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"Donna è bello" scandivano le femministe sessantottine (quelle che l'8 marzo
non festeggiano, ancora se lo ricordano).
Negli Atenei italiani, a quanto pare, condividono. In otto anni la loro
presenza tra i docenti accademici, infatti, è quasi raddoppiata: lo dice uno
studio del Sole 24 Ore. Nel 1998 gli uomini "in cattedra" erano 35.990, le
donne 13.957 (il 27,9% del totale). A giugno dell'anno scorso gli uomini
hanno raggiunto quota 41.341, le donne 19.833 (il 32,4% del totale).
"Considerando - scrive il Sole - che la crescita totale del personale
docente nel periodo è stata pari al 22,5%, la presenza femminile è cresciuta
di oltre il 40%, mentre quella maschile di circa il 15%".
Una crescita che ha evidenziato un altro dato, che sfata un luogo comune: le
donne tendono più verso le discipline scientifiche, in particolare verso le
Scienze chimiche, mediche, veterinarie e agrarie, e verso le materie
economiche e statistiche.
Altro dato messo in evidenza dallo studio è che è ancora contenuta la
presenza femminile tra gli ordinari, mentre il maggiore accrescimento
si ha tra gli associati e i ricercatori, come ufficializzato anche dal
rapporto Civr dell'ottobre 2006.
Dunque le donne docenti nelle Università italiane ci sono e sono in aumento,
ma sono ancora lontane dai posti di potere, quelli degli ordinari,
occupati (e tenuti ben stretti) quasi sempre dagli esponenti del sesso
maschile.
La discriminazione, d'altra parte, è evidente, all'interno delle strutture
accademiche, anche nei posti di responsabilità, come quelli di
manager e direttori amministrativi, presidi di Facoltà e rettori.
In quest'ultimo caso, per esempio, non si può non notare quanto poco sia
cambiato, in fatto di razzismo sessuale, nel mondo accademico italiano,
dove appunto esiste ancora una Crui, la Conferenza dei rettori delle
Università italiane, in cui su settantasette membri solo due sono donne.
Due soli rettori donne in Italia, dunque, ovvero il 2,6%, contro, per
esempio, il 25% francese.
Parità condizionata, verrebbe da dire, un po' come la libertà.
Lontane da un vero, completo e definitivo "riscatto", le donne delle
Università italiane hanno molto ancora da fare per l'affermazione in
ambito professionale della loro identità sessuale in un mondo al maschile e
maschilista, per usare ancora una volta il linguaggio delle
femministe di quarant'anni fa. |
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