l’assurdo quando, all’esame di dottorato, a Roma, il candidato c’è, la Commissione no: un caso che non raccontiamo di nuovo per non ripeterci, ma che potrete leggere, con dovizia di particolari, sullo scorso numero di marzo, quando abbiamo scelto di fermare l’attenzione dei nostri lettori sulla battaglia di giustizia che il ricercatore cileno conduce, inascoltato, ormai da anni.

Di Aliaga torniamo a parlare oggi, per registrare una novità: sostanziale o apparente? Cioè, un concreto presupposto alla soluzione del caso o un contentino formale che non avrà seguito?
Saranno i prossimi giorni a dirlo (nella speranza che la burocrazia italiana non li  trasformi in mesi o peggio in anni).

Nell’attesa, noi vi raccontiamo la novità: una lettera, datata 7 giugno 2007. Destinatario il ricercatore cileno; mittente Salvatore Sechi, consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari giuridici e le Relazioni costituzionali; argomento le irregolarità commesse, “secondo quanto Ella sostiene” – dice la lettera - “da una Commissione di esame nell’ambito di un dottorato di ricerca all’Università della Calabria”.
“Al riguardo – scrive Sechi - posso darLe assicurazione che sulla questione da Lei prospettata è stata richiamata l'attenzione del ministro dell'Università e della Ricerca scientifica, per le valutazioni di competenza”.

Dunque aspettiamo gli sviluppi; noi, in particolare, con una personale soddisfazione: quella di aver contribuito a rimuovere le acque stagnanti del caso-Aliaga, sostenendo anche la petizione lanciata, a suo favore, da Just Response e firmata fino a questo momento da quasi settecento sostenitori, molti dei quali esponenti del mondo culturale nazionale e internazionale.