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Bari,
Messina, Chieti, Roma, Bologna. La malauniversità si diffonde sul territorio
e allarga i suoi confini d’interesse: dall’ambito dei concorsi per docenti
(il più battuto) a quello dei test d’ammissione alle Facoltà a numero
programmato, Medicina in primis. Tema vecchio, per la verità, che si
ripropone ogni anno un po’ qua e un po’ là, ma che ora è esploso da Nord a
Sud dello Stivale, Isole comprese, nella sua contemporanea gravità.
Ed è accaduto di tutto: buste aperte prima dell’esame; genitori iscritti ai
test per aiutare i figli candidati a svolgere le prove; ottomila euro per
frequentare corsi di preparazione con garanzia di "assistenza" durante la
prova, che poi sarebbero dovuti lievitare a trentamila nel caso di successo,
cioè di test superato. E questo soltanto per entrare, cioè per diventare
studenti.
Da studenti però – le cronache ne sono piene – la storia non cambia: esami
in cambio di prestazioni sessuali al docente di turno, curricula di studi
falsificati in cambio di bustarelle all’amministrativo connivente, mazzette
allungate al bidello inserito nel giro del mercato delle tesi di laurea per
l’acquisto di dissertazioni finali preconfezionate e pronte all’uso.
Una vergogna
(ma verrebbe da dire uno schifo) tipicamente italiana che fa venire voglia
di chiudere, senza mezze misure e senza pietà, tutti gli Atenei nostrani. E
pazienza se ad andarci di mezzo potrebbe essere quell’unico – sempre che
almeno uno ci sia – veramente pulito.
Liberare gli Atenei da corrotti e corruttori, d’altra parte, è l’impegno del
ministro del Mur Fabio Mussi, che a un incontro con l’Alto Commissario
contro la corruzione nella Pubblica Amministrazione Achille Serra ha chiesto
collaborazione “per colpire duramente i responsabili”, ma anche per
“identificare le dimensioni esatte del fenomeno”. “Bisogna colpire chi ha
comprato e venduto” – ha detto Mussi – “ma tendere la mano a chi si è
impegnato e comportato correttamente”.
Al di là della dichiarazione d’intenti del ministro, ormai è chiaro: le
Università italiane sono tutte da reinventare. Secondo gli esempi che vi
piacciono di più – americano, inglese, australiano, persino thailandese
(già, com’è l’Università in Oriente?) – non importa, tanto ci vuole poco a
creare un’Università migliore di quella italiana: basta che non sia quella
italiana.
Intanto da Nord a Sud la Guardia di Finanza, dopo una serie di
intercettazioni con rilevatori di ultima generazione, sta effettuando
perquisizioni e sequestri e pare stiano già cominciando a fioccare diversi
avvisi di garanzia, ma sui nomi è top secret.
Quanto a Messina (ma anche a Palermo, con un’unica diretta concorrente oltre
lo Stretto: Bari), pare che lì siano concentrati i migliori cervelli
nazionali e che tutti quanti questi cervelli abbiano concorso per entrare a
Medicina. Almeno stando ai punteggi riportati dai candidati e pubblicati sul
sito del Mur.
La media dei punteggi dei primi dieci classificati colloca infatti a
sorpresa Messina, con il risultato di 71,18, al top. Fra l'Ateneo siciliano
e Università italiane di gran lunga più prestigiose come la Bicocca di
Milano che ha quasi 10 punti di distacco, c’è lo spazio di un oceano. Per
non parlare di Atenei più piccoli, dove il dato diventa paradossale: la
media degli studenti di Sassari, per esempio, è quasi di 20 punti inferiore
a quella di Messina. Differenza che si attesta sui 15 punti per l'Università
di Salerno e sui 14 per quella di Ferrara.
Dunque i primi 80 classificati nella città dello Stretto sono più bravi del
primo classificato a Sassari e il primo della Bicocca di Milano a Messina si
sarebbe piazzato al 32° posto.
Ma è il numero complessivo di coloro che sono riusciti a superare la
barriera dei 70 punti l'indicatore che dà un’idea più chiara di quanto i
candidati messinesi abbiano sacrificato sui libri la loro estate pur di
presentarsi superpreparati all'appuntamento con i test di ammissione: su
oltre 42 mila candidati, sono stati solo 18 i ragazzi che hanno riportato un
punteggio superiore o uguale a 70 punti. Indovinate un po’ la maggior parte
di dov’era? Di Messina (9) e di Bari (4). Un solo candidato-genio a Napoli,
Foggia, Reggio Emilia, Pavia e Udine. Nessuno in tutte le altre Università
italiane.
“Quando ci sono delle anomalie statistiche – ha dichiarato il ministro
dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi, riferendosi al caso-Medicina
di Messina - bisogna capire il perché''.
Intanto, geni o deficienti, le giovani leve di Messina cominciano a tremare…
in data retroattiva. La Guardia di Finanza ha infatti sequestrato tutta la
documentazione dei test di ammissione a Medicina del 2005 a seguito della
denuncia per irregolarità di un candidato escluso.
A cavalcare l’onda di quest’ultimo scandalo di malauniversità è nel
frattempo tornato chi - contrario al numero programmato – ne denuncia il
sistema, che giudica fallimentare e datato, dimenticando però
- non entrando nel merito delle argomentazioni – che la pericolosità di uno
strumento non sta nello strumento, ma nel modo in cui si usa.
Un esempio? Il martello, con cui si può appendere un quadro o spaccare la
testa a un avversario. Un altro esempio? L’autonomia delle Università.
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