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Sorry, Professore, so già che si arrabbierà. So pure, come lei dice, che i problemi si affrontano
"spersonalizzandoli" (che brutta parola, ma sono io che la sto usando), però - mi consenta, come dice qualcuno
(forse lei non sa chi, ma non importa) - il suo è un caso particolare.
Perché oramai in Italia non si può parlare di malauniversità, cattedre pulite, universitopoli,
concorsi truccati, commissioni manipolate e lauree sporche senza parlare di Quirino Paris, cioè di lei,
Professore che, volente o nolente, ormai c'è, dentro l'uragano che lei stesso si è divertito a scatenare e ne tiene
le redini, come Eolo coi venti.
Perciò a me di "spersonalizzare" non interessa né punto né poco, come si dice.
E parlo di lei contro la sua volontà (ah, il potere inebriante della stampa libera!).
Parlo di lei perché mi piace raccontare la sua storia, almeno per due motivi: perché è una storia "tosta",
giusta per il mio giornale,
e perché voglio rinfrescare la memoria a proposito del suo esilio californiano a chi pasticciando le date
vorrebbe far credere che lei è scappato dall'Italia causa cocente delusione - non d'amore ma di concorso - e che si
è vendicato dopo - ma molto dopo, tanto dopo da ridicolizzare ogni possibile sospetto - coi commissari di quel concorso,
lanciando i siluri delle querele.
Perciò, sia gentile, stia lì a leggere e mi lasci lavorare in pace.
Nome Quirino Paris, anni 72, nazionalità rigorosamente italiana (con buona pace di chi è convinto che basta sposare
un'americana per diventare americano a sua volta... ma dove le leggono, certuni, certe cretinate?), ordinario di Economia
agraria all'University of California, Davis (lo volete conquistare? diteglielo in inglese, come faccio io), dove
sta in pianta stabile dal '69 (leggasi 69, non 75, anno della bocciatura al concorso), in mezzo ad
allievi che lo adorano perché per dimostrargli che l'economia
è scienza lui ha il coraggio di partire dalla simmetria del cavolfiore e dall'armonia delle sculture di
Michelangelo, e ce ne vuole di coraggio.
Nel '52, quando molti di noi non si erano ancora preoccupati di nascere, Quirino Paris si mette in tasca una licenza classica
al Rosmini di Rovereto (io prima, di Rovereto, conoscevo solo la fermata della metropolitana di Milano, ora so pure che
c'è il liceo dove si diplomò l'Imputato Paris).
Nel '54 il giovane Quirino fa la sua prima fesseria (da cui nemmeno i geni
sono esenti): non si laurea in Legge, a Roma, dopo aver sostenuto diciotto
esami su ventuno (ma, come si dice, nella vita c'è sempre tempo e le
esperienze personali fanno più di cento libri letti... Il titolo della tesi?
Glielo do io: "Enunciazione e analisi di un teorema processuale:
la dualità dell'assurdo nella società italiana").
Dopo Roma Portici, vicino Napoli, nello stesso anno, a studiare Scienze agrarie col Maestro Manlio Rossi-Doria, il
teorico della "politica del mestiere", l'economista "molto-studio-e-poche-chiacchiere" che quando decide di
raccogliere le sue memorie le intitola, prendendo a prestito una frase di Epicuro, "La gioia tranquilla del ricordo"
(è dall'estroso pensiero del Maestro che origina il concetto di economia come "bellezza" dell'allievo Paris?).
Interminabili viaggi nei treni precari del dopoguerra, sui sedili di legno e con la schiena che riesce a contare
ogni giuntura delle rotaie.
Dieci ore di viaggio da Rovereto a Roma (otto ufficiali), quattordici da Rovereto a Napoli,
come dall'Italia alla California. Ma l'amore è amore, non c'è niente da fare.
I suoi nuovi interessi - l’economia e la politica agraria del Mezzogiorno d'Italia - al terzo anno d'Università lo portano
a organizzare cooperative agricole ad Isernia. L'attività è sponsorizzata dal Segretariato Nazionale della Gioventu’,
ente pubblico voluto nel '48 da Alcide De Gasperi per contrastare il Fronte della Gioventu', di ispirazione
comunista.
Con una laurea incamerata nel '59 e con l'autorizzazione (stiracchiata) del Maestro, nel '62 si trasferisce negli Stati Uniti.
Destinazione: Department of Agricultural Economics dell’University of California, Berkeley, per un PhD durato
quattro anni.
Conseguito il dottorato e passando per la Cina, in piena rivoluzione culturale nel '66, torna in Italia, in tempo per
incassare da parte di Rossi-Doria la stilettata che gli segna l'anima e il destino: "A Berkeley hai perso quattro anni".
E' in quel momento - complice il matrimonio con un'americana che gli spiana la strada contro la burocrazia di
ammissione negli States e le quote di immigrazione - che il deluso studioso trentino, l'economista agrario delle scelte
sofferte e coraggiose, decide per l'esilio americano.
