settembre-ottobre 2009 numero 90/91

attualità
I retroscena del caso Clementi
La ricercatrice dal primo luglio si trova a Boston, nauseata q.b. del sistema universitario italiano

di  f. p.

Di Rita Clementi, la ricercatrice di Pavia “fuggita” dall’Italia per motivi di malauniversità, hanno parlato diversi giornali in questi ultimi mesi: la sua scelta di accusare pubblicamente l’Università italiana e di lasciare l’Italia e trasferirsi a Boston ha fatto molto scalpore. Forse perché pochi alle parole fanno seguire i fatti.
Di andare via dal sistema universitario nazionale Rita l’aveva deciso da tempo.
Noi di “Ateneo Palermitano” l’abbiamo conosciuta nel 2006 a Roma, luogo deciso per incontrarsi con tranquillità per le rivelazioni che ci aveva anticipato telefonicamente. Credevamo fosse lo sfogo generico dell’ennesima ricercatrice senza padrino e invece Rita ci racconta una storia di concorsopoli estremamente dettagliata con tanto di nomi e cognomi. E soprattutto ci fornisce la registrazione di una conversazione nella quale il barone di turno le dice che sarebbe stato inutile partecipare al concorso al quale aveva presentato domanda perché “tanto qui non verrà a lavorare mai”.
Ma facciamo un passo indietro per spiegare chi è Rita Clementi, una laurea in medicina e due specializzazioni, una in Pediatria e l’altra in Genetica medica. Fa ricerca di base nel campo della biologia molecolare applicata alla medicina e concentra i suoi sforzi nello studio del ruolo di una particolare proteina (la perforina) nell'insorgenza di alcune malattie tra cui i linfomi. I risultati, in termini scientifici, non tardano ad arrivare, testimoni le diverse pubblicazioni apparse sulle più importanti riviste mondiali. Ma “non sono i risultati e i riconoscimenti ufficiali – dice alla Clementi chi esercita il potere nella sua Facoltà – a contare per garantire a un ricercatore una sistemazione e la possibilità di continuare la sua ricerca”.
Lei non si scoraggia, sostiene le spese della ricerca, lavora giorno e notte. E scopre la correlazione tra mutazione nel gene della perforina e l’insorgenza di linfomi. E’ a questo punto che Rita comincia a doversi difendere dalla "cannibilizzazione" della sua scoperta, come lei l’ha chiamata. Cannibilizzazione che puntualmente c’è stata – lei aveva raccontato l’intuizione a persona del settore – e la scoperta viene fatta sì oggetto di brevetto internazionale, ma con un altro inventore. Clementi accetta il ricatto pur di far andare avanti il brevetto, ma ciò le provoca una grave crisi che la porta a presentare lettera di dimissioni senza motivazioni ufficiali. Prima di mollare però inoltra domanda di concorso per ricercatore. Presenta le sue scoperte, ma “qualcuno” le dice che “tanto non avrebbe vinto”. Partecipa lo stesso al concorso (“Ha avuto il coraggio di venire?”) e con la mente a un’altra frase – “Tanto qui non verrà a lavorare mai” – decide di alzarsi e andare via. La frattura è insanabile. Il giorno prima dell’esame è il giorno della spedizione a se stessa del nome della futura vincitrice. E della registrazione della conversazione suddetta per costruirsi la prova in caso di denuncia.
Eravamo pronti noi di “Ateneo Palermitano” ad agire e tirare fuori la registrazione custodita nei nostri archivi a denuncia inoltrata, ma… Rita Clementi alle parole non ha potuto far seguire i fatti – quella denuncia sarebbe stata per noi il punto di forza certo e documentabile per dire la verità senza mettere a rischio il nostro giornale – e dopo qualche anno ha preferito o dovuto abbandonare il campo. Una scelta legittima, per carità, una scelta che però ci ha legato le mani. Tutto passato, comunque. Ora lei dal primo luglio è in quel di Boston: un altro cervello in fuga di quest’Italietta che non sa tenersi stretta le proprie menti più eccelse.
Buona fortuna e buon lavoro, Rita!


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