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E’ vero, l’inciucio
c’è stato, ed è l’ennesima testimonianza che concorsopoli è stata radicata
per anni in tutta l’Università italiana (e nonostante tanto strombazzare di
aria rinnovata, c’è ancora), da nord a sud, senza differenze geografiche,
culturali e o di costume. Tuttavia il caso Leszl segna una svolta e fa ben
sperare per il futuro. Riassumiamolo, per dovere di cronaca.
Walter Leszl, ordinario all’Università di Firenze, fa parte della
Commissione di un concorso per professore associato di Storia della
Filosofia antica che si conclude a Siena il 30 agosto del 2001. Con lui
anche Margherita Isnardi, presidente della Commissione, nel frattempo
deceduta, e a un nome d.o.c. dell’Università Statale di Milano, quella
Fernanda Caizzi Decleva, consorte (ma va…) dell’attuale bar… cioè, rettore
della stessa Statale meneghina Enrico Decleva. Tutto normale, all’apparenza.
Ma lo stesso Leszl in una lettera a una sua collega di Harvard, Gisela
Striker, il 3 agosto del 2002 scrive che quel concorso era truccato. La
Striker gira la lettera alla trombata di turno, Antonina Alberti, che
naturalmente, ritenendosi danneggiata, difesa dall’avvocato Nino Filastò si
costituisce parte civile. E non si limita a scoprire gli altarini di quel
concorso nella sua lettera-bomba, il Leszl, perché si lancia in un j’accuse
che non risparmia nessun anfratto dell’Accademia italiana, marcia dalla
testa ai piedi e lanciata verso un degrado sempre più evidente. Così, alla
maniera di Quirino Paris, scrive di riunioni tra professori per pianificare
la spartizione dei posti tra i loro rispettivi pupilli, alcuni pare anche
accusati di plagio o arrestati per corruzione, e sollecita azioni forti per
un reale rinnovamento dell’Università italiana e soprattutto della sua
corrotta disciplina. “In una riunione informale di tutti i professori di
prima fascia… – scrive Leszl sulla lettera – è stato discusso non solo chi
sarebbero dovuti essere gli esaminatori, ma anche chi noi avremmo dovuto
promuovere” si legge sulla lettera. E Leszl parla anche di altre
pianificazioni, in vista di altri concorsi in altre città dello stivale,
come Catania e Cosenza, spingendosi a “profetizzare” chi, tra i tanti
docenti, sarebbe entrato a far parte delle Commissioni d’esame. Leszl,
tuttavia, afferma pure che il risultato di quel concorso senese “sarebbe
stato l’unico giusto in un contesto altamente inquinato”. Insomma, “il
concorso di Siena sarebbe la sola procedura in cui si sono correttamente
valutate le capacità di tutti i candidati e vagliate con imparzialità di
giudizio le loro produzioni letterarie”: in altre parole, i vincitori, in
questo caso, era giusto che vincessero.
La Commissione del concorso comunque, come da programma, dichiara idonei
Franco Trabattoni e Alessandro Linguiti - due collaboratori della
commissaria Caizzi Decleva - e Maria Michela Sassi, moglie del prof.
Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. E come
da programma boccia, tra gli altri, Antonina Alberti, che a Siena insegnava
già da sei anni la Storia della Filosofia antica. Risultato: come già detto,
la Alberti, informata dalla Striker, sporge denuncia e si costituisce parte
civile. Ma “il fatto non sussiste” e quel concorso si è svolto in modo
regolare, sentenzia il Tribunale di Siena, che a novembre del 2007 assolve i
tre imputati Fernanda Caizzi Decleva, Margherita Isnardi e lo stesso Walter
Leszl. La Alberti non ci sta e si appella.
In altri tempi, quando la melma degli Atenei nazionali veniva
sistematicamente ignorata, il Pm di turno quell’appello forse l’avrebbe
seppellito tra le carte perché in Italia quando le decisioni sono difficili
ma devono essere prese, si rimandano più o meno a tempo indeterminato.
E qui
sta la sterzata epocale: stavolta – la decisione è del 13 gennaio scorso – i
giudici della Corte di Appello di Firenze hanno accolto la richiesta del Pm
Mario Formisano che, avendo preso per oro colato quanto dichiarato sulla
lettera bomba da Leszl e confermato l’esistenza di una “stretta
interrelazione tra i selettori e i selezionati”, aveva chiesto ai giudici
della Corte di Appello, avverso la sentenza di assoluzione del Tribunale di
Siena, la condanna degli imputati. Condanna che è arrivata: un anno la pena
da scontare per i due commissari superstiti: Walter Leszl – coraggioso
autore della lettera – e Fernanda Caizzi Decleva. La motivazione? Abuso
d’ufficio. Un anno non è tanto, ma è già qualcosa. E devono pure risarcire
alla Alberti i danni morali.
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