febbraio 2004 numero 26

speciale 
Docenti? Razza in estinzione. Secondo loro
Dopo il Sessantotto e la Pantera, a scendere in piazza stavolta sono
i professori universitari. Proteste e scioperi contro la riforma Moratti
di f. p.
nella foto: Corteo di protesta

Uniti al grido "Siamo una razza in via di estinzione" scendono in piazza a protestare, dimenticando le critiche mosse a suo tempo dalla loro categoria agli studenti della "rivoluzione".
I professori accademici nazionali non ci stanno. E si mobilitano contro una riforma che, secondo loro, non ha adeguata copertura finanziaria, penalizza la ricerca e la didattica, favorisce la fuga dei cervelli all'estero e non risolve il problema del precariato, anzi lo aggrava.

A Roma una mobilitazione trasversale ha coinvolto ordinari, ricercatori e pure studenti che - la statua della Minerva listata a lutto - hanno simbolicamente occupato il primo Ateneo di Roma - "La Sapienza" - sistemandosi all'interno dell'aula magna.
Scioperi, blocco della didattica, delle lezioni, e - per la prima volta nella storia - anche delle lauree. Con queste affilatissime armi intendono combattere la riforma che Letizia Moratti sta loro servendo su un piatto che proprio d'argento non è, almeno per loro.
La riforma Moratti - sostengono - taglia le speranze dei giovani che vogliono iniziare la carriera universitaria perché, su 35 anni di vita lavorativa, il periodo di lavoro precario coprirebbe almeno 25-30 anni: un modo - dicono - per innalzare sempre più l'età degli Atenei, con i vecchi professori che rimarranno e i giovani che andranno via. "Si sta formando un fronte ampio contro la riforma Moratti e contro il precariato - ha dichiarato Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell'Andu, l'Associazione nazionale dei docenti universitari - Siamo contro l'esaurimento del ruolo dei ricercatori e per il riconoscimento del ruolo di docenti effettivamente svolto da una categoria che, con ventimila persone su un totale di cinquantacinquemila professori, corrisponde a oltre un terzo dell'intero corpo docente". Noi, però, scusate, ma non capiamo. Sarà che siamo fuori dal circuito dei cervelli accademici, ma ... chi li obbliga i ricercatori italiani a restare ricercatori per tutta la vita e dunque per sempre precari? I co.co.co. che li aspettano, se ben portati a termine, costituiranno titoli preferenziali per i concorsi per il pubblico impiego. Non sarà il massimo delle loro aspettative, d'accordo, ma certo che chi non vorrà essere etichettato come precario per tutta la vita avrà più di una possibilità di dignitosa sistemazione. A meno di non essere come quella giovane donna sulla soglia di una rinomata chiesa palermitana che preferisce continuare a chiedere l'elemosina piuttosto che accettare un onorevole impiego di colf.


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