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Duecento e li dimostra.
L'Università di Palermo, che con l'apertura del nuovo anno accademico ha festeggiato nell'Aula Magna
della Facoltà di Ingegneria il bicentenario della fondazione celebrato persino con un annullo postale,
gli anni non può nasconderli: a mostrarli ci pensano le aule e le biblioteche riadattate, certi bagni fatiscenti,
i servizi inadeguati, l'offerta didattica che manca di competitività, la carenza di alloggi per i fuorisede,
l'abbandono sempre più massiccio degli studenti, che preferiscono affrontare i disagi di un trasferimento radicale
in altre città piuttosto che rassegnarsi alla secolare mediocrità locale.
Stridono, pertanto, i tentativi di modernizzazione dei vertici accademici non supportati da una quotidianità
rassicurante.
Perché se è vero che il Polididattico di viale delle Scienze finalmente inaugurato (la cronaca nell'articolo che segue)
dopo anni di abbandono ha scoperto che avrebbe potuto vedere
la luce tutto sommato molto prima se le cose nel mondo accademico palermitano girassero per il verso giusto, è anche vero
che l'impressione netta
che oggi si ha dell'Università del capoluogo siciliano (meno infelice ma non troppo, la situazione negli altri Atenei
dell'Isola), è di una Università in salita, che stenta a decollare e che si arrampica puntellando di piccole oasi
l'immensa montagna, sempre più irta, che le si innalza davanti.
E tra bottiglie mezze vuote sempre più vuote e rovesci di medaglie impossibili da mimetizzare, ricomincia da due, anzi da
duecento, la vita accademica palermitana.
A dare il la, lo scorso 14 dicembre, circondato da ermellini nazionali e internazionali (tra essi
il presidente della Crui Piero Tosi e persino rettori libici) il Magnifico Giuseppe Silvestri che, condendo la sua
prolusione a colpi di
scommesse vinte e bilanci più che positivi, pare non notare che la megastruttura che regge già da anni
tutto potrà diventare, alle condizioni attuali, tranne che un centro
di eccellenza "mangiarisorse pubbliche" (come gran parte di docenti accademici palermitani intendono gli Atenei
di prestigio), spauracchio delle piccole Università e delle Università "piccole".
Ed è un guaio, questo, in tempi di meritocrazie e di finanziamenti mirati.
Così, al resoconto di una gestione di "successi" in perfetto stile campagna elettorale con qualche sprazzo più
realistico che ha fatto definire l'attuale crisi "momento di congiuntura grave" - ha fatto eco l'intervento
del rappresentante degli studenti Luigi Bronte, che ha affondato sadicamente il dito nella piaga,
avvelenando i bocconcini dolci appena somministrati dal rettore: "Mancano i fondi... Bisogna evitare che gli studenti
abbiano un'offerta inadeguata...".
Punti di forza tra i progetti
portati a termine e prontamente elencati dal rettore lo stesso Polididattico, ma anche
la Carta dei Servizi, il CampusOne e tra le iniziative in fieri la partecipazione dell'Ateneo all'istituzione
dell'Università italo-libica e alla creazione di un Politecnico del Mediterraneo.
La cerimonia, che ha visto in prima fila, tra gli ospiti d'onore (con buona pace della laicità della cultura),
anche il cardinale Salvatore De Giorgi,
"laureato illustre di questo Ateneo", ha avuto più volte accenti polemici, come quello dello stesso
presidente dei rettori italiani che ha parlato di "colpevole trascuratezza del Governo", ma che ha anche trovato il coraggio
di ammettere: "Abbiamo sbagliato nei concorsi dove non è stato premiato il merito".
Ma se non è stato premiato il merito - è lecito chiedersi - che cosa finora è stato premiato?
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