dicembre  2007 numero 72

attualità
Una voce fuori dal coro
Precariato e sanatorie nell’Italietta di ritorno

 

Riproponiamo, autorizzati dall’Autore, l’articolo che Giacinto della Cananea, professore ordinario di Diritto amministrativo alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Napoli “Federico II”, ha pubblicato lo scorso novembre su “LaVoce”.

Il testo offre dei co.co.co. (rapporti di lavoro in forma di collaborazione coordinata e continuativa) una chiave di lettura fuori dal coro che proprio per questo abbiamo deciso di riproporre: una “sfida” intellettuale all’omologazione ad ogni costo.

“Ateneo Palermitano” ringrazia della disponibilità l’Autore e “LaVoce”.
(f. p.)
 

Tutti i rischi della stabilizzazione


Già la Finanziaria per il 2007 comportava una sanatoria per i precari delle pubbliche amministrazioni. Ora quella per il 2008 amplia i termini per le procedure e include i collaboratori coordinati e continuativi. Evidenti le conseguenze negative, non solo per il bilancio dello Stato. Se si vuole davvero migliorare il rendimento delle istituzioni, non basta modificare il sistema elettorale o la Costituzione. E' indispensabile garantire che gli addetti ai pubblici uffici siano scelti in base al merito e alle esigenze delle amministrazioni.
I rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni prevedono consistenti garanzie a favore dei dipendenti. Danno luogo a retribuzioni il cui incremento sopravanza sovente l’incremento delle retribuzioni disponibili nel settore privato. Non sorprende, quindi, che siano in molti ad aspirare a diventare dipendenti pubblici.


Il circolo vizioso delle sanatorie
Per riuscirvi, però, secondo la Costituzione, occorre superare un concorso, il quale di rado è bandito con regolarità ed è espletato tempestivamente. Di qui lo sviluppo dei rapporti di lavoro a termine. Essi hanno un andamento ciclico, ben noto agli studiosi delle pubbliche amministrazioni, per cui la regola del concorso è aggirata dall’instaurazione di rapporti, seguita presto o tardi da una legge di sanatoria. Questa dispone l’avvio delle procedure di stabilizzazione e l’immissione in ruolo, senza concorso o con concorsi riservati. (1)

Altrettanto noti sono gli inconvenienti che ne derivano: la violazione del principio di eguaglianza; l’immissione di personale non selezionato; l’incremento delle spese al di fuori d’una logica di programmazione. Per questi motivi, lasciavano ben sperare gli impegni assunti dal governo nel Documento di programmazione economica e finanziaria. Ma quegli impegni non hanno avuto conferma nel disegno di Legge finanziaria presentato al Senato, nonostante le parole con le quali il ministro dell’Economia e delle finanze ha presentato la manovra di bilancio per il 2007-2010: “si contrastano la proliferazione del precariato e le richieste di successiva stabilizzazione”. (2) La Legge finanziaria prevede, infatti, una nuova sanatoria, per la quale il governo è stato criticato da più parti. (3)


La “stabilizzazione” nel testo approvato dal Senato
Né quelle critiche né i buoni propositi manifestati da alcuni senatori hanno peraltro ottenuto i risultati attesi. Al contrario, il testo approvato dal Senato comporta ulteriori peggioramenti.
In primo luogo, mentre il testo iniziale si limitava a disporre la stabilizzazione del personale in servizio a tempo determinato, per il quale almeno in alcuni casi sono state svolte procedure selettive, il nuovo testo la estende al personale “già utilizzato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (…) presso la stessa amministrazione” (articolo 93, comma 7). Ne sono esclusi soltanto quanti lavorino negli uffici di diretta collaborazione con gli organi politici: ben poco, rispetto alle centinaia di migliaia di precari interessati dalla nuova sanatoria.

