giugno 2007 numero 66

attualità
Malauniversità e dintorni: i consigli di un prefetto un po’… speciale
Intervista a Paolo Padoin, prefetto della Repubblica di Padova.
Una esclusiva di “Ateneo Palermitano”
 

di  Francesca Patanè

nella foto: Il prefetto di Padova Paolo Padoin

Un giorno ci scrive e si complimenta. Poi ci segnala il suo sito - "Rinnovare le Istituzioni" - dove, tra i pochi link a cui rimanda, c’è “Ateneo Palermitano”.
Non si può dire che Paolo Padoin, il prefetto di Padova, non sia un “tifoso” di questo giornale.
L’abbiamo intervistato, e non per dirgli grazie (è col banner a rotazione sull’home page che lo ringraziamo), ma perché siamo curiosi: un prefetto che nonostante il sito istituzionale sente il bisogno di scrivere pubblicamente, e non per parlarsi addosso come fanno molti rappresentati istituzionali, ma per denunciare ciò che non va, è un prefetto sicuramente coraggioso, e forse anche un po’ speciale.


- Dottor Padoin, non capita tutti i giorni di imbattersi in una così alta carica dello Stato che ha un sito Internet in aggiunta a quello ufficiale dell’Istituzione che rappresenta, un sito “di rottura” - se ci consente la definizione - che sceglie non l’autocelebrazione istituzionale a tutti i costi, ma la verità, anche quand’è scomoda… Possiamo dire che lei è un prefetto speciale?

- Sono un prefetto normale che, come tutti i colleghi, cerca di contribuire al miglioramento della civile convivenza. Quanto al sito internet, proprio oggi (6 giugno, n.d.r.) il ministro Amato ha presentato la nuova veste del sito del Ministero dell’Interno, volto a informare meglio coloro che si rivolgono alle nostre strutture centrali e periferiche. Io sono attento alle esigenze della comunicazione anche attraverso i moderni sistemi informatici, utilizzati soprattutto dagli utenti più giovani. È ovvio che quando si comunica con i cittadini è doveroso dare l’informazione o il giudizio che si ritiene più rispondente alla verità.

- “Rinnovare le Istituzioni” parla di eclissi di legalità, e anzi insiste sull’argomento diverse volte. In un Paese come il nostro, dove spesso tutti sono complici di tutti e le connivenze politiche fanno il paio con quelle amministrative, che a loro volta fanno il paio con quelle delle lobby di settore, che a loro volta fanno il paio con quelle della Magistratura… che cos’è oggi legalità? E com’è riconoscibile in Italia, dove a volte nemmeno le sentenze esecutive vengono eseguite, con buona pace di tutti, specie di chi non le esegue?

- Riprendo, condividendola, la definizione data da Gherardo Colombo, il magistrato di “Mani pulite”, quando ha abbandonato la toga. La legalità è - o dovrebbe essere - il sentimento condiviso e diffuso della necessità del rispetto delle regole che la società si è data, e si fonda essenzialmente su due pilastri: l’esistenza di un forte senso civico, che fa sentire il rispetto della legge come necessario per il bene di tutti e di ciascuno, e il timore della sanzione. Se questi fattori sono entrambi presenti in un corpo sociale, la devianza dalle regole sarà un fenomeno relativamente eccezionale e il funzionamento della giurisdizione servirà a porre in qualche modo rimedio a quella devianza. In assenza di entrambi i fattori, l’illegalità sarà la regola, il trionfo della forza dei singoli e delle corporazioni, dei più furbi e dei più scaltri e la giurisdizione penale, anche per le molte disfunzioni che si lamentano in quest’ambito, non potrà opporsi convenientemente.

- E lei per affermare questo richiama persino Ulpiano…

- Ho ricordato nel mio intervento sull’eclissi della legalità che già il giurista romano Ulpiano indicava ai suoi concittadini che tre sono le regole base per garantire la civile convivenza: vivere onestamente, non danneggiare gli altri, dare a ciascuno ciò che gli tocca. Dobbiamo evitare la tolleranza delle piccole illegalità e cercare di diffondere fra i giovani l’osservanza dei principi fondamentali ricordati da Ulpiano. È ovvio che chi ha maggiori responsabilità a livello politico, economico e amministrativo dovrà essere il primo a dare il buon esempio.

