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Avrete notato che sull’home page di “Ateneo Palermitano” dallo scorso numero
ci sono due nuovi banner a rotazione: sono il risultato di una scelta di
principio, prima di tutto, oltre che di qualità.
Teniamo a precisarlo perché l’inserimento di ciascuno di quei banner che
continuamente si succedono sulla nostra copertina elettronica ha motivazioni
che vanno ben al di là delle operazioni “di mercato” che impongono una
scelta piuttosto che un’altra.
I nuovi banner -
“Rinnovare le Istituzioni” e
“Il senso della misura”
-
richiamano due siti “di rottura”, diciamo così. Dell’uno e dell’altro
condividiamo le battaglie, che sono prima di tutto battaglie di legalità.
Il
primo in un ambito più generale, essendo il sito di un prefetto della
Repubblica, che ha sentito l’esigenza di scendere in prima persona nell’
“agone informatico” per scrivere non tanto di ciò che va – per quello
sarebbe bastato il sito ufficiale dell’Istituzione che rappresenta – ma di
quello che non va e che sarebbe corretto che andasse per far girare questo
Paese nel verso in cui dovrebbe girare. Parla anche di Università, il
prefetto di Padova Paolo Padoin (l’intervista in apertura di questo numero)
e nel farlo ha scelto anche di inserire un link a questo giornale. Ma non è
per ricambiargli la cortesia che noi abbiamo deciso di dedicare al suo sito
un banner (anche, però, come usa ormai al tempo di Internet), quanto per
dirgli grazie nel modo a noi più congeniale: ma un grazie collettivo, non
privato. Un grazie a nome di tutti quegli italiani puliti – e sono tanti –
che quotidianamente subiscono i soprusi del potere e che si sentono soli, e
non in grado di combatterli. Un grazie per dimostrare che le Istituzioni
sono fatte di uomini (anche le Università…) e gli uomini, vivaddio, non sono
tutti uguali e soprattutto non sono inamovibili: vengono (per fortuna, com’
è il caso del prefetto di Padova), ma possono anche andare, se stanno
rovinando l’Italia. Non lo faranno spontaneamente, tutt’altro: sono talmente
radicati alle loro poltrone che occorrerà una bella spinta per farli cadere.
Ma cadono, questo è certo, come le statue dei dittatori all’arrivo della
democrazia (atto violento di incivile intolleranza che non condividiamo,
certo, ma che, come esempio, cade a pennello). Bisogna solo avere il fegato
di spingerli giù.
L’altro banner – rosso come solo la passione civile sa essere – conduce al
blog “Il senso della misura” di Giovanni Grasso, un professore di Anatomia
umana dell’Università di Siena. Non l’abbiamo mai né
visto né sentito, Giovanni Grasso. Ma la forza della rete nel mettere insieme pensieri, idee,
iniziative di teste che “si assomigliano” è davvero incredibile. Grasso, dei
docenti italiani, sta dalla parte di chi rompe. Fortunatamente. Perché – ci
perdoni se gli rubiamo il termine - nel mondo accademico italiano la
“misura” della verità di chi si batte per affermarla sta nel grado di
“disturbo” che egli con le sue azioni, parole, scritti, riesce a indurre
nella “controparte”. Insomma, più rompi e più vuol dire che stai dicendo la
verità. Più rompi e più ti risponderanno con l’indifferenza: una scelta di
campo unanimamente condivisa, finalizzata ad accelerare il silenzio su tanta
“malastoria” accademica di impossibile giustificazione.
Anche a Giovanni Grasso il nostro grazie per “averci” linkato sull’home page del suo
blog.
Se si alimentasse, questa rete di scambio all’interno della grande rete
elettronica, vi potrebbero restare impigliati anche i pescecani, quelli che
nuotano ancora liberi nelle acque inquinate della corruzione italiana.
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