Stenografico Aula in corso di seduta
Seduta n. 329 del 25/6/2003
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense (3998) (ore10,45).
PRESIDENTE. L'ordine del
giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in
legge del decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla
disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense.
Ricordo che nella seduta del 23 giugno scorso si è conclusa la discussione
sulle linee generali.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 3998)
PRESIDENTE. Passiamo
all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 3), nel testo della Commissione (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del
decreto-legge, nel testo della Commissione (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 6).
Avverto, altresì, che sono state presentate proposte emendative all'articolo
unico del disegno di legge di conversione (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 5).
Avverto, inoltre, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il
prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (vedi l'allegato A - A.C. 3998 sezione 1).
Avverto, infine, che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto
parere, è distribuito in fotocopia (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 2).
Passiamo agli interventi sulle proposte emendative riferite agli articoli del
decreto-legge e all'articolo unico del disegno di conversione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO
BUONTEMPO. Signor Presidente, mi sembra che questa sia un'inquietante vicenda.
Infatti, in un paese libero, democratico, si dovrebbe aiutare l'accesso alla
professione. Le forze politiche e chi governa, dovrebbero intervenire sulle
anomalie proprie dell'Italia, e non di altri paesi. La prima anomalia è quella
che non vede, nel nostro paese, la pratica professionale durante gli anni
dell'università. Occorre fare in modo che gli ultimi due anni abbiano un
collegamento diretto tra università e professione; in tale maniera, un giovane,
nel momento in cui consegue la laurea, ottiene anche l'abilitazione
professionale. Non può essere competitivo un paese nel quale dopo diciotto anni
di studio non si è abilitati all'esercizio di alcuna professione. Questo
significa fare invecchiare i nostri ragazzi ed impedire loro di essere
competitivi con i loro colleghi degli altri paesi europei, dove le superiori
durano quattro anni anziché cinque, dove ci si laurea a 22 o 23 anni e dove,
negli ultimi anni di università, c'è un collegamento con il mondo del lavoro e
delle professioni. Ma in quale Europa vogliamo andare se, dopo diciotto anni di
studio (cinque di elementari, tre di medie, cinque di superiori e l'università),
diciamo al laureato: adesso vai in uno studio professionale a portare i
cappuccini all'avvocato capo senza avere alcuna assicurazione, senza avere
alcuna garanzia, senza avere alcuna retribuzione e senza maturare neppure un
giorno di contributi per la pensione! È questo, onorevoli colleghi, il paese
liberale e liberista che la Casa delle libertà ha detto di voler costruire? Io
credo di no! Io credo di no! Allora, dobbiamo capire come mai arrivino in aula
alcuni provvedimenti che sono in netto contrasto con il programma della Casa
delle libertà. Noi abbiamo parlato di libere professioni per snellirle! Abbiamo
parlato dell'alto valore degli ordini professionali, ma con l'intenzione di
riformarli affinché non siano caste chiuse di privilegio che impediscano ai
giovani di poter accedere alle professioni! Ministro Castelli, anche su questo
problema delle professioni, perché la determinazione che le riconosciamo e lo
spirito di servire il paese hanno preso una strada obliqua? La sua
determinazione meritava di affrontare il problema dell'accesso alla professione
forense. Questo dovevamo riformare! Inoltre, nell'ambito della riforma
dell'accesso alla professione forense, dovevano rivedere anche come affrontare
il problema dell'esame. A me pare incredibile, ministro, che lei dica che al sud
c'è una percentuale di promossi altissima ed al nord esigua. Scusi, ma se, per
caso, al nord fossero più punitivi nei confronti dei giovani, per impedire loro
di accedere alla professione, perché vogliamo rivoltare questo guanto secondo
quel disegno e quel ragionamento? Io le posso dire che al nord, in particolare,
c'è una chiusura netta che non riguarda, ministro Castelli, solo gli avvocati,
ma anche i farmacisti, i commercialisti e le professioni in genere! Li vogliamo
tutti interinali questi giovani? Tutti lavoratori a termine? Tutti senza
contributi? Tutti nella provvisorietà? Tutti nella condizione di non potersi
costruire un futuro? Eh, no! Quando uno studia diciotto anni per diventare
avvocato, commercialista o ingegnere, ha diritto alla professione! In tutta
l'Europa, gli ordini professionali non ci sono; questa è la verità, non il
contrario (Applausi)! Si dice che
dobbiamo tenere conto che, in Italia, vi è un'altra tradizione. Ma se ad ogni
passo che si fa in politica si dice di guardare all'Europa! Ebbene, in Europa
gli ordini professionali non esistono! E allora si fa in modo che chi è ricco,
onorevole Castelli, chi ha denaro per potersi trasferire le abilitazioni se le
prende all'estero e poi torna in Italia e ci fa «marameo», perché lui ci ha
presi in giro. Allora, rivolgo un invito il mio gruppo, alla Casa delle libertà,
che so essere sensibile sul tema. Noi siamo la coalizione che più di altre ha
affrontato il problema degli ordini professionali. Invito a rivedere questo
provvedimento, a ragionare. Se qualcuno mi porta un po' d'acqua gli sarei grato,
onorevole Presidente.
