maggio 2008 numero 77

attualità
Ve lo dico io che cos’è il merito
 
Pregi e difetti di un Ddl firmato Gelmini
 

di Quirino Paris

nella foto: La sede del Miur, a Roma

A 34 anni, Mariastella Gelmini è, probabilmente, il più giovane ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Complimenti.

Ma… chi gliel’ha fatto fare? Non era forse meglio, per lei, rimanere sui banchi della Camera e sfornare proposte di legge da citare nel suo curriculum vitae? Perché – ben sanno gli ultimi due - per fare il ministro del Miur ci vuole più coraggio che competenza. In fondo i problemi della scuola, dell’università e della ricerca sono stati per molti anni sollevati e discussi quasi quotidianamente dalla stampa e, pertanto, qualsiasi cittadino che abbia seguito da vicino l’ininterrotto dibattito sulle iniziative da prendere può ritenersi competente.

Il coraggio di affrontare simultaneamente le direzioni generali del Miur, la casta dei professori universitari e i sindacati degli insegnanti, invece, non è di tutti. E come hanno dovuto constatare i colleghi che l’hanno preceduta, queste tre corporazioni rappresentano gli ostacoli fondamentali al rinnovamento del sistema scolastico e universitario italiano.

In termini di coraggio, Mariastella Gelmini può vantare un insolito biglietto da visita. Nel febbraio scorso, a legislatura ormai disciolta, formulò una proposta di legge sul merito, esclusivamente a nome suo, che sorprende sia per i tempi di presentazione, sia per la struttura. Sulla base di questo documento c’è da pensare che il nuovo ministro cercherà di rendere esecutive le indicazioni contenute nel suo progetto di legge, che vale la pena di esaminare da vicino. Si tratterà di una vera scommessa.

A dire il vero, più che di disegno di legge, il documento in parola consiste nella enunciazione di “princìpi e criteri direttivi” a cui dovrebbero ispirarsi le iniziative di un governo delegato ad adottare decreti legislativi – come dice il titolo - “per la promozione e l’attuazione del merito nella società, nell’economia e nella pubblica amministrazione e istituzione della Direzione di valutazione e monitoraggio del merito presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato”.

È una proposta ambiziosa e addirittura rivoluzionaria perché fatta nella mancanza quasi totale di una cultura del merito nel sistema scolastico, universitario e nella pubblica amministrazione. Il disegno di legge consiste in una lista di princìpi e criteri che tendono alla liberalizzazione e privatizzazione nei tre settori. Ma la proposta di Gelmini non fa alcuna menzione dell’Anvur (l’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca) che – dopo un iter convoluto durato due anni – è stata di recente approvata anche dalla Corte dei Conti. Conferisce, invece, la delega della valutazione e del monitoraggio del merito all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che – istituzionalmente - non ha nulla a che fare con la pubblica amministrazione. Quindi… tutto da rifare?

La proposta di legge si compone di pochi articoli: definizione del merito e sua valorizzazione nel sistema scolastico e universitario, nella pubblica amministrazione, e nel mercato del lavoro.

Definizione del merito (articolo 1): Ai fini della presente legge, si intende per merito il conseguimento di risultati individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di attività, tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacità possedute. Una definizione statistica che si presta ad interpretazioni di tipo buonista incentrate su cosa si intenda per “tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacità possedute”.

L’articolo 2 tratta del sistema scolastico e di quello universitario. Per ciascun sistema, la valorizzazione del merito riguarda gli studenti, i docenti e le istituzioni. Le “bombe” sono parecchie. Per il sistema scolastico, le più dirompenti riguardano l’abolizione degli avanzamenti di carriera sulla base dell’anzianità di servizio e la progressiva liberalizzazione della professione fino a permettere, per i docenti, contratti integrativi di tipo privatistico.

Per il sistema universitario le indicazioni sono altrettanto provocatorie. Si propone l’abolizione del ruolo dei professori, la chiamata dei docenti da parte delle facoltà universitarie con contratti di tipo privatistico e l’introduzione di verifiche triennali dei risultati di ricerca come base della progressione di carriera. A livello delle istituzioni universitarie, si considera la privatizzazione di tutti gli istituti pubblici di ricerca e la ripartizione dei fondi pubblici alle università sulla base della valutazione certificata da organismi terzi.

L’articolo 3 riguarda la pubblica amministrazione. Anche in questo settore, troviamo l’abolizione di tutti gli automatismi nelle progressioni di carriera, l’introduzione di sistemi di valutazione dei risultati e, per i dirigenti, la chiamata nominale con contratti di tipo privatistico.

Sembra di stare su un altro pianeta.

È opportuno privatizzare scuola e università nei termini delineati dalla proposta di legge di Mariastella Gelmini? E soprattutto, è necessaria la privatizzazione per raggiungere i vantaggi di un sistema meritocratico? Forse sì, ma quando si mette troppa carne al fuoco c’è il pericolo di spegnere la brace. Ad esempio, l’abolizione del ruolo dei professori universitari non è stata attuata in nessuna nazione del mondo. Se, quindi, si prende l’orizzonte internazionale come ambito di confronto per la produttività e l’efficienza del sistema universitario, appare opportuno concentrare gli sforzi sullo sganciamento delle progressioni di carriera dall’anzianità di servizio e sulla valutazione delle istituzioni alle quali sia data piena autonomia e piena responsabilità, inclusa la responsibilità di dichiarare bancarotta.

Occorre ricordare che la valutazione del merito individuale è un’attività difficile, spesso realizzata con valutazioni soggettive anche nei sistemi universitari europei e d’oltre Atlantico. C’è da pensare, dunque, che i vari Tar verranno subissati di ricorsi, con il risultato di rallentare se non addirittura bloccare qualsiasi tentativo di promuovere ed attuare una cultura del merito nella scuola, nell’università e nella pubblica amministrazione. Ma val la pena tentare.

Raramente una proposta di legge di fine legislatura ha avuto una discussione mediatica così diffusa e sostanzialmente positiva. Il nuovo Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, che l’ha firmata, dovrà scegliere con coraggio le iniziative da realizzare. Con i migliori auguri a lei e al sistema universitario.

 


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