giugno 2007 numero 66

attualità
Codificare l’ovvio? A volte è necessario
Presentato alla Crui lo Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti universitari
 

di  f. p.

nella foto: Palazzo Rondanini, sede della Crui, a Roma

Lo scorso 12 giugno il ministro del Mur Fabio Mussi e il sottosegretario di Stato con delega al diritto allo studio Nando dalla Chiesa alla Conferenza stampa organizzata a Roma nella Sala degli Affreschi di Palazzo Rondanini, sede della Crui, hanno presentato lo Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti universitari.
Alla Conferenza erano presenti pure Gian Carlo Pellacani, rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Ateneo che per primo in via sperimentale adotterà lo Statuto, e Salvatore Muratore, presidente uscente del Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu).

Lo Statuto, un progetto lungo trentacinque anni, ha dunque preso forma, pur tra le polemiche (con relative punzecchiature a ministro e sottosegretario) da parte di alcuni rappresentanti del Cnsu, che hanno lamentato lo scarso coinvolgimento del Consiglio nella stesura del documento finale che pure aveva preso le mosse da una bozza messa a punto proprio dallo stesso Cnsu.
Ora le sue dodici pagine coi suoi undici Titoli dovranno sottostare alla valutazione della Conferenza dei rettori delle Università italiane, del Consiglio universitario nazionale e dello stesso Consiglio nazionale degli studenti universitari, ma l’iter dovrà essere completato per l’anno accademico 2008/2009, quando entreranno in vigore anche le nuove classi di laurea. Dopo la prima applicazione sperimentale modenese del prossimo anno accademico 2007-2008, infatti, tutte le Università italiane saranno obbligate a recepirne le norme e anzi il loro grado di attenzione nei suoi confronti costituirà elemento di valutazione dell’Anvur, la nuova Agenzia nazionale che darà i voti agli Atenei, uno degli spauracchi siglati Mussi per tutte le Università di serie B, C, D ed Eccellenza (calcisticamente parlando, naturalmente).

Ma che cosa impone questa sorta di mini-Costituzione in formato accademico che sancisce quello che deve essere inderogabilmente garantito agli studenti e quello a cui gli studenti devono inderogabilmente sottostare? Numerosi i diritti, che vanno da una razionale distribuzione temporale degli appelli per una migliore programmazione dei piani d’esame, al divieto per gli esaminatori di visionare durante gli esami i libretti universitari prima di esprimere la valutazione finale, alla sufficienza dei posti a sedere nelle aule, all’obbligo di presenza del docente nel giorno di ricevimento (peraltro da lui stesso stabilito) o a quello della corretta informazione su orari, date e programmi dei corsi.
Quanto ai doveri, uno su tutti: l’obbligo di pagare le tasse.

Insomma, lo Statuto raccoglie e codifica tutto quello che in ogni Ateneo che si rispetti è (dovrebbe essere) la prassi.
Ma non sempre tutto ciò che è ovvio e anche scontato. E questo spiega perché a volte è necessario pure codificare l’ovvio (un esempio di necessità di questo tipo proprio sull’editoriale di questo numero).

Magari all’Estero – un altro mondo, un’altra educazione, un’altra Università - farà sorridere quest’ultima iniziativa ministeriale. Noi la troviamo apprezzabile, per le motivazioni da cui ha preso le mosse, per le finalità che intende raggiungere e per quello che sta dimostrando: la presa d’atto ufficiale da parte del Ministero di molti, pluridecennali e mai risolti problemi dell’Università italiana e lo sforzo concreto, con conseguente contromossa, per porvi rimedio (e che speriamo, naturalmente, non rimanga lettera morta, come molte altre cose italiane).

 


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