PRESIDENTE. La procedura,
onorevole, non lo prevede, però un bicchiere d'acqua non si nega a nessuno.
TEODORO BUONTEMPO. Credo che
in questi casi non ci sia né un vincitore né un vinto, in questi casi deve
prevalere il buon senso per non far vedere ai nostri ragazzi che hanno una
politica nemica, perché quando si ha a che fare con i problemi dei giovani la
politica si chiude, respinge, dà i calci, li emargina; questa è la verità. Ma
come si può pensare che, di fronte a generazioni intere che protestano contro
questa chiusura delle professioni, la risposta della Casa delle libertà
consista nel dire: io ti complico l'esame, tu vai in giro per l'Italia e la
commissione non è quella del tuo territorio. Onorevole Castelli, se lei ha
dubbi sull'onestà degli ordini professionali che fanno l'esame, lei, ministro
della giustizia, denunci nome e cognome di coloro che fanno falsi esami; li
denunci, faccia i nomi (Applausi)!
LUIGI OLIVIERI. Bravo!
TEODORO
BUONTEMPO. Non si può elaborare un teorema nel quale si dice: siccome sono
troppi i promossi, probabilmente, gli esami sono corrotti, sono pagati, ci sono
tangenti, e allora complichiamo tutto. No, onorevole Castelli, lei è ministro
della giustizia, lei deve rendere trasparente questo passaggio e ci deve dire di
quali documenti, che noi non abbiamo, lei è in possesso, quali testimonianze,
quali prove, quali indagini ha svolto per dire che gli avvocati di Puglia,
dell'Abruzzo, della Sicilia, del Lazio...
LUIGI OLIVIERI. Della
Calabria!
TEODORO
BUONTEMPO. ...sono corrotti, mentre quelli del nord, che impediscono l'accesso
alla professione, non sono corrotti (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita,
DL-l'Ulivo e di deputati di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Vi prego di
trattenere gli entusiasmi.
TEODORO
BUONTEMPO. Mi meraviglio che gli avvocati del sud che hanno fatto parte o che
fanno parte degli ordini professionali e che vengono chiamati truffatori da
questo provvedimento non reagiscano. Perché c'è questo silenzio? Non posso
accettare che si sia onesti e disonesti a seconda del territorio nel quale si
nasce e si vive, perché così passerebbe un principio devastante, onorevoli
colleghi (Applausi di deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-l'Ulivo). Alleanza nazionale reagisca contro
questo principio razzista. Non è accettabile!
LUIGINO VASCON. Imbecille!
TEODORO
BUONTEMPO. Una cosa è la riforma dell'esame - si può riformare - , ma si deve
prima evitare quel calvario che il giovane è costretto a subire dopo che ha
preso la laurea. Onorevole Castelli, le famiglie del sud hanno fatto studiare i
propri figli a Roma, a Milano, a Torino, quelle famiglie contadine hanno fatto
sacrifici incredibili, si sono tolte il pane di bocca per fare studiare i figli.
Ha capito? Dopo 18 anni noi gli diciamo: «no», siccome lì ti possono
promuovere, vai da un'altra parte.
LUIGINO VASCON. Finiscila!
TEODORO
BUONTEMPO. Ecco, quindi mi auguro che si possa sospendere, che si possa rinviare
il provvedimento, che si possa discutere, proprio perché questo provvedimento
rischia di andare in senso contrario ai principi, alle linee politiche, alla
volontà di cambiare il paese della Casa delle libertà.
GIULIO CONTI. Bravo!
TEODORO
BUONTEMPO. Onorevoli colleghi, qui non si cambia il paese! Questa è la più
retriva conservazione dei privilegi esistenti (Applausi). Ecco perché negli altri paesi europei non sono previsti
esami ma soltanto la pratica; difatti, chi si laurea in quei paesi deve
possedere la certificazione - questo sì - da cui si evinca la sua
partecipazione ai lavori di uno studio professionale. Pertanto, è opportuna la
certificazione e non l'esame, soprattutto per far fronte a chi, nello
svolgimento della propria libera professione, non vuole concorrenti. I giovani
non possono accettare questa situazione! E a questo fine, scrivendoci e
incontrandoli, ci hanno sensibilizzato chiedendoci di essere capiti.
