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L'Istituto per l'Educazione Superiore di Shanghai si è preso la briga di giudicare tutti gli Atenei
del mondo, mettendoli in fila e facendogli le pulci a uno a uno.
I parametri? Numero di premi Nobel, quantità di pubblicazioni e di citazioni, prestigio dei giornali che riportano
le pubblicazioni.
Che dire? Le Università europee tanto bene non stanno, quelle italiane meglio lasciare perdere,
quelle siciliane ... chi sono costoro?
In sintesi. Tra le prime cento, di italiana ce n'è solo una: "La Sapienza" di Roma, posto numero settanta.
Per trovarne un'altra bisogna contare fino a 143: Università di Milano. Firenze è al 172 e Padova
al 186. E il Politecnico di Milano? Arriva dopo il duecento, ma è messo meglio di Napoli e Pisa, che
seguono (ma almeno ci sono ...). Di Atenei siciliani nemmeno l'ombra, vergognarsi è d'obbligo.
Non vi illudete, il fatto di esserci non è neanche così esaltante. E' una questione di numeri. Gli Atenei italiani si
possono contare più o meno con una mano sola e se pensiamo che invece tra i primi cento ce ne sono tanti della
Germania, Svizzera, Danimarca e Svezia un bel pianto nazionale non ci starebbe poi tanto male.
Ma siccome tutto è relativo, come diceva un tale, anche l'Europa, confrontata all'America, ci fa la sua bella
brutta figura: nelle prime quindici posizioni di quello "sciagurato" elenco ben 13 Atenei sono degli Stati Uniti,
uniche eccezioni le inglesi Cambridge (quinta) e Oxford (nona). Al primo posto, a godersi il meritato sole della
celebrità, c'è Harvard, al secondo Stanford, al terzo Caltech, al quarto Berkeley. A Stanford e a Berkeley siamo stati.
Un altro mondo. Niente sofà, niente inquinamento, niente buone intenzioni dimenticate per strada, niente bla bla.
Un altro mondo, appunto.
Che sa 'dda fa'? Be', una riforma, di quelle vere, ci vorrebbe, per non scomparire del tutto. Una riforma europea
per non rimanere schiacciati da un lato dall'America, dall'altro dall'emergente Asia, dove avanzano, ahinoi,
nuove generazioni di politici rampanti e di scienziati veri, gli uni e gli altri determinati a scalare le vette.
Forse la soluzione sta proprio nel cambiare sport: un po' di sano alpinismo in più e un po' di slaloom in meno,
quello a cui (almeno in Italia) siamo abituati per cercare di restare in piedi evitando gli ostacoli. |
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