|
|
Lo scorso 12
giugno il ministro del Mur Fabio Mussi e il sottosegretario di Stato con
delega al diritto allo studio Nando dalla Chiesa alla Conferenza stampa
organizzata a Roma nella Sala degli Affreschi di Palazzo Rondanini, sede
della Crui, hanno presentato lo Statuto dei diritti e dei doveri degli
studenti universitari.
Alla Conferenza erano presenti pure Gian Carlo Pellacani, rettore
dell’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Ateneo che per primo in via
sperimentale adotterà lo Statuto, e Salvatore Muratore, presidente uscente
del Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu).
Lo Statuto, un progetto lungo trentacinque anni, ha dunque preso forma, pur
tra le polemiche (con relative punzecchiature a ministro e sottosegretario)
da parte di alcuni rappresentanti del Cnsu, che hanno lamentato lo scarso
coinvolgimento del Consiglio nella stesura del documento finale che pure
aveva preso le mosse da una bozza messa a punto proprio dallo stesso Cnsu.
Ora le sue dodici pagine coi suoi undici Titoli dovranno sottostare alla
valutazione della Conferenza dei rettori delle Università italiane, del
Consiglio universitario nazionale e dello stesso Consiglio nazionale degli
studenti universitari, ma l’iter dovrà essere completato per l’anno
accademico 2008/2009, quando entreranno in vigore anche le nuove classi di
laurea. Dopo la prima applicazione sperimentale modenese del prossimo anno
accademico 2007-2008, infatti, tutte le Università italiane saranno
obbligate a recepirne le norme e anzi il loro grado di attenzione nei suoi
confronti costituirà elemento di valutazione dell’Anvur, la nuova Agenzia
nazionale che darà i voti agli Atenei, uno degli spauracchi siglati Mussi
per tutte le Università di serie B, C, D ed Eccellenza (calcisticamente
parlando, naturalmente).
Ma che cosa impone questa sorta di mini-Costituzione in formato accademico
che sancisce quello che deve essere inderogabilmente garantito agli studenti
e quello a cui gli studenti devono inderogabilmente sottostare? Numerosi i
diritti, che vanno da una razionale distribuzione temporale degli appelli
per una migliore programmazione dei piani d’esame, al divieto per gli
esaminatori di visionare durante gli esami i libretti universitari prima di
esprimere la valutazione finale, alla sufficienza dei posti a sedere nelle
aule, all’obbligo di presenza del docente nel giorno di ricevimento
(peraltro da lui stesso stabilito) o a quello della corretta informazione su
orari, date e programmi dei corsi.
Quanto ai doveri, uno su tutti: l’obbligo di pagare le tasse.
Insomma, lo Statuto raccoglie e codifica tutto quello che in ogni Ateneo che
si rispetti è (dovrebbe essere) la prassi.
Ma non sempre tutto ciò che è ovvio e anche scontato. E questo spiega perché
a volte è necessario pure codificare l’ovvio (un esempio di necessità di
questo tipo proprio sull’editoriale di questo numero).
Magari all’Estero – un altro mondo, un’altra educazione, un’altra Università
- farà sorridere quest’ultima iniziativa ministeriale. Noi la troviamo
apprezzabile, per le motivazioni da cui ha preso le mosse, per le finalità
che intende raggiungere e per quello che sta dimostrando: la presa d’atto
ufficiale da parte del Ministero di molti, pluridecennali e mai risolti
problemi dell’Università italiana e lo sforzo concreto, con conseguente
contromossa, per porvi rimedio (e che speriamo, naturalmente, non rimanga
lettera morta, come molte altre cose italiane).
|
|
argomenti correlati:
Torna al sommario..........
Hai un argomento da proporre? Entra nel forum di Ateneo palermitano e avvia il
dibattito con gli altri navigatori
.............................. entra
Oppure scrivi una e-mail
al Direttore
............................. scrivi
|