Personalmente voterò contro il disegno di legge di conversione di questo
decreto-legge; altrimenti, se esso fosse approvato, ciò significherebbe
cancellare tanta parte della nostra storia politica tesa alla libertà e alla
trasparenza delle libere professioni, cancellando, inoltre, la possibilità di
dare ai giovani un futuro. In particolare, non vogliamo un'Italia in cui si
arrivi a trent'anni senza avere alcun diritto al lavoro, sbandati, e senza
risorse! Ministro Castelli rivediamo, quindi, la legge concernente la categoria
dei farmacisti e rivediamo le altre leggi riguardanti gli altri ordini
professionali, facendo in modo di tutelare comunque gli ordini senza che ciò si
traduca in un privilegio. Se questo provvedimento sarà approvato vi sarà
un'ondata popolare tale per cui gli ordini professionali entro quattro anni
dovranno essere aboliti. Facciamo, pertanto, in modo che il diritto prevalga,
intervenendo, quando vi sono dei sospetti, in sede di svolgimento degli esami,
cancellando l'iscrizione all'ordine professionale di chi si comporta male. Con
questo non intendo dire, tenuto conto che la presunzione d'innocenza costituisce
un principio del nostro diritto, che siccome in alcune sedi i giovani sono
promossi, allora, gli avvocati sono corrotti. Quello al nostro esame è un
provvedimento rifiutato dai veri liberi professionisti, incomprensibile per
l'opinione pubblica, ed inaccettabile per noi che abbiamo condotto in questo
senso tante battaglie. Ritengo, inoltre, che anche la Lega nord Padania, quale
partito popolare che rappresenta la popolazione delle regioni del nord, non
possa sposare una parte, sposare il privilegio e una guerra dichiarata ai
giovani, finendo per emarginarli. Noi non ci stiamo (Applausi)!
LUIGI VITALI, Relatore.
Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI
VITALI, Relatore. Signor Presidente,
intervengo per formulare la richiesta alla Presidenza e all'Assemblea di
sospendere la seduta per 15-20 minuti al fine di riunire il Comitato dei nove.
GIOVANNI KESSLER. Ancora?
LUIGI VITALI, Relatore.
Ciò al fine di definire il percorso del provvedimento.
PRESIDENTE. Sulla richiesta
formulata dal relatore darò la parola ad un oratore a favore ed a uno contro.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO
BOCCIA. Signor Presidente, ritengo che lei debba svolgere, rispetto alla
richiesta formulata dal relatore, una riflessione integrativa e suppletiva. Tale
questione, fra l'altro, era stata affrontata ieri e si era deciso per un rinvio
ad oggi.
Signor Presidente, lei, sicuramente più competente di quanto lo sia io nel
merito della questione, ha ascoltato l'intervento svolto dal collega Buontempo,
il quale, quasi mai parla a sproposito; questa mattina, infatti, ha parlato a
proposito. Pertanto, come vede, la questione non è soltanto di merito e non
riguarda questo o quell'emendamento ma si tratta di una questione strutturale,
direi anche politica all'interno della maggioranza. Mi deve consentire, signor
Presidente, ma non credo che con una sospensione di 15 o 20 minuti sia possibile
risolvere tale problema. Signor presidente, prendiamo atto che all'interno della
maggioranza vi è una frattura profonda, perché vi sono dei colleghi che, come
hanno palesemente espresso, sostanzialmente non condividono l'impostazione del
Governo. Tutti sappiamo che sono in corso alcune discussioni; c'è una
maggioranza che non ritrova il senso di un'impostazione su questo provvedimento,
e penso sarebbe serio, signor Presidente, se lei facesse una valutazione più
congrua rispetto alla situazione che si è venuta a determinare. Forse sarebbe
il caso che anche il ministro tirasse le conseguenze di una chiara ostilità
manifestata dalla sua maggioranza nei confronti del provvedimento che egli ha
presentato.
RENZO INNOCENTI. Chiedo di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO
INNOCENTI. Signor Presidente, quando ci si trova di fronte a qualche problema
che sorge nel corso dell'esame di un provvedimento è prassi costante dei nostri
lavori chiedere delle sospensioni della seduta per effettuare ulteriori
approfondimenti: figuriamoci, è comprensibile. Tuttavia, non possiamo neanche
nasconderci dietro ad un dito, ed è questo il problema, perché c'è chi cerca
di spostare le questioni politiche esistenti sia all'interno della maggioranza,
sia tra la maggioranza ed il Governo su questo provvedimento. Ciò è avvenuto
nella giornata di ieri, abbiamo acceduto alle richieste di inversione
dell'ordine dei lavori, ma adesso ci si trova però di fronte ad un problema.
Una sospensione di 15 minuti è necessaria per cercare di mettere a punto
qualche proposta emendativa? È sufficiente? Me lo auguro. Si tratta solo di un
auspicio, perché se ci si dovesse trovare di fronte ad ulteriori richieste che
dovessero in qualche modo incidere sullo svolgimento dei nostri lavori, ritengo
giusto riconsiderare l'intera questione all'interno dell'Assemblea.
Pertanto, siamo favorevoli anche noi ad una sospensione di 15 minuti; tuttavia,
se le cose dovessero essere diverse da quelle prospettate, invito la Presidenza
a ritornare in aula e a discutere il merito vero delle forti perplessità e
contrarietà esistenti - chi assistito alla discussione sulle linee generali di
questo provvedimento lunedì pomeriggio, infatti, ha avuto la plastica
rappresentazione della mancanza di una capacità di governo su queste
problematiche all'interno della maggioranza - ritengo necessario riconsiderare
l'intera questione in Assemblea.
