diretto da Francesca Patanè

gennaio-febbraio 2009 numero 84/85

Eccoci qua

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di Francesca Patanè

Eccoci, ad iniziare un nuovo anno, anche se un po’ in ritardo.
Avrete notato che “Ateneo Palermitano” ha modificato la sua periodicità. In realtà – il nostro commercialista ce lo ripete da un po’ – il giornale ha solo uscite e nessuna entrata. La responsabilità è in parte nostra che non abbiamo mai attivato una campagna pubblicitaria decisa, ma – come si dice – non è mai troppo tardi.

“Ateneo Palermitano” può contare in un numero di lettori molto sostenuto (e documentabile) – e di questo ci prendiamo tutto il merito perché non è facile portare avanti per ben otto anni – abbiamo iniziato nel lontano 2001 e dunque siamo entrati nel nono anno – una pubblicazione on line che, con le dovute proporzioni e non considerando i ritorni finanziari che i giornali cartacei hanno, non ha niente di meno o di diverso rispetto a un giornale tradizionale (perdonateci la dichiarazione, ma non è una questione di immodestia, solo di dati di fatto) al di là della mancanza di riscontro cartaceo. Il giornale, infatti, come i giornali “veri”, ha un direttore responsabile iscritto all’Ordine dei Giornalisti, come i giornali “veri” è regolarmente registrato al Tribunale (nel nostro caso, di Palermo) – ed è per questo che ci arrabbiamo quando, con tutto il rispetto, viene chiamato “blog” – fa riferimento, come i giornali “veri”, a una casa editrice, si serve, oltre che della collaborazione a titolo gratuito di amici e sostenitori morali, anche del contributo di altri giornalisti dell’Albo.

Ma non si vive di soli ideali, come il commercialista – che non lavora certo per la casa editrice di “Ateneo Palermitano” a titolo gratuito – ci ripete continuamente. Vero. Non si vive di soli ideali.
E neppure di sola fama, aggiungo io. Anche qui senza falsa modestia dobbiamo ammettere che le battaglie che abbiamo combattuto e che continuiamo a combattere non sono passate inosservate, e anzi hanno segnato la strada non solo su internet, ma anche - e di questo siamo orgogliosi - sui giornali nazionali, sui libri e sulle televisioni, in materia di argomenti spinosi riguardanti l’Università, anzi, la malauniversità, che ha saputo ribellarsi solo con maldestri tentativi di imbavagliare la nostra stampa libera. Come quello, clamoroso, di tre anni fa, quando l’Università di Palermo, per zittire una giornalista scomoda (io) tentò di cacciarla dal suo posto di bibliotecaria dell’Ateneo perché col suo lavoro di giornalista – che nulla aveva a che fare con quello di bibliotecaria e dipendente universitaria – si era permessa di scrivere sul giornale di cui era direttore responsabile (questo) che due suoi docenti erano (e sono) indagati per una brutta storia di concorsopoli italiana.

Certo il rovescio della medaglia era il pericolo che i problemi dell’Università venissero considerati un po’ una “moda” su cui tuffarsi, cavalcando l’onda, per conquistare lettori – ciò che in effetti in qualche modo sta accadendo – ma non si può avere tutto dalla vita e se si vogliono vincere certe battaglie occorre accettarne anche i rischi, compreso quello di essere troppo ripetitivi e forse anche noiosi.

Dunque non mi pento di aver rischiato nel 2006 – difesa anche da Antonello Caporale su “la Repubblica” cartacea e on line – il mio posto di lavoro all’Università di Palermo, come non mi pento di aver scelto di continuare a combattere, dopo otto anni compiuti, tutti trascorsi in difesa della verità. Perché senza verità non può esserci neppure giustizia, ciò di cui invece, in quest’Italia di prepotenze, soprusi, arroganze e vessazioni, si ha assoluto bisogno.

Ritornando all’argomento iniziale, se non si vive di soli ideali e neppure di sola fama, in qualche modo “Ateneo Palermitano” deve pure alimentarsi! (niente di più attuale, perdonateci l’accostamento, in tempi in cui si discute se in certi casi sia più conveniente o no staccare le spine).

Perciò scendo in campo personalmente, da direttore responsabile della testata, a sostegno della nostra casa editrice. La quale, come ha già deciso, avvierà nei prossimi mesi una seria campagna pubblicitaria di sostegno finanziario indirizzata esclusivamente a questa iniziativa editoriale.

Scendere in campo per me significa promuovere coraggiosamente tra i nostri amici, i sostenitori morali o i semplici lettori, una raccolta di fondi finalizzata a incoraggiarci a continuare. Non è una richiesta di obolo – non sarebbe nel nostro stile – e pertanto non ho alcuna remora a scrivere quello che sto scrivendo, piuttosto, da parte vostra, una manifestazione tangibile di affetto, prima di tutto, per dimostrarci che credete in noi e che desiderate che “Ateneo Palermitano” non scompaia dal panorama editoriale italiano, seppure presente in formato solo digitale.

Che cosa offriremo in cambio? Il dovuto e meritato riconoscimento pubblico di chi non è stato sordo alle nostre richieste con il suo piccolo contributo (o anche grande! non poniamo limiti alla provvidenza … umana!) e soprattutto, se davvero ci tenete, il nostro lavoro, che spero continui a essere riconosciuto e apprezzato com’è accaduto finora. Per non essere costretti a staccare la spina.

Grazie.

(I contributi potranno essere versati utilizzando il modulo di richiesta servizi carta postepay prepagata, compilando la parte A del modulo e indicando il n° di carta Postepay: 4023 6004 2340 9301 e il titolare della carta: Francesca Patanè).

 


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