marzo 2007 numero 63

attualità
Le donne negli Atenei italiani? Sempre di più, ma ai posti
di comando sono ancora mosche bianche
Due sole alla Crui: la presenza femminile negli Atenei italiani è inversamente proporzionale all'importanza delle cariche
 

di  f. p.

nella foto: Femministe in corteo

"Donna è bello" scandivano le femministe sessantottine (quelle che l'8 marzo non festeggiano, ancora se lo ricordano).
Negli Atenei italiani, a quanto pare, condividono. In otto anni la loro presenza tra i docenti accademici, infatti, è quasi raddoppiata: lo dice uno studio del Sole 24 Ore. Nel 1998 gli uomini "in cattedra" erano 35.990, le donne 13.957 (il 27,9% del totale). A giugno dell'anno scorso gli uomini hanno raggiunto quota 41.341, le donne 19.833 (il 32,4% del totale). "Considerando - scrive il Sole - che la crescita totale del personale docente nel periodo è stata pari al 22,5%, la presenza femminile è cresciuta di oltre il 40%, mentre quella maschile di circa il 15%".
Una crescita che ha evidenziato un altro dato, che sfata un luogo comune: le donne tendono più verso le discipline scientifiche, in particolare verso le Scienze chimiche, mediche, veterinarie e agrarie, e verso le materie economiche e statistiche.

Altro dato messo in evidenza dallo studio è che è ancora contenuta la presenza femminile tra gli ordinari, mentre il maggiore accrescimento
si ha tra gli associati e i ricercatori, come ufficializzato anche dal rapporto Civr dell'ottobre 2006.

Dunque le donne docenti nelle Università italiane ci sono e sono in aumento, ma sono ancora lontane dai posti di potere, quelli degli ordinari, occupati (e tenuti ben stretti) quasi sempre dagli esponenti del sesso maschile.

La discriminazione, d'altra parte, è evidente, all'interno delle strutture accademiche, anche nei posti di responsabilità, come quelli di manager e direttori amministrativi, presidi di Facoltà e rettori.
In quest'ultimo caso, per esempio, non si può non notare quanto poco sia cambiato, in fatto di razzismo sessuale, nel mondo accademico italiano, dove appunto esiste ancora una Crui, la Conferenza dei rettori delle Università italiane, in cui su settantasette membri solo due sono donne.
Due soli rettori donne in Italia, dunque, ovvero il 2,6%, contro, per esempio, il 25% francese.

Parità condizionata, verrebbe da dire, un po' come la libertà.
Lontane da un vero, completo e definitivo "riscatto", le donne delle Università italiane hanno molto ancora da fare per l'affermazione in ambito professionale della loro identità sessuale in un mondo al maschile e maschilista, per usare ancora una volta il linguaggio delle femministe di quarant'anni fa.


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