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Prologo: La crisi di governo che si è aperta in questi giorni con le dimissioni del presidente del consiglio Romano Prodi mette tutto in discussione (forse),
ministro Mussi e Anvur compresi.
L’articolo che segue è stato scritto nei giorni precedenti la crisi. Ve lo proponiamo ugualmente, perché non ci va di seguire i balletti politici che
tanto amano i nostri governatori: non è una notizia vecchia, ma la prova inconfutabile che ci troviamo in territorio italiano.
E poi febbraio è il mese del carnevale...
Accountability, rendicontabilità: questa sarà tra pochi mesi la parola magica che, almeno nelle intenzioni del ministro Mussi, restituirà decoro
all'Università italiana sottoforma di qualità, immagine e credibilità.
Sarà attiva infatti dal primo luglio di quest'anno l'Anvur, l'Agenzia di valutazione dell'Università e della Ricerca, a cui il Ministero affiderà
l'"ingrato" compito di dare i voti agli Atenei italiani per ripartire le risorse economiche secondo criteri finalmente meritocratici. Chi avrà buoni
voti in pagella - in termini di docenti migliori, rendimento e qualità dei propri laureati - andrà avanti, tutti gli altri ciccia.
Con queste premesse le polemiche erano scontate: non è una novità, infatti, che il mondo accademico nazionale sia fortemente restìo a essere valutato.
Prova ne è il terremoto scatenatosi esattamente un anno fa, all'epoca del
rapporto Civr, un dossier sulla qualità che "osò" classificare gli Atenei per aree disciplinari attraverso i loro "prodotti", partendo dai migliori - ai primi
posti in classifica - fino ad arrivare ai peggiori, quasi sempre gli Atenei siciliani,
fanalini di coda della qualità nazionale.
Nel vocabolario accademico, parole come controllo e verifica non sono mai esistite, ora è bene che ogni Ateneo si affretti ad aggiungerle. Per parlare
la stessa lingua del Ministero, o in qualche caso per capire di che morte dovrà morire. Perché l'Agenzia coi superpoteri, costituita su regole dettate
dall'Enqa, l'European National Quality Assurance, dovrà fare sul serio, se vorrà salvare il salvabile dell'Università italiana.
La rendicontabilità rispetto al loro operato - aveva scritto sul "Riformista" lo scorso settembre il sottosegretario al Mur Luciano Modica - è
per le Università "una esigenza avvertita, diffusa e concreta, che merita risposte adeguate". Risposte che per la verità, tra i Paesi sviluppati,
mancano solo in Italia, dove gli avanzamenti stipendiali avvengono per anzianità, la produzione scientifica dei docenti non viene mai accertata
e le attività di ricerca spesso esistono solo sulla carta.
Riuscirà l'Anvur a centrare gli obiettivi che il ministro Mussi e lo stesso sottosegretario Modica - che l'ha fortemente voluta e "sponsorizzata"
anche attraverso la stampa - si sono messi in testa di raggiungere in nome
di una Istituzione Accademica veramente rinnovata? Oppure siamo di fronte alla solita comica all'italiana, come quella dei tornelli allo stadio
San Siro, assenti per decenni e poi "edificati" in una sola notte - ma senza i necessari collegamenti per renderli veramente funzionanti - solo per
gettare fumo negli occhi alle nuove leggi restrittive in materia di sicurezza negli stadi?
Al di là delle buone leggi, quello che manca in Italia è la garanzia della loro corretta osservanza e la certezza della punizione nel caso in cui
l'osservanza dovesse venire meno. E questo in ogni ambito della vita sociale.
Tornando all'Anvur, ci vorrà del tempo prima di poter dire se è stata davvero un'idea vincente; le premesse però - secondo i suoi oppositori - non
ci sono.
Argomento di disaccordo è la mancanza, nonostante il carattere di terzietà, di una sua vera autonomia rispetto al Governo che si appresta a costituirla.
Ma ce n'è un altro, di nodo da sciogliere, che sta prendendo alla gola e strozzando la paciosa tranquillità dei prof universitari italiani: il suo
potere di valutazione, che riguarderà non più le strutture o le aree disciplinari nel loro complesso, ma i singoli docenti. A difesa delle
proprie opinioni, l'Andu - l'Associazione nazionale docenti universitari che ha sollevato
il problema - si aggrappa al sistema di valutazione adottato in Gran Bretagna. Lì - sottolinea - la valutazione è di settore e non riguarda le
prestazioni dei singoli docenti, come sta scritto su uno stralcio del numero di maggio 2003 di "Review of research assessment. Report by Sir
Gareth Roberts to the UK funding bodies", che l'Andu si è affrettata a diffondere per documentare la propria asserzione ("...Research assessment
should remain an assessment of institutional research quality within a subject area, rather than a review of the performance of individuals").
L'Anvur - secondo le intenzioni del Ministero - sostituirà sia il Cvnsu, sia il Civr, ovvero, sia il Comitato per la valutazione universitaria
(che per la verità aveva fatto ben poco per portare a termine la sua mission), sia quel Comitato per la valutazione della ricerca responsabile
del dossier sulla qualità di cui abbiamo già detto sopra. Dossier per il quale, tutto compreso, il Ministero aveva speso ben tre milioni e mezzo
di euro e che con l'istituzione dell'Anvur e delle sue nuove regole rischia oggi di non essere utilizzato.
Nell'attesa che la nuova Agenzia di valutazione diventi effettivamente operativa, c'è chi suggerisce di mettere a frutto i risultati del Civr
assegnando i fondi di ricerca a quelle strutture accademiche che si sono
classificate ai primi posti nelle tabelle della qualità. Ciò eviterebbe che
tutto il lavoro realizzato dai
panel
messi sù dal Civr per l'operazione-eccellenza venga vanificato dalle nuove regole. Un'idea per niente malvagia anche alla luce della modesta
dotazione complessiva stabilita in Finanziaria per la nascente Anvur: 5 milioni di euro. |
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