|
|
segue dalla
pagina precedente
Di Liberto
vince
(secondo copione?), dopo aver presentato - per convincere la
Commissione del suo apporto intellettuale - una dichiarazione scritta e
sottoscritta… dallo stesso presidente della Commissione del concorso!
(Riepilogando per i più distratti: la Commissione, presieduta dal prof.
D’Angelo – il Prof con il quale la Di Liberto lavora in Dipartimento – per
legge deve approfondire circa l’individuazione dei singoli apporti nel caso
di lavori d’équipe, dunque dubita e dunque richiede documentazione a
supporto; il prof. D’Angelo, nella veste di co-autore di quei lavori d’équipe,
risponde per iscritto alla Commissione e dunque al suo presidente e dunque a
se stesso, che è tutto in regola perché il ruolo paritetico della candidata
Di Liberto è garantito)…
Tutto secondo legge. Il Magnifico Silvestri, verificata la congruità degli
atti concorsuali, li approva, e il 9 maggio 2006
dichiara Chiara Di Liberto
vincitrice del concorso.
Scardina ricorre, secondo copione. E tira fuori tutta una serie di
“eccezioni” (tra cui i tempi esigui impiegati dai commissari per le
valutazioni), alcune respinte dal Tar, altre accolte.
Ed è questa la novità di rilievo, che a parte le perplessità sugli esiti
della storia (di cui vi parleremo dopo) rende il caso di Giuseppe Alessandro
Scardina un caso speciale: è la prima volta in Italia (e stavolta
registriamo con piacere il primato di Palermo) che un ricorso di malauniversità viene accolto per motivi sostanziali e non formali. In altre
parole – se le nostre informazioni sono corrette - per la prima volta in
casi di malauniversità la giustizia entra nel merito del ricorso, dà ragione
al ricorrente e intima all’Ateneo interessato l’annullamento di tutti gli
atti - compreso quello di nomina della vincitrice - e l’indizione di una
nuova procedura concorsuale. Un’inversione di tendenza? Può darsi, ma
aspettiamo a esultare quando si sarà davvero conclusa tutta la vicenda.
I punti del ricorso-Scardina accolti dal Tar sono rilevanti, e inducono il
Tribunale a dire, spiazzando commissari, controparte e Amministrazione che:
1) Scardina ha ragione a dubitare della qualità del lavoro svolto da una
Commissione che ha dedicato in media, a ciascun candidato, orologio alla
mano, 4 minuti e trenta secondi, per un procedimento complessivo che
comprende, per ognuno, “la verifica di ammissibilità, la valutazione,
l’individuazione dell’apporto personale nei lavori d’équipe e l’espressione
del giudizio”.
2) Scardina ha ragione a dubitare della valutazione della produzione
scientifica prodotta dalla Di Liberto, viziata dall’esistenza di una
dichiarazione scritta dallo stesso presidente della Commissione, che è pure
co-autore di quelle pubblicazioni, ciò che viola – come si legge sulla
sentenza del Tar - “il rispetto del canone fondamentale dell’imparzialità”.
Alla sentenza del Tar il rettore Silvestri risponde tre mesi dopo, lo scorso
aprile (la sentenza è del gennaio 2007), con un
decreto di
annullamento di atti e decadimento di Commissione (pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale – quarta serie speciale concorsi – n. 38 del 15/5/2007).
Atto dovuto, quello dell’Ateneo, non ancora vittoria piena, quella del
ricorrente Scardina. E non soltanto perché l’iter giudiziario, che ancora
può prevedere mosse e contromosse, non si è ancora concluso.
Il decreto di annullamento del Magnifico Silvestri, infatti, dà seguito al
diktat del Tar, ma tra le considerazioni in premessa non fa alcun cenno, in
nessuna forma, neppure incidentale, alla necessità di doverne eliminare la
causa - l’immotivata limitazione delle pubblicazioni, giudicata dal
Tribunale “aprioristica, irragionevole e limitativa” - premessa
indispensabile se si ha effettivamente in animo di uscire correttamente e
dignitosamente dall’impasse.
Qual è dunque il reale intendimento dell’Amministrazione? Il silenzio del
rettore intorno a questo punto essenziale è un segnale negativo
dell’effettiva volontà di risolvere il caso? Per la nuova valutazione
comparativa che il Tar ha imposto all’Ateneo, l’Amministrazione emanerà un
nuovo bando, stavolta senza tetti imposti, oppure ricorrerà al vecchio bando
immodificato, che potrebbe portare a ulteriori strascichi giudiziari e a un
allontanamento sine die (consapevole o inconsapevole non sappiamo) della
conclusione della vicenda? (a volte, pur di non darla vinta al ricorrente si
può arrivare anche a sospendere un concorso e a non riprenderlo mai più… e
l’esempio non è casuale).
Insomma, dopo il decreto di annullamento, è ancora del Magnifico Silvestri
la prossima mossa, che potrà:
1) o far precipitare l’Ateneo
nel ridicolo nazionale riproponendo senza modifica il bando e cambiando solo
la Commissione
2) o far partire da Palermo il primo reale segnale di legalità (dimostrando
di aver compreso che il vento gira ormai da tutt’altra parte) con
l’eliminazione di quell’incomprensibile limitazione, che potrebbe semmai
giustificarsi nei concorsi per ordinario - dove la mole di pubblicazioni
realizzate in tanti anni rende necessaria la definizione di un tetto - ma
certamente non nei concorsi per ricercatore, il primo gradino della docenza
universitaria, dove, al contrario, dovrebbe essere premiato chi ha prodotto
di più e dimostrato di essere un buon “investimento” per il futuro
qualitativo dell’Ateneo.
Noi staremo a guardare. E rendiconteremo con puntualità un’importante
inversione di tendenza, oppure l’ennesimo caso di plateale malauniversità.
E incroceremo le dita, sperando che - piuttosto che eliminare la limitazione
– l’Ateneo non metta su una “ragionevole motivazione” per confermare quel
tanto contestato punto del bando…
Francesca Patanè
torna
alla pagina precedente
|
|
argomenti correlati:
Torna al sommario..........
Hai un argomento da proporre? Entra nel forum di Ateneo palermitano e avvia il
dibattito con gli altri navigatori
.............................. entra
Oppure scrivi una e-mail
al Direttore
............................. scrivi
|