Luglio 1969: gli astronauti americani sbarcano sulla luna, l'italiano Paris approda in terra californiana.
Ma non lascia del tutto l'Italia e per sei mesi, dal '73 al '75, va a Cosenza, a dirigere
il Dipartimento di Organizzazione Aziendale della neonata Università della Calabria. Lì conosce Giovanni Anania,
il professore straordinario non riconfermato dalla Commissione che successivamente Paris attacca coi suoi esposti.
1975. Si presenta in Italia al concorso per professore ordinario di Economia agraria, ma viene bocciato.
Capitò pure a Einstein.
Su di lui, negli Stati Uniti, la pensano diversamente: a UC Davis nel '76 diventa "associate professor", professore di ruolo,
e nell''80 "full professor".
Ancora tre concorsi, più tardi, per professore ordinario in Italia: di Economia agraria, Econometria, e
Analisi economica. Gli economisti agrari lo bocciano una seconda volta; gli economisti gli assegnano una
cattedra di Econometria a Modena.
Ma conciliare due vite - una italiana, l'altra americana - non è facile: Quirino Paris
si dimette da professore ordinario confermato dell'Ateneo emiliano e sceglie il sogno americano, l'esilio dorato
nel quale un Maestro forse troppo "politico" per essere un vero economista agrario l'ha (felicemente) relegato.
Nell'Università californiana studia il modello matematico della "simmetria", diventa esperto mondiale della
"legge del minimo" (la geniale intuizione di Liebig che spiega i meccanismi di crescita degli individui
al variare della disponibilità dei fattori ecologici) e nell''84 si "permette" di correggere
Paul Samuelson, premio Nobel per l'Economia nel 1970.
Da qui il filone di ricerca sulla
“stima di modelli con tutte le variabili misurate con errore” su cui l'Imputato Paris sta attualmente lavorando.
Fine del resumé biografico.
Ora, sinceramente - e mi rivolgo ai lettori - pensate che uno così, tutto casa e University of
California, Davis, con un cuore italiano e un cervello all'americana, uno che non ci pensa due volte a criticare un Nobel
convinto di avere ragione, uno che viene espulso dalla Sidea, la Società italiana degli economisti agrari presieduta
dal professore Mario Prestamburgo (toh, chi si rivede) come Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, ma senza peccato originale,
pensate che uno così ci avrebbe pensato due volte a mettere per iscritto i suoi sospetti in fatto di
trasparenza nell'organizzazione delle Commissioni di conferma per il passaggio da professori straordinari a professori
ordinari nelle Università italiane? Se sospetti intrallazzi ci sono, nell'area economico-agraria nazional-popolare,
che vengano pure alla luce, insieme a Sansone e a tutti i Filistei.
Detto, fatto. E partono le atomic-mail, con tanto di nomi e cognomi: due funghi, per quei sospetti, che nemmeno Nagasaki.
Nel giro di ventiquattr'ore le e-mail dall'iperspazio, complice la
solerzia di uno dei destinatari, in collegamento diretto col "Grande Fratello" e con "La Fattoria", arrivano sui
tavoli degli accusati (da Paris), sette dei quali prontamente reagiscono, querelandolo per diffamazione.
Intanto Paris lancia i supersonici: cinque esposti cinque, alle Procure di Ancona, Bari, Firenze, Milano e Trieste.
(I particolari sul numero di gennaio 2006 di "Ateneo Palermitano")
Perciò - e riepilogo per i lettori - i filoni dell'appassionante storia, che
personalmente continuerò a seguire passo passo (in attesa del terzo
procedimento disciplinare) ora sono due, anzi tre: quello delle denunce di
Paris, seguito da un giudice triestino intenzionato a tenere il caso bello e
aperto e a studiarsi bene tutte le carte; quello delle querele che Paris si
è beccato da quei sette nomi tirati in ballo sulle e-mail che scottano e che
l'hanno portato dalla California a Roma per la prima (inutile) udienza (il
resoconto in altro spazio del giornale); e quello - ultimo sfornato in ordine di tempo e recentissima chicca per la stampa -
della denuncia di Paris contro il destinatario-destinante, quel tal Zocchi Graziano, membro del Comitato d’Area del Cun
che, abbandonati i panni del destinatario, pensò bene di vestire in quattro e quattr'otto quelli
di mittente per diffondere le atomic-mail, invece di preoccuparsi di recepire - scrive Paris
sull'esposto/denuncia/querela - il suo "messaggio di appello alla vigilanza e alla trasparenza
nel reclutamento universitario".
Riuscirà a resistere il sinistro Mausoleo di ciò che un tempo fu veramente grande ai colpi così ben assestati
di un italiano d'America, che parla come un americano quando parla in italiano e scrive come
mamma l'ha fatto perché l'Università è una cosa seria e non può essere governata da - sono, più o meno, parole sue
(a scanso di querele per la sottoscritta) - "cupole", "cabine di regia" e "mafie accademiche"?
Lo vedremo nelle prossime puntate.
E Dio salvi la Repubblica (insieme all'Università italiana). |
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