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Si chiameranno “aggregati” e
costituiranno la terza realtà dell’Accademia italiana dopo gli ordinari e
gli associati. Sono l’esercito di ricercatori – età media 44 anni - che da
anni vengono utilizzati e sottopagati nelle Università e che sebbene non
siano riconosciuti docenti, come loro svolgono corsi, lezioni ed esami e di
fatto tengono in piedi gli Atenei, da Nord a Sud.
Per il momento però si tratterà solo di un cambiamento di status senza
copertura finanziaria.
Il disegno di legge sarà approvato in Consiglio dei ministri nei prossimi
giorni.
Il passaggio a docenti aggregati però non sarà automatico. «Ci saranno delle
procedure di valutazione – ha spiegato il ministro Mussi - che comporteranno
non solo automatismi, ma anche verifiche».
In particolare, il Ddl stabilisce che chi potrà vantare lunghi anni di
docenza precaria verrà incluso automaticamente nella nuova fascia prevista,
mentre tutti gli altri casi saranno valutati dalle singole Università di
riferimento.
Il sottosegretario all’Università Luciano Modica ha sottolineato che “non si
tratterà di una sanatoria, ma del riconoscimento di una situazione di fatto,
visto che da venticinque anni oltre il 90% dei ricercatori ha tenuto in
piedi l’Università facendo ricerca e insegnando allo stesso tempo”.
Il testo di legge conterrà anche disposizioni in merito agli assegni di
ricerca che, contrariamente a quanto accade per il momento, non potranno
essere attribuiti anche ai neolaureati, ma solo ai dottori di ricerca: “una
misura – ha detto Modica – che rientra nel cosiddetto ‘pacchetto-serietà’
voluto dal ministro Mussi”.
Previsti anche dal Ddl di prossima approvazione assegni aggiuntivi di merito
per gli studiosi più brillanti, attribuiti direttamente dal Mur mediante
valutazione nazionale.
Il dottore di ricerca avrà anche l’opportunità di scegliere – e questa è
un’altra novità del Ddl – la sede di ricerca che riterrà più adeguata al suo
progetto scientifico.
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