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Uniti al grido "Siamo
una razza in via di estinzione" scendono in piazza a protestare, dimenticando le
critiche mosse a suo tempo dalla loro categoria agli studenti della
"rivoluzione".
I professori accademici nazionali non ci stanno. E si mobilitano contro una riforma che,
secondo loro, non ha adeguata copertura finanziaria, penalizza la ricerca e la didattica,
favorisce la fuga dei cervelli all'estero e non risolve il problema del precariato, anzi
lo aggrava.
A Roma una mobilitazione trasversale ha coinvolto ordinari, ricercatori e pure studenti
che - la statua della Minerva listata a lutto - hanno simbolicamente occupato il primo
Ateneo di Roma - "La Sapienza" - sistemandosi all'interno dell'aula magna.
Scioperi, blocco della didattica, delle lezioni, e - per la prima volta nella storia -
anche delle lauree. Con queste affilatissime armi intendono combattere la riforma che
Letizia Moratti sta loro servendo su un piatto che proprio d'argento non è, almeno per
loro.
La riforma Moratti - sostengono - taglia le speranze dei giovani che vogliono iniziare la
carriera universitaria perché, su 35 anni di vita lavorativa, il periodo di lavoro
precario coprirebbe almeno 25-30 anni: un modo - dicono - per innalzare sempre più l'età
degli Atenei, con i vecchi professori che rimarranno e i giovani che andranno via.
"Si sta formando un fronte ampio contro la riforma Moratti e contro il precariato -
ha dichiarato Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell'Andu, l'Associazione nazionale
dei docenti universitari - Siamo contro l'esaurimento del ruolo dei ricercatori e per il
riconoscimento del ruolo di docenti effettivamente svolto da una categoria che, con
ventimila persone su un totale di cinquantacinquemila professori, corrisponde a oltre un
terzo dell'intero corpo docente". Noi, però, scusate, ma non capiamo. Sarà che
siamo fuori dal circuito dei cervelli accademici, ma ... chi li obbliga i ricercatori
italiani a restare ricercatori per tutta la vita e dunque per sempre precari? I co.co.co.
che li aspettano, se ben portati a termine, costituiranno titoli preferenziali per i
concorsi per il pubblico impiego. Non sarà il massimo delle loro aspettative, d'accordo,
ma certo che chi non vorrà essere etichettato come precario per tutta la vita avrà più
di una possibilità di dignitosa sistemazione. A meno di non essere come quella giovane
donna sulla soglia di una rinomata chiesa palermitana che preferisce continuare a chiedere
l'elemosina piuttosto che accettare un onorevole impiego di colf.
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