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Il popolo
palermitano ha tanti pregi e pochi difetti (premessa indispensabile per
salvare la pelle).
Tra i pochi difetti ce n’è uno, retaggio di antiche supremazie regali: non
ama essere secondo a nessuno. Da qui le secolari rivalità con quello
catanese, che invece ha tanti difetti e pochi pregi (no problem, giochiamo
in casa). Tra questi, quello di essere modesto, leggasi cosciente della sua
supremazia tanto da non doverlo ostentare con nessuno, tanto meno col popolo
palermitano (ora, innanzi tutto, dovremo sedare le risse in famiglia,
notoriamente di sangue misto).
Sicché – per tornare al popolo palermitano – quando ha saputo della
“monnezza” che ha fatto salire agli onori della cronaca nazionale e
internazionale il popolo napoletano, apriti cielo. E’ entrato subito in
crisi. Essere secondo anche a lui? Non sia mai. Anzi, per dimostrare che noi
“possiamo” di più , non solo gliela facciamo vedere, ma gliela serviamo pure
a denominazione di origine controllata: la nostra monnezza istruita è, ha
fatto le scuole dell’obbligo e si è iscritta pure all’Università. Ateneo di
Palermo, naturalmente, zona Facoltà di Agraria (e dove, se no, visto che, in
quanto monnezza, è di interesse ecologico?).
E questo chiamatelo antefatto, se volete (oppure elucubrazioni paranoiche di
derivazione catanese, non ci offendiamo).
Il fatto, invece, ce l’ha raccontato in parole e immagini un nostro lettore,
studente dell’Ateneo, con una e-mail molto istruttiva datata 1 febbraio
2008.
Alla Cittadella Universitaria di viale delle Scienze “centinaia di libri,
tesi di laurea, atti di convegni” quel giorno erano accatastati “l’uno sopra
l’altro”; “alcuni abbandonati sul selciato catramoso, altri inghiottiti dal
ventre dei bidoni della spazzatura”. Dove? Un po’ più in là dell’ingresso
principale, davanti al Dipartimento di Economia, Ingegneria e Tecnologie
agrarie, “a pochi passi dalle affollatissime, in questi giorni più che mai,
segreterie generali”.
Abbandonati in balia dei passanti che, siccome ccà nisciuno è fesso, tanto
per restare a Napoli, hanno raccolto quella manna dal cielo per motivi di
studio (forse), scopiazzamento di tesi (con maggiore probabilità).
Libri usa, getta, e ri-usa grazie alla generosità di chi ha interpretato in questo modo l’usanza tutta americana del "Bookcrossing",
quella “… serie di iniziative volontarie, e completamente gratuite - scrive
il nostro lettore - organizzate a livello mondiale, che legano la passione per la lettura, per i
libri, alla passione per la condivisione delle risorse e dei saperi” e che
consiste nel lasciare i libri “… nell'ambiente naturale, compreso quello
urbano, ‘into the wild’, affinché possano essere ritrovati e quindi letti da
altre persone”.
Chi li ha
gettati nell'immondizia i libri e le tesi del Dipartimento di Agraria?
Perché l'ha fatto?
Il fenomeno del BookCrossing, scrive ancora il nostro lettore, "prevede che il libro debba essere
prima registrato sul sito web: con la registrazione, che si effettua
inserendo i dati principali (autore, titolo ecc..), si ottiene infatti il BCID, il codice identificativo unico. Il BCID viene riportato sul libro
stesso, unitamente ad altre informazioni finalizzate a far capire al futuro
lettore l'iniziativa e le ‘regole del gioco’”.
Avranno gli estimatori del Cassonetto della Cittadella Universitaria
palermitana provveduto a questa piccola incombenza? O piuttosto si sono
preoccupati solo del… riciclo ecologico per liberare scaffali, armadi,
librerie e cassetti da pubblicazioni ritenute evidentemente di non
necessaria archiviazione? E se anche così fosse – cioè se si fosse trattato
di libri, tesi e atti di convegni poco consultati e dunque inutilmente
ingombranti a fronte delle continue e pressanti esigenze di spazio di ogni
biblioteca – davvero si è considerato “ambiente naturale” per tutto quel ben
di dio il cassonetto della spazzatura?
Dubbi, ipotesi e perplessità a parte, vorremmo che qualcuno della Cittadella
Universitaria dell'Ateneo palermitano zona Dipartimento di Economia,
Ingegneria e Tecnologie agrarie, ci
dicesse che cos’è realmente accaduto quel giorno, se in futuro dobbiamo
aspettarci ancora questo BookCrossing casereccio (se non altro per farci
trovare nei pressi coi sacchi della spesa) e come giustificare agli occhi
del mondo questa ennesima storia di (sebbene micro) malauniversità locale.
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