marzo 2008 numero 75

cultura
Quale California?
 
Non solo turismo, ma anche industria per la Sicilia… d’America

 

di  Federico de Linares

nella foto: Un’industria siderurgica

“La Sicilia potrebbe essere la California d’Italia se non addirittura d’Europa” …

Quante volte abbiamo sentito pronunciare demagogicamente queste parole dai soliti soloni romani o di stirpe padana di turno? Tante, forse anche troppe.
La Sicilia con il suo clima mite, coi suoi tesori d’arte, con i suoi paesaggi mozzafiato, potrebbe essere la “perla” del Mediterraneo posta com’è al centro di quello che fu il “Mare Nostrum”, crocevia naturale di incontro per le molteplici culture sviluppatesi nel tempo lungo le coste di questo vastissimo “lago” interno …

Certo, come la nostra Sicilia la California ha un clima mite (però non è al centro di nulla, posta com’è in riva ad un Oceano lungo la costa occidentale del continente americano), ha tante attrattive turistiche di tipo naturalistico, ha prestigiose Università (Berkley, Stanford, Santa Barbara, per citarne solo qualcuna), ma con la nostra Isola che cos’ha da dividere?

La California (quella vera, quella targata “stelle e strisce”) è qualcosa di più rispetto alla terra evocata – a convenienza – con notevole superficialità da politici e uomini d’affari nostrani …
Non bastano il bel clima e qualche località turistica di un certo tenore a pareggiare i conti con uno dei più importanti e rappresentativi Stati della Federazione americana.

Anni fa, Ronald Regan, quando decise – da governatore della California - di correre per la Presidenza degli Stati Uniti d’America, si sentì chiedere da un incauto rappresentante della carta stampata d’Oltreoceano a quale titolo, lui ex divo di Hollywood, stesse avanzando la sua candidatura per porsi alla guida di una delle due superpotenze del pianeta.
Regan fissò negli occhi il giornalista e rispose: “Egregio signore, io sarò stato un attore, ma sono anche il governatore della California e le ricordo che se questo Stato fosse indipendente, sarebbe la quinta potenza industriale del pianeta: è con queste credenziali che io avanzo la mia candidatura a presidente degli Stati Uniti d’America”.

Questa risposta ci riconduce all’interrogativo iniziale: a quale California si riferiscono politici e uomini d’affari nostrani quando accostano la nostra Isola allo Stato americano, oggi governato da un altro divo di Hollywood? Solo a quella del turismo e della “cultura a perdere”?
Dovremmo rifiutarci di accettare un paragone “a metà”, anche perché la parzialità, in questo caso, è frutto di uno strabismo patologico, oltre che indotto.
La Sicilia, infatti, nei periodi migliori della sua plurimillenaria storia non è stata al centro solo di scambi e relazioni culturali, ma anche di traffici e scambi commerciali di notevole importanza.

Oggi, a giustificazione dell’arretratezza industriale dell’Isola, spesso ci si rinfaccia la nostra “perifericità”.
Ma, anche qui, dovremmo domandarci: perifericità rispetto a che cosa?
Alla Mitteleuropa? Forse. Ma allora, per la legge della transitività, potremmo dire che forse è la Mitteleuropa a essere periferica rispetto al Mediterraneo di cui la Sicilia rappresenta il centro geografico.

Dunque, considerato che, attraverso il Mediterraneo (da Suez a Gibilterra e viceversa), passa una delle arterie commerciali più importanti del nostro pianeta, lungo la quale – nell’un senso e nell’altro – transitano miriadi di tonnellate di materie prime grezze e di prodotti finiti, a quale California dovremmo guardare come modello?
Con l’occhio di Polifemo (come vorrebbero in tanti) solo al turismo culturale? O non invece, con occhio imprenditoriale, anche - come sarebbe più corretto - alla California industriale cui si riferiva orgogliosamente Regan?

Perché la Sicilia dovrebbe rinunciare a sviluppare una forte industria di trasformazione in grado di “intercettare” flussi sempre più considerevoli di materie prime in transito nel Mediterraneo?

Perché e in nome di che cosa la Sicilia e i siciliani dovrebbero rinunciare alla vocazione industriale e commerciale che è nel loro Dna?

Chi ha paura in Italia e in Europa di una Sicilia industrializzata?

 


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