marzo-aprile 2009 numero 86/87

attualità
Ma quanta bella gente!
Sollevamento di massa dei docenti delle Università italiane contro il presidente del Consiglio per alcune sue affermazioni. Richieste in un appello formali scuse

di  f. p.

nella foto: Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non è di quelli che le manda a dire. A volte sbaglia, a volte no. Stavolta no. Dire infatti, come ha fatto lui, che l’Università italiana “è un covo di intrighi nepotisti” non è una fantasia perversa e “gravemente ingiuriosa” contro l’Università italiana – come i docenti sostengono sull’appello scritto per chiedere formalmente e pubblicamente le sue scuse – ma la semplice constatazione di una realtà che a molti è scomoda, ma non per questo meno reale.

“Il mondo accademico italiano – aveva detto Berlusconi il 15 marzo scorso – è diventato un sistema di ammortizzatori sociali, in cui ogni professore ha il figlio, il cugino, l’amico del figlio, il cognato che ha la cattedra con l’invenzione di un corso di laurea”.
“Espressioni siffatte – scrivono piccati gli Esimi Prof – non sono nuove, e da molti mesi le abbiamo sentite ripetere con arroganza, nel quadro di una squallida campagna denigratoria condotta dall’attuale Esecutivo contro il sistema scolastico e universitario, con l’ausilio di media compiacenti”.
E te pareva che non mettessero di mezzo i media, come se la colpa di tutto fosse dei giornali che scrivono (e che svergognano) e non dei baroni che inquinano il buon nome dell’Accademia italiana.
Ma come si fa a considerare “arrogante” – per giunta “nell’ambito di una campagna denigratoria” – chi denuncia o tenta di distruggere il sistema della malauniversità? E’ proprio vero che la miglior difesa è l’attacco (specie quando non si hanno argomenti validi)!

Il massimo dell’assurdo lo raggiungono però subito dopo: “Tale campagna offende la verità dei fatti”! Ma di quale verità parlano? Quella di comodo, oppure quella… vera?
E più in là: “Respingiamo… con fermezza una campagna di calunnie volgare e di totale infondatezza”. Totale infondatezza? Ma in che mondo vivono i firmatari di quest’appello? Possibile che non abbiano mai sentito parlare di baronato e nepotismi vari, che non si siano mai imbattuti in storie di concorsopoli, che proprio loro – su tutti – siano “nudi e puri”? E chi sono, poi, questi docenti che – per la serie chi è senza peccato scagli la prima pietra – di fatto stanno prendendo le distanze da tutto il resto del mondo accademico nazionale? Sicuro che, scavando scavando, non si incontrino tra quei nomi i soliti intrecci a cui i baroni ci hanno ormai abituati? Certo, sarebbe una bella responsabilità, se si avessero scheletri nell’armadio, dichiarare con un’iniziativa del genere, in quanto docenti di Atenei nazionali, la propria estraneità ad abitudini ormai consolidate, oltre che documentate… Specie se si ha anche il coraggio di sostenere, con un affondo velenoso e vendicativo (stavolta per la serie chi la fa l’aspetti), che “… la reputazione internazionale degli studiosi e delle strutture di ricerca italiane, specie quelle pubbliche – sul piano della qualità scientifica e su quello della moralità – è alquanto più elevata di quella di cui godono il sistema politico e il sistema imprenditoriale”.
A noi in realtà questo non risulta, nonostante la politica e l’imprenditoria e, perché no?, anche la magistratura non siano indenni, come le cronache ci hanno insegnato, da queste accuse.
Ma sulla produzione scientifica negli Atenei le macchie di leopardo sono evidenti, con zone in cui si fa ricerca e i laboratori non languono e zone in cui, almeno a giudicare dai titoli ufficiali che risultano nei vari Cataloghi d’Ateneo (quelli non secretati…), la produzione scientifica è ferma, ma soprattutto molto lacunosa, sia di nomi, sia di titoli a quei nomi abbinati.

Quanto alla qualità scientifica, non possiamo essere noi a giudicare, e ci affidiamo al livello di impact factor (l’IF è oggi il metodo più in uso per quantificare il livello della produzione scientifica) che ciascuna pubblicazione è riuscita a raggiungere (sarebbe interessante avviare una ricerca per ogni prof di ogni Ateneo nazionale…).

Per ciò che riguarda la “reputazione internazionale degli studiosi”, non discutiamo sulla fama meritatissima di alcuni, caso mai sulla mediocrità di tutti gli altri, soprattutto di quelli che, sentendosi già “arrivati” (vedi alla voce baroni), non hanno più prodotto neppure una-paginetta-dattiloscritta-una per alimentare la loro “dote” e innalzare la loro offerta di cultura specialistica e che – altro che reputazione internazionale! – sono noti al massimo ai loro studenti (quelli che ancora li seguono), oltre che ai bidelli che ripuliscono al mattino le lavagne dalle loro dimostrazioni scientifiche (a proposito rientra ancora, questo compito, tra le competenze dei bidelli, oppure i sindacati si sono già battuti per fare avere loro una cattedra?).

Quanto “al piano della moralità” della classe docente accademica nazionale, non c’è altro da aggiungere, visto che ormai tutti sanno di che pasta è fatta la maggior parte dei prof italiani.

Sono tanti i firmatari dell’appello e non vale la pena riportarli tutti: ci sono nomi dell’Università di Torino, Milano, Roma, Firenze, Ferrara e persino Palermo (i docenti di Palermo non ce ne vogliano per l’uso del “persino”). Insomma, i “buoni” e i “cattivi”, come sulle più classiche lavagne delle scuole elementari di qualche tempo fa: i “buoni” sono loro che, sdegnati, chiedono pubbliche (e infondate) scuse al presidente Berlusconi, colpevole di aver detto la verità, i “cattivi” dovrebbero essere tutti gli altri che non si sono sdegnati e non hanno chiesto le scuse, se i ragionamenti di tipo deduttivo contano ancora qualcosa.
 


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