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Innocenti. Il collega Boccia mi ha invitato ad una
riflessione che di solito svolgo prima di parlare. Reputo inoltre di dovermi
attenere anche ad un altro criterio: mi riferisco alla consuetudine, poc'anzi
richiamata anche dal collega Innocenti, in ordine alle esigenze di carattere
ordinatorio - che sicuramente non risolvono i temi di carattere politico - sulla
base delle quali il Comitato dei nove stabilisce le modalità con le quali
affrontare - e se affrontarli - alcuni dei problemi posti da una norma nella
quale il problema politico, il problema istituzionale, il problema di carattere
ordinamentale degli ordini non credo abbia alcun colore, ma reputo piuttosto
presenti una fisionomia che deriva dalle decisioni che potranno essere assunte.
Ritengo pertanto di accogliere la richiesta del relatore, onorevole Vitali;
sospendo, dunque, la seduta, che riprenderà alle ore 11,30.
La
seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,35.
PRESIDENTE.
Porto a conoscenza dei colleghi che sono presenti nelle tribune, in visita alla
Camera, i rappresentanti dell'università della terza età (potrei farne parte
anch'io!) della sede autonoma di Colleferro, accompagnati dal presidente, dottor
Ulderico Gagliarducci. Vorrei rivolgere loro un augurio e ringraziarli della
visita (Applausi).
Chiedo al relatore Vitali di riferirci in ordine all'esito della riunione
svoltasi.
LUIGI
VITALI, Relatore. Signor Presidente,
possiamo procedere nei nostri lavori. Dopodiché, l'Assemblea sovrana deciderà
«il più a praticarsi».
PRESIDENTE.
Speriamo che sia il più invece che il meno! Riprendiamo, dunque, gli interventi
sul complesso delle proposte emendative presentate. Ha chiesto di parlare
l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO
LETTIERI. Signor Presidente, il fatto stesso che sia stata chiesta la
sospensione dell'esame di questo provvedimento per venti minuti dimostra la
delicatezza del tema e, allo stesso tempo, la non uniformità di giudizio
esistente all'interno della Casa delle libertà. Ciò perché si tratta di un
provvedimento confuso, pasticciato e, rispetto ai problemi, credo che sia una
risposta sbagliata, un rimedio peggiore del male, che dimostra tutta
l'improvvisazione ed anche la leggerezza del Governo - mi sia consentito - nel
presentare un provvedimento sotto forma di decreto-legge. Tuttavia, qual è
l'urgenza? I problemi della giustizia sono ben altri. Invece, da due anni a
questa parte, il Governo in materia di sistema giudiziario fornisce risposte
eccessivamente interessate, non rispondenti alle esigenze di una riforma
complessiva del sistema giudiziario e, quindi, anche della riforma dell'attività
forense. La professione di avvocato è certamente tra le più significative nel
panorama delle cosiddette professioni liberali. Negli ultimi anni essa ha
assunto notevole visibilità ed influenza anche sul funzionamento del sistema
giudiziario italiano, diventato più complesso e inadeguato rispetto
all'evoluzione della società e dell'economia, nonché rispetto all'evoluzione
delle relazioni internazionali. Tale evoluzione impone una maggiore
professionalità sia ai magistrati sia agli avvocati. Il tradizionale esame di
Stato per l'accesso all'avvocatura non risponde a tale esigenza; contrasta,
inoltre, con l'articolo 41 della Costituzione e non tiene conto della necessità
di uniformarsi alla realtà degli altri paesi dell'Unione europea. Parliamo
tanto di Europa, oggi abbiamo la responsabilità del semestre (al riguardo,
domani riferirà il Presidente del Consiglio), ma credo che non si compiano
passi concreti per essere all'altezza di questa nuova fase storica del nostro
paese. L'attuale sistema di accesso alla professione di avvocato è ritenuto da
più parti superato, oltre che inadeguato all'accertamento effettivo delle
attitudini ed anche della deontologia professionale. È interesse pubblico avere
operatori di giustizia (mi riferisco non solo ai giudici ma anche agli avvocati)
preparati, corretti e responsabili, in modo tale da affermare nella nostra
società i valori della giustizia e della legalità, garantendo ai cittadini un
giusto processo e un'adeguata assistenza e difesa. I limiti e le incongruenze
dello svolgimento dell'esame di Stato, così come esso è articolato e così
come si prevede in questo decreto-legge, onorevole ministro, non garantisce
affatto la verifica delle capacità all'esercizio della professione forense. Di
fatto, continua ad essere una duplicazione di esami già sostenuti dai candidati
durante il corso di studi universitari e, quasi sempre, finisce con l'essere un
atto di accertamento di semplici conoscenze nozionistiche. Occorre, invece, una
verifica effettiva e continuativa della pratica professionale, in quanto
soltanto la frequenza ed il lavoro quotidiano presso uno studio legale possono
garantire un'adeguata formazione. Durante tale periodo, occorre anche prevedere
una forma di retribuzione, perché nessuno di noi ignora che durante il biennio
di praticantato, spesso, vi è un vero e proprio sfruttamento del lavoro di tali
giovani. In considerazione di ciò, ed in relazione alle tante negative
esperienze, registratesi in diverse sedi dove si svolgono gli esami, delle quali
purtroppo, spesso, si è interessata non solo la stampa ma anche la
magistratura, è opportuno prevedere l'eliminazione dell'esame di Stato per gli
aspiranti avvocati. Va abolito. Va, invece, reso effettivo il praticantato e,
dopo puntuali e periodici controlli, ne va riconosciuto il valore abilitante. Ciò,
a mio avviso, sarebbe in linea con altri paesi dell'Unione europea in cui non è
richiesto un esame per l'accesso alla professione di avvocato. A tal proposito,
voglio dire che ho presentato una specifica proposta di legge, che mi auguro
incontri interesse e conduca ad una discussione seria sull'argomento, con il
contributo di tutti i colleghi, indipendentemente dallo schieramento di
appartenenza. Il collega Buontempo, forse con molto calore e certamente senza
spirito di demagogia, ha evidenziato tale necessità e, quindi, il confronto può
aprirsi in sede di Commissione. Per queste ragioni, siamo contrari al testo in
esame, perché non risolve anzi, a mio avviso, complica i problemi. Per dirla
tutta, è un testo poco serio. Mi auguro, perciò, che la Camera bocci tale
proposta perché è illiberale, autoritaria, conservatrice ed anche antieuropea.
