novembre-dicembre 2008 numero 82/83

attualità
Siglata dal S.A. dell’Università di Palermo la chiusura dell’ospizio
A settant’anni fuori dall’Ateneo professori e ricercatori. Obbligo
di pensionamento con quarant’anni di contribuzione per il personale amministrativo

di  f. p.

E’ passata quasi in sordina, forse per evitare che gli arzilli vecchietti scendessero in piazza al pari dei loro pimpanti studenti, ma all’Università di Palermo si è recentemente siglata la chiusura dell’ospizio e professori e ricercatori dovranno andare in pensione allo scoccare del settantesimo anno di età.

Lo ha deciso il Senato Accademico anche sull’onda dei venti di cambiamento che spirano dalla nuova poltrona di rettore.

Il provvedimento riguarda anche il personale amministrativo, ovvero tutti quei funzionari (e sono tanti: all’Università di Palermo, chi più chi meno, sono tutti funzionari e dirigenti) che se non indispensabili allo svolgimento di precise mansioni (e sono tanti: all’Università di Palermo, chi più chi meno, sono davvero pochi gli indispensabili), che d’ora in poi dovranno andare in pensione con quarant’anni di contribuzione.

“E’ un passaggio importante di un’Università che si interroga sul presente e sul futuro – ha dichiarato il neorettore Roberto Lagalla – una svolta imboccata grazie anche alla… volontà collaborativa delle Organizzazioni sindacali”. “La decisione – ha continuato Lagalla – permetterà un ricambio generazionale più veloce e quindi più spazio ai giovani, che sono motore fondamentale dell’innovazione”.

Ma la mannaia del Senato Accademico non cade sulla testa di tutti i prof ultrasettantenni: la proroga per il biennio aggiuntivo verrà ancora concessa, ma a determinate condizioni: ovvero se è necessaria per raggiungere i quarant’anni di contribuzione (e quindi il massimo pensionabile); se i docenti sono gli unici professori di ruolo in uno specifico settore disciplinare (il S.A. ignora evidentemente il significato di trasferimento e di “rientro dei cervelli”: se non lo ignorasse potrebbe coprire quei posti con docenti provenienti da altre Facoltà italiane, magari di origine palermitana o siciliana, e dall’Estero); se i docenti ultrasettantenni sono coordinatori nazionali dei Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) o sono titolari di contratti europei, oppure sono indispensabili al servizio se svolgono funzioni con carattere di straordinarietà.

In attesa che si abbassi l’età pensionabile dei docenti a sessantacinque anni (basta privilegi!), al momento noi siamo contenti così, anche se ci rendiamo conto che due anni in più o in meno in fatto di Alzheimer fanno poca differenza.

 


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