Per quanto concerne il personale utilizzato con collaborazioni coordinate e continuative, la stabilizzazione non ha neppure il limite temporale previsto inizialmente. È sufficiente aver espletato attività lavorativa per tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente. Inoltre, è attribuita al governo la facoltà di equiparare a queste categorie altre “tipologie di lavoro flessibile” ed è demandato a un successivo decreto del presidente del Consiglio dei ministri il compito di stabilire “modalità di valutazione da applicare in sede di procedure selettive”, comunque riservate (articolo 93, comma 8). La disposizione è redatta in termini così vaghi da far sorgere il dubbio se sia rispettato l’articolo 97 della Costituzione, il quale esige che sia la legge a stabilire le eccezioni alla regola generale del concorso.

Il richiamo alla regola effettuato dalla disposizione (al comma 5) non è perciò altro che il formale omaggio che il vizio tributa alla virtù. E se il disegno di Legge finanziaria predisposto dal governo disponeva, dietro la parvenza d’una semplice facoltà, una riserva del 20 per cento dei posti nei bandi di concorso per le pubbliche amministrazioni a favore dei cosiddetti precari, il Senato vi ha aggiunto del suo. Ha stabilito, sempre a vantaggio del personale utilizzato con collaborazioni coordinate e continuative, che i bandi possano attribuire un “riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato” presso le pubbliche amministrazioni (articolo 93, comma 18).
Poiché le amministrazioni avrebbero potuto riconoscere l’attività svolta in sede di valutazione dei titoli, nell’esercizio della propria autonomia, l’intento della norma è chiaro: attribuire una priorità.

Insomma, se la Legge finanziaria per il 2007 comportava una nuova sanatoria, quella per il 2008 si spinge ben oltre: ampliando i termini per le procedure di stabilizzazione, ovviamente da svolgersi “sentite le organizzazioni sindacali”, e includendovi il personale utilizzato con collaborazioni coordinate e continuative.
Sono evidenti le conseguenze negative per il sistema del merito, indispensabile per garantire l’eguaglianza, oltre che per i conti pubblici. Sono stati infatti stanziati 20 milioni di euro, in aggiunta ai 5 della Legge finanziaria per il 2007.


I rischi per le riforme
Vi è un ulteriore, duplice, rischio che la Legge finanziaria – se approvata nel testo attuale – comporta. Riguarda le politiche di riforma già avviate e quelle da avviare.
Da un lato, la riforma del pubblico impiego intrapresa nel 1993 con i governi Amato e Ciampi consente alle pubbliche amministrazioni di avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego previste dalle norme che disciplinano le imprese. Dunque, le sanatorie costituiscono altrettante deviazioni rispetto a quel modello.
Dall’altro lato, le analisi comparate dei costi e dei rendimenti delle istituzioni pubbliche all’interno dell’Ocse dimostrano che in Italia, sebbene molto si sia fatto con le riforme amministrative effettuate nell’ultimo decennio del XX secolo, molto resta ancora da fare. Per quanti sforzi si possano fare per migliorare le regole vigenti, una massiccia immissione in ruolo di dipendenti non selezionati rischia di frustrarne gli esiti. Non a caso, la Legge finanziaria per il 1994, che perseguiva un ambizioso disegno di riforma, vietava l’assunzione dei dipendenti precari.

Se, quindi, si vuole davvero migliorare il rendimento delle istituzioni pubbliche, non basta modificare il sistema elettorale o la Costituzione. È indispensabile garantire che gli addetti ai pubblici uffici siano scelti in base al merito e in funzione delle esigenze delle amministrazioni.


Giacinto della Cananea
(tratto dal sito www.lavoce.info)



(1) S. Cassese, Le basi del diritto amministrativo, Milano, Garzanti, 2000, 6° ed., p. 270
(2) Senato della Repubblica, Intervento del ministro dell’Economia e delle finanze Tommaso Padoa-Schioppa, Roma, 3 ottobre 2007, p. 10
(3) N. Rossi, “Il governo assume i precari e licenzia lo Stato di diritto”, Il Corriere della sera, 5 novembre 2007; G. della Cananea, “Una scelta nemica del merito e dei conti”, Il Sole-24 Ore, 11 novembre 2007.

 


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