marzo 2006 numero 51

scienza e tecnica
Medioevo prossimo venturo: come evitarlo
Dalla geotermia la nuova fonte energetica dell’Italia? Sì, secondo il giudizio
dello scienziato di cui abbiamo raccolto il parere in quest’articolo

di  Eliodoro Pomar

nella foto: L'Etna in eruzione, possibile fonte di energia alternativa 

So che questo titolo non è nuovo, eppure mi sembra così efficace per sintetizzare quello che dirò che non so resistere alla tentazione di usarlo.
Vorrei infatti analizzare da un punto di vista un po’ insolito il fenomeno della crescita dell’umanità, in relazione all’utilizzazione delle risorse che la scienza e la tecnica hanno via via posto a sua disposizione, evidenziando alcune ragioni di non immediata percezione che hanno condotto al suo sviluppo.
Ciò allo scopo di chiarire quale dovrebbe essere la via da seguire per evitare involuzioni altrimenti inevitabili.

La comparsa dell’uomo sulla terra non ebbe, al principio, risultati molto diversi dalla comparsa delle altre specie animali che lo hanno preceduto: fu la scoperta del controllo sul fuoco, infatti, ad introdurre la prima vera e profonda differenza fra l’uomo e le scimmie antropomorfe.
Tale controllo riuscì a radunare, intorno a quello che si chiamò poi appunto “il focolare”, prima la famiglia, poi la tribù. A ben guardare le cose, il fuoco non aveva fatto altro che permettere la concentrazione e lo sconfinamento in un luogo ben definito dell’energia calorica dispersa dal sole su una piccola parte della superficie terrestre che una pianta aveva nel tempo accumulato nella struttura del proprio tronco.
Insisto su questo aspetto del fenomeno perché, a mio modo di vedere, proprio sulla concentrazione dell’energia trasmessaci dal sole si è fondato sinora essenzialmente il successo della nostra civiltà.

Di fatto, le condizioni di vita dell’uomo e la sua moltiplicazione sulla terra non cambiarono di molto sino a quando non si scopersero da una parte le macchine capaci di convertire l’energia del calore in lavoro meccanico e dall’altra i combustibili fossili, formatisi nelle trascorse ere geologiche a causa del calore del sole, capaci di fornire grande quantità di energia concentrata in piccoli volumi.
Così la legna cedette a mano a mano il suo ruolo prima al carbone e poi al petrolio. Anche il vento, causato dalle variazioni di temperatura dell’atmosfera ed usato come elemento motore per l’energia cinetica (cioè di velocità) in esso contenuta, prezioso per la sua qualità di essere presente in ogni parte del mondo senza che l’energia potenziale presente in esso dovesse essere trasportata a bordo del mezzo mobile, venne a poco a poco sostituito dai combustibili fossili, facilmente trasportabili e meglio utilizzabili, indipendentemente dalle condizioni ambientali contingenti.

In definitiva è quindi alla concentrazione dell’energia potenziale nel combustibile fossile che è riconducibile il successo tecnico ed economico del suo impiego che ha reso possibile il sostanziale miglioramento delle condizioni di vita e la estrema mobilità dell’uomo sulla terra.
Con buona pace dei tecnici dell’informazione, infatti, è a queste due caratteristiche, condizioni di vita e mobilità, che si riduce essenzialmente il progresso.

Per averne una riprova pensiamo ad un mondo privo dei combustibili fossili.
Niente più macchine agricole, niente più automobili, niente più aeroplani, niente più riscaldamento, niente più elettricità, niente più produzione di macchine di qualsiasi tipo né per uso domestico, né per uso sociale.
Sono le condizioni nelle quali si viveva nel 1700, appena tre secoli fa, solo che allora la popolazione del mondo si contava per centinaia di milioni, oggi per miliardi.

Come potrebbe la terra nelle condizioni di vita di allora continuare ad alimentare la popolazione attuale?
Ebbene, noi sappiamo per esperienza recente che il nostro sistema di approvvigionamento dell’energia è, di fatto, estremamente fragile.
Anche se è doveroso riconoscere che l’attuale governo sta facendo ogni sforzo per differenziare le nostre fonti di approvvigionamento di idrocarburi, l’unica energia che sia direttamente sotto il nostro controllo è quella dei nostri bacini idrici (circa il 15% delle nostre necessità) il cui uso deve però tener conto delle necessità dell’agricoltura e di quelle dell’alimentazione.
E’ quindi possibile ed anzi statisticamente probabile che un concorso di circostanze sfavorevoli, sempre imprevedibile ma ancor di più nell’agitato mondo in cui viviamo, possa gettarci improvvisamente in una difficoltà che potrebbe degenerare rapidamente in una grande tragedia nazionale.
Ove si verificasse un fatto del genere e le circostanze non permettessero di arginarne rapidamente le conseguenze, la sopravvivenza di ognuno diventerebbe la sola legge e la situazione diventerebbe rapidamente ingovernabile.