Spero che i colleghi, tutti i colleghi che sono investiti della responsabilità
di decidere come singoli e non a seconda dei gruppi di appartenenza, compiano un
atto di buon senso, di saggezza e di responsabilità verso tanti giovani che
aspirano ad esercitare la professione forense.
Il gruppo della Margherita voterà contro questo provvedimento, così come ha
fatto in Commissione (Applausi dei
deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici
italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di
parlare l'onorevole Gironda Veraldi. Ne ha facoltà.
AURELIO
GIRONDA VERALDI. Ho chiesto la parola, rivendicando di essere, in assoluto, il
più anziano degli avvocati della Camera. Sono più anziano di lei, signor
Presidente!
PRESIDENTE. Temo di avere il
primato, in quest'aula!
AURELIO
GIRONDA VERALDI. Verificheremo. Dunque ho un'esperienza pari alla sua, rispetto
a questo problema. Parlerò, come è mio stile e mio costume, con pacatezza, pur
dando atto che l'onorevole Buontempo, quando affronta un problema di cui è
fortemente convinto, diventa un temporale al quale è difficile resistere, se
non con l'ausilio della ragione.
Su tale tema bisogna fare chiarezza. Ho esaminato e meditato molto sul
decreto-legge che il Governo ha presentato. Alcuni punti li condivido, altri no.
Dirò quali ed il perché. Ci troviamo in questa situazione: ovviamente non mi
occupo della difesa degli avvocati, in quanto ho fatto il praticante per tanti
anni, ho apprezzato l'opera degli avvocati presso i cui studi ho fatto pratica,
non sono stato mai sfruttato né destinato a portare il caffè all'avvocato. Gli
avvocati - quelli che hanno la dignità della funzione che esercitano -
insegnano ai praticanti e ricordo che un tempo si faceva la fila presso gli
studi degli avvocati per essere ospitati a fare la pratica, perché il
patrimonio culturale, etico e deontologico, che si conquista in uno studio, non
ha prezzo. Fatta questa premessa, abbiamo di fronte un decreto-legge che prevede
modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione
forense. Occorre, infatti, parlare con lealtà e con senso di realismo di fronte
al fenomeno. Nel nostro paese vi è, su questo tema, una legge - se non ricordo
male - del 1934, che risale dunque a sessant'anni fa, salvo una modifica
marginale effettuata nel 1990, a proposito del certificato di compiuta prova,
che prima veniva rilasciato dall'avvocato, mentre adesso viene rilasciato
dall'ordine professionale. In Italia, avviene questo, Presidente: vi sono esami
facili, esami difficili ed esami normali, laddove mi pare che debba essere
aspirazione ed ambizione di tutti che gli esami siano normali. Con il termine «normali»,
voglio dire che si dovrebbe valutare con un criterio di giustizia e di rigore la
prova del candidato, al fine di assegnargli quel titolo che egli merita. In
sostanza, accade che per fare l'esame di avvocato - che prima era l'esame di
procuratore, mentre oggi ha più rilevanza essere avvocato anziché procuratore,
perché prima, per diventare avvocato, occorreva un'ulteriore pratica, che
affinava le capacità e la validità dell'esercizio professionale - si fa
l'istanza e la si fa alla sede che preventivamente si sceglie; ciò in quanto vi
è una norma che consente di iscriversi, per fare gli esami, nella sede dove si
è residenti da sei mesi. Abbiamo quindi assistito ad un certo fenomeno che, con
un termine mutuato dalla zootecnia, ho definito della «transumanza» dei
praticanti procuratori, i quali si trasferiscono in quella sede che essi
privilegiano per due ragioni: primo, perché la sede dove dovrebbero operare usa
dei criteri di estremo rigore; secondo, perché nella sede dove dovrebbero fare
gli esami vi è, invece, un criterio di estrema agevolazione. Non si discute,
quindi, che questa aspirazione da parte dei praticanti abbia delle precise
motivazioni; che, poi, queste siano condivisibili o meno ciò non ha importanza.
