diretto da Francesca Patanè

novembre-dicembre 2008 numero 82/83

Universitari, maestro unico e voto
in condotta

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di Francesca Patanè

Prima di parlarne ho voluto aspettare che si smorzasse il fuoco della polemica per poter ragionare a mente fredda, senza condizionamenti e senza pressioni, neppure quella di far uscire in tempo il giornale (già chiuso al momento delle proteste e delle recriminazioni anti-decreto Gelmini).

Che cosa ho da dire in proposito? Che i dimostranti hanno sbagliato indirizzo.
Se si attacca un’operazione di governo si deve farlo con cognizione di causa, che è assolutamente mancata nel caso delle proteste in piazza degli studenti universitari e dei sindacati compiacenti (con codazzo di docenti e rettori, a cominciare dall’ex magnifico di Palermo Giuseppe Silvestri, che ha sbandierato ai quattro venti di appoggiare la protesta).

Il decreto che tanto ha fatto inalberare gli studenti (strumentalizzati dunque a dovere da certo ambito politico-sindacale), era infatti il decreto per la riforma scolastica, quello del maestro unico e del voto in condotta, per intenderci, visto che al momento della protesta ottobrina sulla riforma dell’Università il ministro ancora non aveva nemmeno cominciato a lavorarci.
Da ciò si deduce che gli universitari che sono scesi in piazza l’hanno fatto per sostenere la protesta delle mamme dei bambini delle scuole elementari.

Certo, i contenuti della riforma avevano anche diversi punti su cui poter concentrare il proprio dissenso: la riduzione degli insegnanti (ma quale riduzione? fermo restando il necessario ridimensionamento causa insufficienza di fondi, non assumere man mano che si liberano posti di insegnanti che vanno in pensione non significa togliere l’incarico a chi lavora già); il voto in condotta che condiziona il giudizio (ma non si voleva uno strumento efficace contro il bullismo? e allora perché quando “l’arma” legittima arriva non la si riconosce?); libri di testo validi per tutto il ciclo scolastico (ottima soluzione, a mio avviso, contro il business del settore editoriale pronto a strozzare, con la complicità di presidi e docenti, il bilancio di ogni famiglia media italiana).

Ma la lotta per contrastare queste scelte governative non era una lotta “da universitari”, nonostante il decreto contenesse anche un articolo sull’accesso alle Scuole di specializzazione di Medicina e Chirurgia, che li riguardava più da vicino.

Il problema, dunque, sta nella labilità mentale di certi giovani, prede strumentalizzate di partiti politici e sindacati e che dimostrano di non avere personalità alcuna. E anche nella malafede di tutti gli altri, dai docenti che sono scesi in piazza, a certe sigle sindacali e di partito che portano acqua al loro mulino sulla pelle dei giovani.

Ma c’è un altro aspetto che voglio evidenziare: quello dell’assoluta mancanza di rispetto nei confronti di chi invece non era d’accordo alle manifestazioni di protesta. Che si è estrinsecata con la violenza prepotente dell’altra parte della barricata, quella di chi autoproclamandosi vessillo di libertà e di democrazia ha negato con veemenza a tutti gli altri (o almeno ha tentato di farlo) la libertà di scegliere diversamente.

 


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