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“L’Italia è una Repubblica fondata
sul lavoro”, recita l’art. 1 della nostra Costituzione, ma – considerati i
tempi – sarebbe più sensato dire: fondata sulle lotterie.
Già, perché l’italiano è un essere umano molto particolare: ricco o pezzente
ha innato il vizio del gioco e la vera febbre che lo assale (non soltanto al
sabato sera) è quella dell’azzardo, della ricerca spasmodica, quasi
parossistica, della fortuna.
Sognare costa poco – si è soliti dire – ma un euro qua, un euro là, i
montepremi e i relativi jackpot diventano presto milionari.
E che importa se la sanità va a rotoli, se le fabbriche chiudono e gli
operai vanno in cassa integrazione, se le Università sono in costante rosso
e le scuole buone solo per corsi di “taglio” e “cucito”?
L’importante è alimentare la fiera dei sogni, la speranza che il domani sia
davvero un altro giorno…
Ormai, in Italia, tutto sta diventando una lotteria: è una lotteria ottenere
un posto di lavoro con concrete prospettive di stabilità, è una lotteria
uscire guarito da una struttura sanitaria, è una lotteria intraprendere un
viaggio (in auto, treno o aereo, poco importa) e arrivare puntuale a
destinazione, è una lotteria uscire di casa e farvi ritorno sano e salvo, è
una lotteria conseguire un titolo di studio avendo realmente appreso ciò che
sarebbe stato doveroso apprendere.
Forse il quadro che dipingiamo è troppo fosco ed esagerato, ma – ne
converrete – un fondo di verità, nelle nostre affermazioni, esiste ed è
tangibile: basta accendere il televisore e passare in rassegna i vari
telegiornali, pubblici e privati.
Ma se tutto è divenuto lotteria, perché non attingere da quei fondi – in
regime di vacche magre – e trovare lì le risorse che mancano all’appello?
Non voglio dire che bisogna cancellare le lotterie. Non conviene spegnere i
sogni, ma diminuire le quote da destinare alle vincite, quello sì.
E se le nostre Università e la scuola sono in rosso, perché non finanziarle
e finanziare la ricerca con fondi tratti dalla voglia di tanti di cambiare
le proprie esistenze?
Chissà che con quei fondi non si centri davvero un terno al lotto…
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