Ebbene, sulla base di ciò, è accaduto che vi è stata un'inflazione delle
iscrizioni nelle sedi facili ed aggiungo, Presidente, che questo è un fenomeno
che io - da vecchio avvocato che ha cuore la tutela della dignità della
professione - non condivido, perché si è raggiunto il livello dell'illecito
penale. Non si può infatti rimanere indifferenti al fatto che in alcune sedi vi
è stato il rinvio a giudizio di 600-700 candidati, ai quali è stato passato -
da chi non lo so - il compito e ai quali, quindi, sono state accordate le
premesse per essere promossi! Tuttavia, è anche esatto, Presidente, che in sede
di correzione dei compiti possano prevalere dei criteri legati alla zona. Nel
sud, ad esempio, sappiamo che chi fa il praticante, se non riesce a conseguire
il traguardo della promozione ad avvocato, è condannato alla disoccupazione.
Dall'altra parte, però, non dobbiamo sottovalutare il fenomeno in negativo;
infatti, se a persone ignoranti e moralmente non capaci si assegna il titolo di
avvocato, tali soggetti vengono poi mortificati e vilipesi durante l'esercizio
della professione. Quindi, signori miei, andiamoci piano nella liberalizzazione
della professione forense! Pur essendo favorevole ad alcuni temi trattati nel
presente decreto-legge, tuttavia, per ragioni sia tecniche sia pratiche, non
sono d'accordo sulla previsione relativa alla Commissione centrale. In sostanza,
questo decreto-legge prevede che le prove si svolgano nella sede della Corte
d'appello in cui è iscritto il candidato, ma poi i temi ai fini della
correzione sono trasmessi ad una sede sorteggiata, che può essere quella di
Milano, quella di Trapani o quella di Lecce. Quando si prevede che la
Commissione centrale indica i criteri di valutazione delle prove, in realtà non
si afferma nulla, in quanto non si può imporre ad una commissione che deve
valutare il criterio di valutazione; infatti, la commissione deve valutare la
prova esaminando il documento. E, subito dopo, questa stessa commissione viene
esautorata della sua funzione di valutazione e di critica perché gli atti
vengono trasmessi ad un'altra sede. Allora, mi permetto di dire al ministro che,
avendo svolto per tanti anni la funzione di presidente del consiglio
dell'ordine, non bisogna intervenire sul momento della correzione, ma su quello
dello svolgimento della prova; infatti, signor ministro, è lì che avviene
l'interferenza - ortodossa o meno - dei commissari. Dunque, sono d'accordo sul
fatto che i commissari - per le ragioni che tutti conosciamo e che, per carità
di patria, è meglio non esprimere - non debbano essere componenti del consiglio
dell'ordine, tuttavia in quella fase occorre maggiore rigore. E, a mio avviso,
questo rigore lo può esprimere il presidente della commissione che non sia
locale.
Attraverso una precisa proposta emendativa, abbiamo proposto che vi sia la
commissione locale con una presidenza esterna, alla quale occorre suggerire ed
imporre criteri di vigilanza e di sorveglianza delle prove ispirati ed informati
al massimo rigore. Questo è il modesto suggerimento che mi permetto di dare,
anche se non so quali saranno poi le indicazioni del mio gruppo alle quali,
certamente, mi atterrò (Applausi dei
deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di
parlare l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.
ANNA
FINOCCHIARO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ci è stato
dato atto - e lo testimoniano i resoconti dei lavori della Commissione giustizia
- dell'impegno che il gruppo dei Democratici di sinistra ha spesso su questo
provvedimento; dunque, vorrei spiegare le ragioni di tale impegno nonché quelle
del nostro comportamento odierno.
Su una questione che, in questa sede, è stata rappresentata con accenti
drammatici - anche se, a mio avviso, in maniera piuttosto unilaterale -
dall'onorevole Buontempo, abbiamo da tempo colto il doppio paradosso che, nel
nostro paese, presentano gli esami di abilitazione alla professione forense.
