Eccoci, ad iniziare un nuovo anno, anche se un po’ in ritardo. Avrete notato che
“Ateneo Palermitano” ha modificato la sua periodicità. In realtà – il nostro
commercialista ce lo ripete da un po’ – il giornale ha solo uscite e nessuna
entrata. La responsabilità è in parte nostra che non abbiamo mai attivato una
campagna pubblicitaria decisa, ma – come si dice – non è mai troppo tardi.
“Ateneo Palermitano” può contare in un numero di lettori molto sostenuto (e
documentabile) – e di questo ci prendiamo tutto il merito perché non è facile
portare avanti per ben otto anni – abbiamo iniziato nel lontano 2001 e dunque
siamo entrati nel nono anno – una pubblicazione on line che, con le dovute
proporzioni e non considerando i ritorni finanziari che i giornali cartacei
hanno, non ha niente di meno o di diverso rispetto a un giornale tradizionale
(perdonateci la dichiarazione, ma non è una questione di immodestia, solo di
dati di fatto) al di là della mancanza di riscontro cartaceo. Il giornale,
infatti, come i giornali “veri”, ha un direttore responsabile iscritto
all’Ordine dei Giornalisti, come i giornali “veri” è regolarmente registrato al
Tribunale (nel nostro caso, di Palermo) – ed è per questo che ci arrabbiamo
quando, con tutto il rispetto, viene chiamato “blog” – fa riferimento, come i
giornali “veri”, a una casa editrice, si serve, oltre che della collaborazione a
titolo gratuito di amici e sostenitori morali, anche del contributo di altri
giornalisti dell’Albo.
Ma non si vive di soli ideali, come il commercialista – che non lavora certo per
la casa editrice di “Ateneo Palermitano” a titolo gratuito – ci ripete
continuamente. Vero. Non si vive di soli ideali.
E neppure di sola fama, aggiungo io. Anche qui senza falsa modestia dobbiamo
ammettere che le battaglie che abbiamo combattuto e che continuiamo a combattere
non sono passate inosservate, e anzi hanno segnato la strada non solo su
internet, ma anche - e di questo siamo orgogliosi - sui giornali nazionali, sui
libri e sulle televisioni, in materia di argomenti spinosi riguardanti
l’Università, anzi, la malauniversità, che ha saputo ribellarsi solo con
maldestri tentativi di imbavagliare la nostra stampa libera. Come quello,
clamoroso, di tre anni fa, quando l’Università di Palermo, per zittire una
giornalista scomoda (io) tentò di cacciarla dal suo posto di bibliotecaria
dell’Ateneo perché col suo lavoro di giornalista – che nulla aveva a che fare
con quello di bibliotecaria e dipendente universitaria –
si era permessa di
scrivere sul giornale di cui era direttore responsabile (questo) che due suoi
docenti erano (e sono) indagati per una brutta storia di concorsopoli italiana.
Certo il rovescio della medaglia era il pericolo che i problemi dell’Università
venissero considerati un po’ una “moda” su cui tuffarsi, cavalcando l’onda, per
conquistare lettori – ciò che in effetti in qualche modo sta accadendo – ma non
si può avere tutto dalla vita e se si vogliono vincere certe battaglie occorre
accettarne anche i rischi, compreso quello di essere troppo ripetitivi e forse
anche noiosi.
Dunque non mi pento di aver rischiato nel 2006 – difesa anche da Antonello
Caporale su “la Repubblica” cartacea e on line – il mio posto di lavoro
all’Università di Palermo, come non mi pento di aver scelto di continuare a
combattere, dopo otto anni compiuti, tutti trascorsi in difesa della verità.
Perché senza verità non può esserci neppure giustizia, ciò di cui invece, in
quest’Italia di prepotenze, soprusi, arroganze e vessazioni, si ha assoluto
bisogno.
Ritornando all’argomento iniziale, se non si vive di soli ideali e neppure di
sola fama, in qualche modo “Ateneo Palermitano” deve pure alimentarsi! (niente
di più attuale, perdonateci l’accostamento, in tempi in cui si discute se in
certi casi sia più conveniente o no staccare le spine).
Perciò scendo in campo personalmente, da direttore
responsabile della testata, a sostegno della nostra casa editrice. La quale,
come ha già deciso, avvierà nei prossimi mesi una seria campagna pubblicitaria
di sostegno finanziario indirizzata esclusivamente a questa iniziativa
editoriale.
Scendere in campo per me significa promuovere coraggiosamente tra i nostri
amici, i sostenitori morali o i semplici lettori, una raccolta di fondi
finalizzata a incoraggiarci a continuare. Non è una richiesta di obolo – non
sarebbe nel nostro stile – e pertanto non ho alcuna remora a scrivere quello che sto scrivendo, piuttosto, da parte vostra, una manifestazione
tangibile di affetto, prima di tutto, per dimostrarci che credete in noi e che
desiderate che “Ateneo Palermitano” non scompaia dal panorama editoriale
italiano, seppure presente in formato solo digitale.
Che cosa offriremo in
cambio? Il dovuto e meritato riconoscimento pubblico di chi non è stato sordo
alle nostre richieste con il suo piccolo contributo (o anche grande! non poniamo
limiti alla provvidenza … umana!) e soprattutto, se davvero ci tenete, il nostro
lavoro, che spero continui a essere riconosciuto e apprezzato com’è accaduto
finora. Per non essere costretti a staccare la spina.
Grazie.
(I contributi potranno essere versati utilizzando il modulo di richiesta servizi
carta postepay prepagata, compilando la parte A del modulo e indicando il n° di
carta Postepay: 4023 6004 2340 9301 e il titolare della carta: Francesca Patanè).
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