- A proposito di regole e sanzioni, sul suo sito c’è l’intervento del prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, che scrive: “Uno Stato… se vuole conservare efficienza e prestigio, deve preoccuparsi di porre nel proprio ordinamento poche regole, chiare e semplici, con conseguenze altrettanto chiare e semplici in caso d’inosservanza…”. Sta tutto qui, dunque, il problema della mancanza di legalità in Italia? Troppi reati codificati e zero certezza della pena? O non anche nella totale perdita di ogni valore etico e deontologico?

- Gian Valerio Lombardi ha individuato perfettamente il problema: la mancanza del timore della sanzione, ossia il diffuso senso d’impunità che induce a ritenere accettabile - a fronte dei vantaggi raggiungibili attraverso il crimine - il remoto rischio d’incorrere nella sanzione penale, trova origine nel mancato funzionamento del processo, quindi nella crisi del potere punitivo dello Stato. Anche il ministro Amato ha recentemente sostenuto che in Italia non possiamo permetterci di avere un indulto permanente; se un atto viene definito come crimine deve essere associato alla certezza della pena, altrimenti cessa di essere percepito come crimine. Oltre a questo, però, occorre agire a monte, con una migliore educazione, con l’impegno della scuola e delle famiglie, che debbono assumersi maggiori responsabilità.

- Può un prefetto indirizzare il legislatore? E qual è il grado di attenzione dei nostri politici nei confronti di queste indicazioni?

- Il prefetto ha il dovere di rappresentare ai vari Ministeri con cui è in costante collegamento, in primis al ministero dell’Interno, le priorità e le esigenze che gli vengono esposte da sindaci, rappresentanti di categorie economiche e sociali, e anche da singoli cittadini. Sta poi a loro, ai rappresentanti dei Ministeri, attivarsi per proporre le necessarie modifiche legislative, che possono essere promosse anche da parlamentari che hanno a cuore gli interessi della collettività locale e della collettività nazionale. Il grado d’attenzione dei politici è sempre molto elevato, salvo che poi non riescono spesso a realizzare concretamente le indicazioni ricevute.

- Ancora sul suo sito, a cui confessiamo di aver attinto a piene mani per quest’ intervista, lei scrive: “La gente comune ha la fondata sensazione che il garantismo vale soprattutto per chi delinque e non per i cittadini che contro la delinquenza dovrebbero essere tutelati”. Se per lei la sensazione è “fondata” vuol dire che la condivide… Un’affermazione pesante, da parte di un prefetto, che i nostri politici dovrebbero tenere nella giusta considerazione… Lei che ne pensa?

- Questa è la sensazione che ho colto, esercitando le mie funzioni prima come viceprefetto e poi come prefetto, nelle province di Arezzo, Firenze, Prato, Pavia, Pisa, Campobasso e Padova. Nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Toscana, nel 2002, il procuratore generale rilevò come una delle ragioni dell'insicurezza fosse da individuare nella scarsa efficacia della repressione. La gente si sente sostanzialmente indifesa anche perché vede i ladri arrestati uscire subito, o quasi, dal carcere, e tornare baldanzosi a delinquere. L’alto magistrato aggiunse che nel nostro ordinamento una persona non può essere tenuta in carcere, ancorché colta in flagranza di reato, se mancano prove precise che ne attestino la concreta e attuale pericolosità sociale. Ciò purtroppo non accade spesso. Ed è anche per questo che la gente comune conclude che il garantismo vale soprattutto per chi delinque e non per i cittadini che contro la criminalità dovrebbero essere tutelati. Occorre equilibrare le misure premiali con quelle afflittive, pur nel rispetto del sacrosanto principio costituzionale della finalità rieducativa della pena. Chi sbaglia deve pagare, con pene magari più leggere, ma certe ed eseguite rapidamente.




                                                                             segue alla pagina successiva


argomenti correlati:



Torna al sommario..........



Hai un argomento da proporre?  Entra nel forum di Ateneo palermitano e avvia il dibattito con gli altri navigatori
.............................. entra



Oppure scrivi una e-mail
al Direttore
............................. scrivi

 

© Ateneo palermitano - tutti i diritti riservati