ottobre 2005 numero 46

speciale
Come cambierà la docenza
E' tra i punti più contrastati della riforma Moratti. E anche il più coraggioso

di  Francesca Patanè

nella foto: Il ministro Letizia Moratti

Baroni, cariatidi dai cervelli in coma irreversibile e asini di primo, secondo e terzo pelo cambiate strada: questa riforma non fa per voi.
Perché i passaggi più significativi della nuova legge sull'Università che vi riguardano e che voi avete così accanitamente contestato (e neppure tanto bene, visti i risultati), vi faranno molto male.

Vediamoli in dettaglio.
Reclutamento dei professori universitari. Con la vecchia legge (ma non vecchissima), complice l'autonomia, i concorsi venivano banditi dalle Università. La nuova legge reintroduce l'idoneità nazionale (quella della vecchissima legge, preautonomia) come presupposto indispensabile per la chiamata in servizio dei docenti, idoneità che ha pure ridotto di un anno la sua durata (quattro anni con la riforma Moratti contro i cinque della legge precedente).
E anzi una mano la tende la nuova legge, che prevede riserve per i passaggi di carriera: il 15% per i ricercatori con almeno tre anni di insegnamento e il 25% per gli associati con almeno quindici anni di insegnamento che abbiano intenzione di diventare ordinari.
Ma idoneità nazionale significa scendere in competizione, confrontarsi con colleghi e attività di tutto rispetto dove ricerca e produzione scientifica non sono solo parole. Da qui uno dei motivi della protesta.

Ricercatori. Con la riforma Moratti a esaurimento fino al 2013. E questo ha fatto tuonare tutta la fascia di ricercatori a tempo indeterminato - la terza figura del corpo docente accanto agli ordinari e agli associati - che senza lo stimolo della precarietà e in assenza di quella giusta dose di ambizione che invoglia a crescere, ben poco ha fatto negli anni per innalzare il livello qualitativo della propria attività professionale, senza guizzi, ma tranquilla in una sorta di limbo istituzionalizzato.

Finita l'epoca del tempo indeterminato, la nuova legge per i ricercatori ha introdotto il tre più tre: tre anni di contratto, cioè (e di sudore di sangue) riconfermabili per altri tre anni. E dopo?
E' vero, dopo c'è il rischio della disoccupazione - la nuova legge non assicura il posto a vita e non ne ha l'intenzione - ma solo per chi nel frattempo, vivaddio, non è stato capace di crescere e cioè di produrre e di avanzare secondo quanto stabilito dalla nuova normativa.

La riforma Moratti tende la mano, inoltre, ai precari della ricerca - i vari dottorandi, borsisti, contrattisti - che avranno d'ora in poi la possibilità di entrare in gioco (prima le opportunità per loro erano praticamente zero).

Ma come sarà il nuovo ricercatore voluto dal ministro Moratti?
Due le figure previste: una si dedicherà essenzialmente alla ricerca (con stipendi compatibili coi bilanci dell'Università presso la quale presta servizio); un'altra soprattutto all'attività didattica (con stipendi stabiliti dalle singole Università).

Gli attuali ricercatori a tempo indeterminato potranno passare nella fascia degli associati una volta ottenuta l'idoneità nazionale.
Oppure verrà loro attribuito il titolo di professore aggregato, destinato anche a chi svolgerà corsi con contratti di insegnamento.

I concorsi per la copertura dei posti di ricercatore universitario a tempo indeterminato potranno essere banditi fino al 30 settembre 2013. Dopo bisognerà adattarsi. Oppure cambiare mestiere.

Professori straordinari. La nuova legge introduce questa nuova figura. Che non è stata contestata perché non lede alcun interesse, anzi.
Sarà possibile attivare posti di professore straordinario di durata temporanea, sulla base di convenzioni con Imprese o Enti esterni e a totale loro carico e sono anche previste convenzioni di ricerca che possono prevedere compensi aggiuntivi a favore dei professori che vi partecipano.
Ma su questo niente protesta: almeno per una volta sono stati tutti d'accordo.


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