settembre-ottobre 2008 numero 80/81

attualità
Ancora sorprese dallo Steri di Palermo, ex carcere dell’Inquisizione
Nuovi ritrovamenti nelle segrete dell’edificio chiaramontano: dipinti e anche
una fabbrica di ceramiche di epoca normanna e un edificio coevo allo Steri
 

di  Norman Narayan

nella foto: Graffiti dello Steri durante i lavori di restauro

Si sommano ai graffiti che Giuseppe Pitrè in una notte del 1906, a colpi di piccone fece riemergere dalle sue pareti.
L’ex carcere dell’Inquisizione, attuale sede dell’Università di Palermo (è stato questo lo spunto di un editoriale di due anni fa scritto dal direttore responsabile di questo giornale, n.d.r.), continua a sorprendere coi suoi inaspettati ritrovamenti, testimonianza preziosa di un passato drammaticamente reale.

Graffiti al piano terra, dipinti nella sala del primo piano e la stanza in cui il prigioniero fra’ Diego La Matina, secondo “Morte dell’Inquisitore” di Leonardo Sciascia, riuscì a uccidere Juan Lopez de Cisneros nel corso di un interrogatorio.

Per due secoli, dagli inizi del Seicento al Settecento inoltrato (1605-1782), gli aguzzini al servizio dell’inquisitore Torquemada rinchiusero nelle segrete dello Steri chi veniva ritenuto indegno della libertà e meritevole di morte: eretici, bestemmiatori, streghe e fattucchiere, ebrei, prostitute, ma anche marinai costretti all’abiura dai turchi e uomini di nobili origini politicamente scomodi. E di nobile scomodo pare si trattasse pure per l’autore dei dipinti ritrovati sulle pareti della sala del primo piano, dove per la loro realizzazione sono stati utilizzati colori che sarebbe stato impossibile a un prigioniero possedere.
Da qui la convinzione da parte degli studiosi che si sia potuto trattare appunto di un nobile che per quanto in cattività poteva ricevere comunque un trattamento di favore. “Sono pigmenti abbastanza costosi – ha rilevato Mauro Matteini, direttore dell’Istituto per la Conservazione e Valorizzazione del Cnr – il prigioniero doveva essere una persona che aveva accesso a risorse esterne: o era nelle grazie degli inquisitori, o faceva parte di una famiglia nobile che lo sosteneva”. “Nessun documento si può ricollegare al fantomatico pittore – ha continuato Matteini – come invece è capitato per i graffiti del piano terra, che raccontano storie poi ritrovate negli archivi spagnoli della studiosa Maria Sofia Messana”.
I dipinti del nobile prigioniero pare non siano di fattura eccezionale, ma “nella loro estrema semplicità – secondo Matteini - sono molto belli e il loro interesse storico ed emozionale è impossibile da quantificare”.

Tutti i prigionieri – nobili e plebei - coscienti di uscire da quelle stanze solo da morti, erano accomunati da un unico desiderio: lasciare una traccia che sopravvivesse loro. Per questo motivo si affannavano a dipingere e a scalfire le pareti con ogni mezzo possibile, tutti quelli che la loro immaginazione e la loro creatività potevano suggerire.

I recenti ritrovamenti non sono stati privi di difficoltà: “Le abbiamo scoperte in un caos devastante – ha concluso Matteini parlando delle opere ritrovate – che complicava molto la lettura… Il prigioniero graffiava e disegnava ogni superficie libera, specie su scialbature di calce usata anche per cancellare disegni non graditi, che venivano subito ridipinti. Strati su strati difficili da interpretare, ma che raccontano senza posa drammi senza fine”.

I lavori di recupero hanno portato alla luce anche, dietro un muro, la scala di pietra che collegava il Palazzo alle carceri sotterranee e anche l’antica struttura delle celle, con le latrine e l’anticamera.

Altri interessanti ritrovamenti sono stati effettuati dalla Soprintendenza ai Beni culturali, che sta conducendo nel sottosuolo dello Steri diversi scavi archeologici nel corso dei quali sono venuti alla luce una fabbrica di ceramiche di epoca normanna e un edificio della stessa epoca dello Steri, che dopo il restauro sarà aperto alle visite dei numerosi turisti che giornalmente affollano quei luoghi così ricchi di fascino e mistero.


 


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