|
|
La
sentenza
è chiara: il Tar del Lazio accoglie il ricorso e annulla tutti gli atti
impugnati dal ricorrente (a cui devono rifondersi anche le spese di
giudizio).
Tutto il resto è filosofia (con tutto il rispetto).
Il professore Giorgio Chinnici quella sentenza l’ha aspettata diciotto anni.
Ora lui ha vinto e la sua controparte – quattro docenti, tra cui una
dell’Università di Palermo – hanno sessanta giorni di tempo per ricorrere al
Consiglio di Stato, supposto che vogliano farlo.
La storia. Nel 1989 il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica
bandisce per l’Università di Palermo un concorso a quattro posti di
professore ordinario di “Statistica sociale”.
Chinnici, all’epoca docente associato e autore di diverse pubblicazioni,
presenta domanda. Come lui si candidano a partecipare anche tre associati
non in servizio a Palermo – Pierantonio Bellini, Giuseppe Puggioni e Marisa
Civardi – e una ricercatrice dell’Ateneo palermitano, Vincenza Capursi.
Chinnici viene escluso (“Come me altri miei venticinque colleghi, anche loro
tagliati fuori” precisa il professore alla stampa).
I quattro vincono. Chinnici fa ricorso, chiede l’annullamento del concorso e
l’ottiene. Il Ministero sostituisce due dei componenti della Commissione
giudicatrice e ribandisce il concorso. I quattro vincono ancora. Chinnici
grida allo scandalo, sostiene che della Commissione non due componenti si
sarebbero dovuti sostituire, ma tre, compreso quel prof. Franco Vaccina che
lui nel ’91 aveva denunciato per abuso d’ufficio e che il Gip di Palermo
aveva rinviato a giudizio.
Chinnici di nuovo avanza ricorso e di nuovo il
Tribunale gli dà ragione. “Il ricorso – si legge a pagina 7 della sentenza
del Tar - è meritevole d’accoglimento, dovendosi condividere il motivo di
censura,… con il quale l’istante deduce l’illegittimità della composizione
della Commissione giudicatrice dato che nei confronti di uno dei suoi
componenti, che il ricorrente aveva denunciato all’autorità giudiziaria, era
stata avanzata… una richiesta di rinvio a giudizio al Gip”.
Una bella soddisfazione per il professore palermitano - criminologo,
consulente della Commissione nazionale antimafia e presidente del Consiglio
comunale di Palermo dal ’93 al ’97, nell’era del sindaco Orlando - da tempo
in pensione per nausea da sistema (“Non c’è peggiore ingiustizia di una
giustizia che arriva con ritardo, tant’è vero che sette anni fa ho deciso di
lasciare l’Università” dice oggi il docente), a cui andranno anche – su
decisione del Tar - 2.500 euro di risarcimento per le spese di giudizio,
tutti a carico dell’Amministrazione; per i quattro docenti da retrocedere
(da professori ordinari a professori associati, tranne la ex professoressa
palermitana Capursi, che da professore ordinario tornerà di nuovo semplice
ricercatrice senza il tanto ambito titolo di “prof”) una prevedibile reazione a colpi
di carta bollata.
Uno di loro ha pure azzardato pubbliche precisazioni argomentando intorno
all’interesse del ricorrente strettamente legato al solo risarcimento del
danno e non anche alla ripetizione del concorso: un’interpretazione, questa,
doppiamente personale della sentenza del Tar che – punto primo - non si
limita solo a imporre il risarcimento per le spese di giudizio – questo è
l’aspetto meno significativo della sentenza – ma annulla tutti gli atti
impugnati dal ricorrente (leggasi i provvedimenti di nomina dei vincitori) e
– punto secondo – non fa alcun cenno a una ripetizione del concorso che
dunque, non essendo né nelle nove pagine della sentenza e neanche
nell’interesse del pensionato Chinnici, si trova solo nelle precisazioni a
mezzo stampa di uno dei quattro docenti “impugnati”.
E l'ex-professoressa Capursi? Trinceratasi dietro comprensibili, laconici, nonché
pubblici “no comment”, continua intanto all’Università di Palermo l'attività di docente e responsabile di Ateneo per il progetto CampusOne
e, in qualità di professore ordinario, in giro per l’Italia partecipa a
Commissioni di concorso per sfornare altri professori ordinari che, come
lei, dovranno retrocedere – salvo le italiche sanatorie dell’ultima ora –
perché principio elementare della giurisprudenza vuole che, se un atto è
inficiato nella sua validità, a caduta sono inficiati tutti gli atti che da
esso derivano, come anche il direttore generale dell’Università Antonello Masia ci confermò (se mai ci fosse servita una conferma)
in
una
intervista
rilasciataci in esclusiva per questo giornale (“Se un atto è nullo o
illegittimo, trascina tutto, a caduta…”).
Finirà ancora una volta a tarallucci e vino? Forse. Noi nel frattempo
prepariamo il vino, ai tarallucci pensateci voi.
|
|
argomenti correlati:
Torna al sommario..........
Hai un argomento da proporre? Entra nel forum di Ateneo palermitano e avvia il
dibattito con gli altri navigatori
.............................. entra
Oppure scrivi una e-mail
al Direttore
............................. scrivi
|