Infatti, in alcune sedi di Corte d'appello, tale esame è superato da circa il
90 per cento dei candidati mentre, in altre sedi, la percentuale è di poco
superiore al 10 per cento. Si è sancita per anni, in questo modo, una
discriminazione che non ha tanto riguardo - e voglio sottolinearlo in aula - al
fatto che le sedi nelle quali si promuove di più siano nel sud del paese e le
sedi nelle quali si promuove di meno siano nel nord del paese. È ben chiaro,
infatti, che l'affollamento delle sedi del sud per fare l'esame di abilitazione
è dato da ragazzi che vengono dal nord del paese, per trovare una sede nella
quale sia più semplice, spesso con metodi che non sono esattamente metodi
leciti, ottenere l'abilitazione all'esame di avvocato. Abbiamo ritenuto di
ragionare in maniera feconda e proficua su questo provvedimento, insieme ai
colleghi degli altri gruppi, per la ragione che abbiamo colto per la prima volta
nell'agire, nella decisione e nell'iniziativa di tutta l'avvocatura associata -
del CNF, dell'AIGA, dell'OUA - un primo atto di volontà di rottura di logiche
che sono quelle che conosciamo, talvolta - troppo spesso - fondate sul mercato
degli esami. Di questo stiamo parlando: del mercato degli esami,
dell'acquistare, per chi può, il futuro. L'abbiamo colto, perché ci sembrava
venisse da questo pezzo della classe dirigente diffusa, che è l'avvocatura e
che sono le professioni nel nostro paese, un segnale forte alla politica: esiste
per la prima volta dentro di noi, per contingenze diverse, alcune probabilmente
addirittura casuali, la volontà di rompere alcuni meccanismi che - guardate -
vanno insieme ad altri. L'essere, infatti, commissario in una commissione
d'esame, nella quale è possibile comprare e vendere gli esami, significa
crearsi una platea elettorale per diventare domani consigliere dell'ordine.
Dunque, abbiamo registrato, da parte della stessa avvocatura associata, un primo
atto di volontà di rottura di questo nesso di chiusura corporativa e di
consumazione tutta interna di logiche illecite, che trattano però il futuro
delle ragazze e dei ragazzi italiani che vogliono fare l'avvocato. Per chi si
assuma da classe politica a classe dirigente, capace, quindi, di dirigere e di
cogliere i fenomeni nuovi, innovativi, di progresso e di moralizzazione, ciò ci
sembrava un dovere, anche per una forza di opposizione. Lasciatemi dire, in
questo contesto politico: soprattutto, per una forza di opposizione. Abbiamo
certamente lavorato con l'avvocatura associata, con il CNF, con l'AIGA, con
l'OUA, ma siamo stati attenti alle richieste che ci venivano dai ragazzi dell'ANPA,
vale a dire dall'associazione nazionale dei giovani praticanti avvocati. E, con
i nostri emendamenti, che sono stati accettati dal relatore, abbiamo raccolto
alcune loro richieste, diciamo le due richieste principali: poter fare il
prossimo esame servendosi dei codici commentati e potere svolgere la prova di
esame orale nella sede presso la quale avevano fissato la loro residenza di
praticantato. Insieme, abbiamo visto accogliere da parte del relatore Vitali un
altro emendamento, al quale tenevamo molto, proprio per rompere quel meccanismo,
di cui ho parlato prima, del farsi una base elettorale per l'elezione al
consiglio dell'ordine o alla cassa forense, approfittando dell'essere
commissario d'esame. Quindi, è stato accolto il nostro emendamento
sull'ineleggibilità a quelle cariche per chi abbia fatto parte delle
commissioni d'esame. Assistiamo oggi - ed è questo ciò che più ci sconcerta -
ad una frantumazione della maggioranza su questo provvedimento, ad una
frantumazione che dà ben atto del fatto che gran parte della maggioranza non
coglie la responsabilità di dover assumere questo tratto di novità e questo
atto di coraggio che vengono dall'avvocatura associata, per farne un primo cuneo
rispetto al quale riordinare, in tempi brevissimi, la compiuta materia della
riforma dell'ordine forense. Lì sì, senz'altro, occorrerà che un nuovo
ordinamento curriculare faccia in modo che i due anni dopo la laurea diventino
luoghi in cui si apprende il diritto pratico. Questo potrebbe far sì di evitare
domani per i ragazzi che abbiano frequentato quelle scuole, con borse di studio
e con un diritto allo studio assicurato per tutti, di fare l'esame scritto, in
una costruzione comune della cultura delle professioni legali, notai, avocati,
magistrati. Tuttavia, capite bene che se noi oggi non rompiamo questo
meccanismo, domani non costruiremo niente: ritorneranno le logiche della
corporazione e della chiusura; ritornerà la discriminazione e il privilegio.
Continueranno a vincere di più l'esame per l'abilitazione alla professione di
avvocato i ragazzi che hanno i mezzi per pagare e che magari hanno alle loro
spalle lo studio del padre. Non coglieremo un dato stretto sul futuro dei nostri
ragazzi - non può essere che questo paese ha 150 mila avvocati, mentre la
Francia ne ha 47 mila - che riguarda la loro competitività e la loro possibilità
di esercitare un domani con dignità il ruolo di avvocato, non per andare dietro
al parafango ammaccato ad inseguire il decreto ingiuntivo. Noi a questo
pensiamo, a una nuova qualità del destino dei nostri ragazzi. Per questo,
guardate, sono sconcertata di fronte al comportamento di questa maggioranza e
lasciatemi dire che non mi sento più in grado di assumermi il nerbo, l'energia
di portare avanti questo provvedimento. Si è appena tenuta una riunione del
Comitato dei nove e il gruppo di Alleanza nazionale, ancora, e di nuovo quello
dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro hanno sancito
la loro dissociazione da questo provvedimento. Mi rendo conto che non esiste
nella qualità politica della proposta del centrodestra, a questo punto, nessuna
possibilità di impiantare un discorso serio, costruttivo, vorrei dire con
Pirandello, «ma non è una cosa seria» e ci dispiace. Tuttavia, l'opposizione
non può su ciò che non è serio diventare stampella di nessuno, perché io
costruisco e do se vedo una prospettiva, un futuro, la possibilità di lavorare
insieme a un progetto ambizioso e condiviso. Se così non è, francamente, non
credo di dovere spendere la forza del mio gruppo, l'intelligenza e anche le
dissociazioni individuali, che legittimamente nel mio gruppo si sono
manifestate, a favore di questo provvedimento (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di
parlare l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.