In una prospettiva più ampia non è da escludere che per i combustibili possano scoppiare guerre che conducano l’umanità al suo definitivo annientamento.
Sembra uno scenario apocalittico ed improbabile, oggi, e invece è assolutamente certo che esso si verificherà, prima o poi, ma non troppo in là nel tempo, se non prenderemo, fin da domani i provvedimenti necessari, augurandoci di essere ancora in tempo per farlo.
Poiché, in realtà, siamo già in grave ritardo.

Se prima della rivoluzione industriale il combustibile era la legna, oggi l’omologo la chiamiamo “biomassa”; se prima c’era il vento, oggi c’è al suo posto “l’energia eolica”, di nuovo c’è solo l’energia fotovoltaica che è un’energia fortemente dispersa, che costa dieci volte di più dell’energia fornitaci dai combustibili fossili e che, per alimentare in elettricità un solo palazzo delle nostre sterminate città ci costringerebbe a coprire di silicio monocristallino un intero campo di calcio (sempre, naturalmente, che brilli il sole!).

Certo ci sono previsioni di scoperta di nuovi giacimenti di petrolio e di gas, ma ci sono pure i consumi cinesi e indiani che crescono in maniera esponenziale e che in analoga misura faranno lievitare i prezzi dell’energia prodotta.
E dove prendere i soldi per alimentare questa corsa senza fine e fino a quando potremo reggere il confronto?

Senza addentrarci in inutili analisi circa la probabile utilizzazione di tutte le altre energie alternative possibili (geotermica, maree, fotosintesi, ecc.) sulle quali tuttavia è necessario continuare a studiare sperando in un fortunato risultato a sorpresa, una sola è la fonte di energia ad alta concentrazione che ci può consentire di evitare il brusco arresto dello sviluppo della nostra civiltà: l’energia atomica.

Che essa ci piaccia o no, la fissione nucleare rappresenta attualmente l’energia più concentrata che conosciamo e l’unica che non dipenda dal sole.
Non siamo più in condizioni di dissertare sul sesso degli angeli e dei rischi più o meno ipotetici che potrebbe correre la salute futura del genere umano, perché l’alternativa è molto probabilmente la pura e semplice scomparsa del genere umano dalla faccia della terra.

Il problema delle scorie è risolvibile, sempre che esso venga esaminato per quello che è realmente spogliandolo di quella aureola di morboso timore che è stata costruita attorno ad esso ed accettando condizioni di rischio perfettamente comparabili con quelle connesse all’esercizio di tutte le altre attività umane.
La scienza del resto può ormai minimizzare ulteriormente questo rischio efficacemente e abbastanza rapidamente. In fondo possiamo darle fiducia poiché possiamo ben dire, guardandoci intorno che, grazie alle sue conquiste, mai nei secoli passati l’umanità ha goduto di una longevità e di una qualità di vita comparabile a quella della quale godono oggi i popoli che possono utilizzare appieno le sue scoperte.
Bisogna che tutti torniamo a pensare alla vita in termini più sani di quelli che sono accettati oggi dalla maggioranza della gente e che il livello sempre più alto del benessere del quale godiamo possiamo ottenerlo e mantenerlo solo accettando di fare credito al progresso della conoscenza per contrastare i rischi connessi.
Nel fare gli investimenti relativi allo sviluppo sarà necessario d’ora in avanti tenere ben presente che le fonti fossili delle quali potremo disporre si vanno esaurendo con una tale rapidità che non converrà creare nuove centrali funzionanti a combustione. Tali centrali, infatti, correrebbero il rischio di non essere ammortizzabili prima che giunga il momento in cui non sia più conveniente l’acquisto dei combustibili per i quali tali centrali sono state progettate e non sarà facile determinare per tempo tale limite.

Tuttavia non è l’energia ricavabile dalla fissione nucleare quella che risolverà il problema dell’energia sul nostro pianeta. Se l’energia prodotta dal sole ci arriva come energia dispersa sull’intera superficie terrestre, altra cosa sarebbe poter disporre qui sulla terra dell’energia originata dalle reazioni di fusione atomica che si verificano sul sole.
E’ noto infatti che la fusione dei nuclei leggeri fra loro è fonte di enormi quantità di energia e che tale processo non produce scorie radioattive ed è quindi esente dai problemi originati dalla presenza di esse.
Ma accendere una scintilla del fuoco che brucia nella fotosfera del sole sulla terra non è affatto facile.
Bisogna raggiungere e mantenere sotto controllo una temperatura di milioni di gradi centigradi e non ci sono materiali in grado di contenere gli elementi che reagiranno a temperature così elevate.
Ciò si può ottenere soltanto per mezzo della creazione di campi elettromagnetici che mantengano i nuclei leggeri alla temperatura minima per innescare la fusione, concentrati nello spazio nel quale reagiscono e lontani da ogni contatto con la materia, per mezzo di una specie di bottiglia elettromagnetica isolata nello spazio, all’interno della quale vengono confinati i nuclei reagenti per effetto della repulsione elettrica che esercitano le pareti di questa “bottiglia” immateriale.
E’ necessario quindi disporre di una grande potenza elettrica iniziale esterna per mantenere una forza di repulsione sufficiente per un tempo abbastanza lungo per innescare la reazione dalla quale, una volta innescata, si trarrà la frazione di potenza generata, sufficiente a sostenere il campo necessario.
Tutto questo, finora, non siamo stati capaci di ottenerlo, né questa, naturalmente, è la sola difficoltà da superare, però sappiamo che la meta che ci siamo proposti è raggiungibile e che se ne intravede già la soluzione.

