Miracoli dell'informatica ai tempi di Internet, che rivela tutte le magagne
della Pubblica Italica Amministrazione.
Il Ministero dell'Università e della Ricerca - incapace, finora, di rispondere
adeguatamente alle esigenze del settore, nell'occhio del ciclone per scelte
opinabili e trasversalmente criticate, che fa dubitare dell'opportunità della
sua esistenza ogni salotto buono dell'intellighentia italiana - fa acqua da
tutte le parti, questo è risaputo. Indipendentemente dai ministri che si
succedono. E' l'istituzione, infatti, a essere obsoleta, a non riuscire a stare
al passo con le nuove realtà nazionali ed internazionali, a non aver saputo
trovare il giusto equilibrio tra autonomia degli Atenei e necessità di controllo
che un Ministero, se c'è e fin quando c'è (non entro nel merito dell'opportunità
della sua esistenza), deve esercitare, se non vuole rischiare quello su cui
siamo già così bene avviati: la totale anarchia in un ambiente malsano di malauniversità radicata e generalizzata.
Credevo però che in tutto questo bailamme almeno un settore si salvasse, un
settore che è di vitale importanza in ogni amministrazione, pubblica e privata,
che funziona o che ha la pretesa di funzionare: quello della comunicazione.
Lascio a voi giudicare se al Ministero dell’Università e della Ricerca italiano
esistano davvero buoni comunicatori, ovvero personale in grado di gestire in
modo sereno e diretto i rapporti coi media, un efficiente anello di
congiunzione, insomma, tra l'istituzione e il resto del mondo.
Personalmente mi sono già fatta un’idea.
Certo - prima che lo osserviate voi, lo dico io - il mio giornale è poca cosa
davanti a certe testate, so perfettamente che per molti (fortunatamente non per
tutti) esiste, in fatto di considerazione, una stampa di serie A e un’altra di
serie B. Per quanto mi riguarda, sono ben felice che Ateneo Palermitano appartenga
alla seconda, se questo significa non doversi sottomettere ai legacci
dell’opportunità e dei condizionamenti politico-editoriali. Questo giornale non rende conto a nient’altro se non alla mia
coscienza e alla verità, non postulata, ma cercata attraverso l’esperienza.
Perché sono i fatti, alla fine, quelli che contano.
Perciò, se a me risulta che l'ufficio stampa del Ministero dell'Università e
della Ricerca in Italia considera potere un servizio e come tale lo utilizza, io
lo scrivo. Senza peli sulla penna.
Qui però occorre fare un netta e pubblica distinzione. Perché una cosa è dire
ufficio stampa del Ministero dell'Università e della Ricerca e un'altra, ben
diversa, è parlare di addetti alla comunicazione della Direzione Generale
dell'Università al Ministero afferente, che ha un suo responsabile, il quale
risponde senza solleciti persino a me che sono una piccola giornalista di
periferia (del sud, per di più), e non per stroncare sul nascere qualsiasi mia
velleità di "incontro ravvicinato" col suo capo (prova ne è l'intervista-fiume
che il direttore generale Antonello Masia, mi ha rilasciato in esclusiva, in
apertura di questo numero), ma per aderire a una richiesta legittima di una
collega, responsabile di un "servizio", che lo aveva contattato per poter
chiarire con il responsabile di un altro "servizio" (anche i direttori generali,
come i ministri e gli uffici stampa,
offrono "servizi") alcune questioni che stanno a cuore a tutti gli italiani,
anche, probabilmente, a quel ministro Mussi che, per motivi indipendenti dalla
nostra volontà e forse anche dalla sua, non abbiamo potuto incontrare.
Intendiamoci, non è automatico che a una richiesta debba seguire necessariamente
una risposta positiva, però, come si dice, est modus in rebus.
Perciò - fatta salva la libertà del ministro di concedermi o meno un’intervista
e fatta indubbiamente salva anche la sua estraneità al modo in cui dal suo
ufficio stampa è stata gestita l’intera questione - era proprio necessario che i
responsabili della comunicazione del Mur per mesi, dopo averle lette (che forza,
l'informatica!), lasciassero le mie
e-mail senza risposta?
Era necessario, rispondendo ai miei ripetuti solleciti
telefonici, che si aggrappassero a lungaggini burocratiche senza alcun
significato se non quello di ritardare ulteriormente l'esito della richiesta? O
che si schermassero con inverosimili giustificazioni del tipo "non siamo ancora
riusciti a vedere il ministro", come se la stanza del responsabile di quel
Ministero fosse a chilometri e chilometri di distanza e l'uno e gli altri non
fossero continuamente in contatto? (so come funziona un ufficio stampa, quando
funziona). Era proprio necessario alla fine, negandomi l'appuntamento, inviarmi un’ e-mail
dal tono quasi infastidito e soprattutto senza firma personale in calce o, per meglio
dire, in forma anonima?
Ma il massimo di “cortesia” professionale è stato raggiunto dal
servizio-comunicazione del Ministero proprio il giorno fissato per l'intervista
con il dottor Masia, due ore di chiacchierata concluse con un buon caffè.
Dopo l'incontro con il direttore generale, accompagnata molto cordialmente dal
suo addetto stampa, mi sposto di pochi metri, qualche porta più in là, direzione
ufficio stampa del Mur.
Coi dovuti modi e facendo presente la mia temporanea e limitata permanenza a
Roma, manifesto ancora una volta il desiderio di incontrare il ministro. Mi
dicono: ci rimandi un'e-mail. Un'altra? Nonostante io sia presente in carne e
ossa? Strana burocrazia, penso, ma appena in albergo pazientemente ubbidisco.
Sarebbe stato, il giorno successivo, quello giusto? Probabilmente no, visti gli
impegni del ministro (io non tendo imboscate con microfono e telecamera!).
Mi aspettavo dunque un altro legittimo diniego, non mi aspettavo invece che la
mia e-mail, quella espressamente richiesta dalle due dipendenti presenti in quel
momento nell'ufficio stampa del Mur, a distanza di qualche ora venisse cestinata
- da loro o da chi per loro è lo stesso - prima ancora di essere letta.
“Was deleted without being read”: inequivocabile il messaggio automatico di
ritorno nella mia casella di posta elettronica, inaccettabile la commedia
recitata dalle due responsabili dell'informazione ministeriale, che avrebbero
sicuramente guadagnato più punti nella mia considerazione professionale se mi
avessero confermato, anche con ferma determinazione, l'impossibilità di un
incontro col ministro, piuttosto che ricorrere a mezzucci
ridicoli e senza senso come quello a cui hanno fatto ricorso (per liberarsi di
una presenza fastidiosa? per un malinteso senso del potere, come dicevo?, o per
qualche altra ragione che fortunatamente mi sfugge?).
Non credo che al ministro Mussi arriverà mai notizia di quest’ editoriale, ma se
per caso dovesse accadere che per una serie di fortuite e fortunate coincidenze
lo leggesse, un consiglio mi piace darglielo: caro Signor Ministro, se davvero
vuol cambiare l'Università italiana cominci col cambiare il suo ufficio stampa.
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