settembre 2006 numero 57

attualità
Caso Eboli: la risoluzione della Direzione Generale dell'Università
Dar corso alla sentenza esecutiva? Piuttosto riconvoco la Commissione invalidata...

di  Francesca Patanè

nella foto: il direttore generale dell'Università Antonello Masia

Riepiloghiamo subito, così entrate in sintonia senza perdite di tempo inutili.

Mariella Eboli, di cui ci siamo occupati sullo scorso numero di giugno,  a seguito dell'incomprensibile esclusione dagli orali in un concorso nazionale per professore di seconda fascia nel settore scientifico disciplinare di Economia ed Estimo rurale che, titoli alla mano, avrebbe potuto tranquillamente vincere, chiede e ottiene dal Consiglio di Stato l'annullamento di quel concorso.
Ma l'applicazione della sentenza dalla Direzione Generale dell'Università - l'Organo ministeriale preposto a questo compito - incredibilmente tarda ad arrivare.
Non è la prima volta. Nonostante le sentenze siano esecutive, quando si entra nel campo minato dei concorsi e soprattutto in presenza di sentenze di annullamento, il Ministero da quell'orecchio non ci sente più. Anche se le sentenze sono firmate da fior di Organismi come Tar, Corte d'Appello, Corte di Cassazione o, come in questo caso, Consiglio di Stato.

Il silenzio della Direzione Generale dell'Università, sorda nei confronti della sentenza che dà ragione alla Eboli tanto quanto il Mur, ci ha indotto sul numero di giugno a sollecitare quello che in ogni Paese che funziona tutti si sarebbero aspettati che accadesse, e cioè che il suo direttore Antonello Masia facesse il lavoro per il quale è pagato: applicare, nel caso Eboli, il dettato della sentenza - esecutiva, ribadiamo - del Consiglio di Stato.

E invece no. Perché in quest'Italia la Sicilia è a nord e se dalle Alpi prendiamo un traghetto ci ritroviamo dritti dritti a Lampedusa.
Perciò Antonello Masia scrive ai vecchi e decaduti membri della Commissione invalidata - gli stessi, per intenderci che hanno rispedito a casa la Eboli con armi bagagli e titoli stoppandola agli orali - e li invita "a concordare una data di riunione per lo svolgimento delle prove della candidata...".

Non solo. Ma non tiene nemmeno conto di quanto sulla sentenza è chiaro come il sole: l'invalidazione di tutti gli atti emanati da una Commissione invalidata. Che è come dire: tutti i 36 vincitori, 24 dei quali diventati intanto pure ordinari, devono tornare candidati e rifare di nuovo gli esami.
Tarallucci e vino, come dicono i polentoni di Napoli.

Ma - ci faccia sapere, dottor Masia - come dobbiamo chiamarli, noi e i loro allievi, quegli ordinari decaduti in attesa (così almeno dovrebbe essere) di nuovo giudizio? Professori fino a prova contraria?
E a proposito della dottoressa Maria Giuseppina Eboli, lei crede davvero che sia un buona premessa a un esame trasparente ristabilire le stesse condizioni che hanno dato origine all'intera vicenda? Ricostituire, cioè, la Commissione che dovrebbe esaminarla richiamando gli stessi membri della Commissione invalidata dal Consiglio di Stato per atteggiamento sfavorevole nei confronti della candidata?
La pecora al lupo, dottor Masia, le sembra possibile?

Lasci Esopo agli studiosi di favolistica greca, Signor direttore generale dell'Università italiana, e rispedisca con una botta di fegato i 36 "idonei" di quel concorso al giudizio di una nuova Commissione (nuova, non riciclata): mostri alla Nazione in attesa, di sapere che cosa significa "sentenza esecutiva".

Per rimediare a un'ingiustizia e per somministrare ossigeno a un'Istituzione in coma.


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