Concluso il progetto “Jet”, realizzato in Inghilterra, il prossimo progetto sarà realizzato in Francia a Cadarache mentre gli studi teorici procedono nei Centri di ricerca e nelle Università di tutto il mondo, anche se l’Università di Barcellona è stata recentemente designata quale sede ufficiale alla centralizzazione dei risultati.
Duole rilevare che tale importantissima funzione, inizialmente riservata dal Trattato di Roma al Centro di ricerche di Ispra, in Italia, in seguito all’irresponsabile e criminale abbandono di tutti gli studi sull’atomo avvenuto a seguito dello sciagurato referendum fatto sull’onda dell’incidente di Cernobyl, ci sia stata sottratta in forma strisciante e quasi non percepita.
Il nostro Governo dovrebbe cercare, anche in questo fondamentale settore, di recuperare il tempo perduto anche se, purtroppo, ciò sarà estremamente difficile.

Questa è la prima priorità e il vero traguardo che dobbiamo porci, destinando fino all’ultimo euro disponibile alla ricerca della soluzione del problema energetico, soluzione senza la quale siamo destinati ad essere ben presto emarginati da tutti i mercati.

Ma il tempo che abbiamo a disposizione è ormai molto ridotto: quello che ci consentirà la disponibilità e il prezzo di costo dei combustibili di origine minerale. Dopo che questi saranno diventati troppo cari e troppo contesi il traguardo non sarà più raggiungibile.

Tutto quanto detto finora è valido, naturalmente, nel quadro di possibilità di investimento importanti quali possono aversi da parte della Unione Europea e nell’ipotesi di collaborazione leale e duratura fra gli Stati che ne fanno parte.
Poiché, nel caso che tali ipotesi fossero disattese si correrebbe il rischio estremamente concreto di conferire una tale egemonia al Paese ed ai Paesi nei quali gli impianti di fusione venissero realizzati, da augurarsi piuttosto di non essere mai riusciti nell’impresa.
A questo proposito l’attuale atteggiamento della Francia nei confronti dell’Enel è lungi dall’essere incoraggiante, perché dà l’impressione che la Francia, potenza nucleare già da tempo, piuttosto che agire nello spirito dell’integrazione europea, nonché di una soluzione del problema dell’energia su scala continentale, punti ad un proprio consolidamento egemonico in questo strategico settore.
E’ chiaro che, ove questi dubbi venissero confermati si imporrebbe per noi l’obbligo di cercare di risolvere o quanto meno di alleggerire il problema della nostra autonomia energetica con mezzi compatibili con le nostre possibilità a livello nazionale.
Quali potrebbero essere allora le nostre possibilità per tentare di realizzare un tale programma?
Poiché per i ragionamenti fin qui svolti, la fonte di energia deve essere concentrata, sicura e praticamente illimitata sia nel tempo sia nella quantità, e poiché l’energia solare pur essendo sicura ed illimitata nel tempo non è né concentrata né, almeno nelle forme attualmente a disposizione, facilmente ed economicamente concentrabile, l’unica fonte idonea di cui ampiamente disponiamo è quella geotermica, e cioè quella dei nostri vulcani.
Da questa energia, finora, abbiamo avuto soltanto disastri, ma, se troveremo il modo di utilizzarla, da essa potremo trarre ricchezza e benessere.

Le ricerche necessarie per utilizzarla sono senza dubbio difficili, ma è lecito pensare che esse risultino molto più facili e meno costose e lunghe, ma soprattutto più risolutive di quelle da affrontare in altri settori.
In nazioni come ad esempio l’Islanda l’energia geotermica è già la prima fonte di energia del Paese.
E’ fuori discussione che in Islanda le condizioni di sfruttamento di tale fonte sono alquanto diverse da quelle che abbiamo in Italia, ma si tratta di trovare come accedere allo sfruttamento del calore che la natura gratuitamente ci offre in modo compatibile con la struttura particolare delle nostre zone vulcaniche.

A Lardarello, dove c’erano situazioni più propizie, siamo stati pionieri di uno sfruttamento che ha costituito il modello al quale gli islandesi si sono ispirati.
Dobbiamo trovare il sistema per aprire la cassaforte di una grandissima ricchezza di difficile accesso.
E’ questa la meta da additare, secondo me, ai nostri tecnici per trovare il modo di introdurre fasci di tubi bollitori nella caldaia che madre natura ha avuto la “bontà” di porre da millenni sotto i nostri piedi.


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