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Con l'occupazione simbolica delle due sedi del rettorato, gli Atenei di Palermo e Catania
hanno reso visibile il loro no al ddl firmato Letizia Moratti.
Rettori e docenti sin dalle prime ore delle giornate stabilite per le
manifestazioni di protesta (fossero sempre così puntuali), con megafoni, striscioni, rumoreggiamenti vari,
sindacati (che non mancano mai), studenti a rischio di strumentalizzazione, esortazioni, piagnistei e pochissime proposte
alternative, hanno cominciato a sgranare il rosario delle doglianze.
La riforma Moratti - ha tuonato dallo Steri di Palermo Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell'Andu, l'Associazione
dei docenti universitari - "costituisce un attacco alla natura e all'esistenza stessa dell'Università statale".
Al petto dei docenti palermitani - pure su quello dei medici che non hanno potuto partecipare
personalmente all'assemblea perché occupati in sala operatoria - spiccava il logo
dell'Università segnato da una fascia nera in segno di lutto. Brutta idea. Qualcuno potrebbe
avere avuto il sospetto che si stesse celebrando un funerale.
E in effetti, specie in Sicilia, non c'è da star allegri. Che l'Università si trovi a un bivio è indubbio,
ma che gli Atenei siciliani riusciranno a imboccare la strada giusta è ancora da vedere.
A Palermo il preside di Ingegneria Santi Rizzo ha gridato: " L'Ateneo rifiuta la riforma": la riforma, preside,
o la riforma Moratti?
Il fatto è che per troppo tempo l'Accademia locale è rimasta chiusa nella sua torre
eburnea, perdendo la percezione di una realtà circostante in continua evoluzione.
Ora qualcuno ha bruscamente spalancato le porte: bisogna prenderne atto, a nulla vale arretrare fino
alle viscere di quella torre. E' arrivato il momento di uscire all'aria aperta, di uccidere i dinosauri,
di aprire gli occhi e di agire.
Non parlandosi addosso in giornate di protesta che quasi certamente approderanno a nulla o a molto poco:
sarebbe meglio cominciare a studiare da che parte spira il vento e posizionarsi dal lato giusto, dal lato, cioè, di chi vuole
effettivamente un'Università migliore, ovvero valida e competitiva, e lavora per ottenerla.
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