CIRO
FALANGA. Signor Presidente, l'onorevole Bontempi (Commenti) ...Buontempo, chiedo scusa, si domandava e si stupiva del
silenzio di chi, avvocato del sud, era stato a suo avviso accusato di essere
falsificatore di esame. Allora, a questo silenzio risponde il sottoscritto,
avvocato del sud. Avvocato Buontempo, onorevole Buontempo, non so chi mai abbia
accusato gli avvocati del sud di essere falsificatori di esami. Non mi pare che
questa accusa sia venuta dal ministro Castelli, né da altri interventi in
quest'aula, per la verità. Quindi, ritenevo e ritengo che excusatio
non petita, accusatio manifesta, ma il suo intervento mi induce ad
intervenire. Peraltro, mi consenta, quando si offrono informazioni in un aula di
Parlamento, in questa Camera, queste devono essere quantomeno corrette (Commenti
del deputato Buontempo) e lei non ha dato informazioni corrette nel momento
in cui ha affermato che negli altri paesi europei non esistono gli ordini
professionali. Gli ordini professionali esistono in tutti gli altri paesi
europei: per la verità, bisogna anche aggiungere, che l'esame per l'accesso
alla professione di avvocato è negli altri paesi ancor più rigoroso, molto più
rigoroso, onorevole Buontempo (Commenti
del deputato Buontempo).
PRESIDENTE. Onorevole
Buontempo...
TEODORO BUONTEMPO. Ma mi sta
attribuendo cose che non ho detto, signor Presidente.
PRESIDENTE. Lascerà che un
collega...
CIRO
FALANGA. Le ragioni ...Le ragioni ...Le ragioni (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)
che inducono una parte dell'opposizione a osteggiare questo provvedimento sono
altre. In ogni caso, mi interessa più osservare che l'opposizione critica -
anche attraverso le parole dell'onorevole Finocchiaro - la dissociazione della
maggioranza riguardo un provvedimento che incide sulla vita dei giovani
praticanti avvocati e, nello stesso tempo, pur ritenendolo corretto, ritiene
contestualmente di non voler essere la stampella di alcuno. Onorevoli colleghi
dell'opposizione, sostenere un provvedimento corretto non significa fare da
stampella. Le divisioni nella maggioranza denotano libertà di pensiero su una
determinata materia: ci si esprime, cioè, senza che una diversità di opinione
debba per forza rappresentare chissà quale contrasto di ordine politico. Si
tratta semplicemente di una diversa posizione assunta dalle forze politiche
della maggioranza di fronte a certi problemi. Se i Democratici di sinistra
intendono essere coerenti, allora lo siano fino in fondo e non esprimano il loro
consenso solamente in Commissione, o nell'ambito della discussione sulle linee
generali del provvedimento in esame; tale consenso, infatti, va espresso anche
nel momento più importante per ciò che concerne l'iter formativo del disegno
di legge. Quindi, coerentemente, l'opposizione deve ammettere che il
provvedimento è corretto e ciò perché nel nostro paese, onorevole Buontempo,
vi è una anomalia che può essere dissipata, sanata. Nessuno ha fatto notare
che le irregolarità sono presenti nel sud d'Italia, dove si registra un numero
più elevato di promossi agli esami di avvocato. Vi è un'anomalia, anche se
quest'ultima potrebbe essere presente anche nel nord d'Italia, dove la
percentuale di promossi è ben inferiore a quella del sud. Perché temere,
allora, di far correggere le prove d'esame dei candidati del sud d'Italia da
sottocommissioni diverse da quelle composte da avvocati e da magistrati della
corte d'appello presso la quale essi hanno svolto la pratica professionale? Qual
è il problema? Se vi è preparazione l'esame sarà superato sia che lo corregga
Tizio sia che lo corregga Caio. In che cosa consiste questa preoccupazione? Per
quanto concerne il regime delle incompatibilità, è stata valutata l'opportunità
di vederle finalmente affermate per evitare - sia al nord sia al sud - anomalie
e politiche clientelari. Inoltre, non si debbono sollevare questioni relative ad
irregolarità formali ed amministrative relativamente alla circostanza che una
sottocommissione correggerà l'elaborato scritto, mentre un'altra,
eventualmente, si occuperà di esaminare oralmente il candidato. La commissione
è unica e sotto il profilo formale e amministrativo il provvedimento è da
considerarsi corretto, salvo poi - perché no - un eventuale controllo svolto
dai tribunali amministrativi: si tratta della prassi fisiologica di un concorso,
di un esame di abilitazione. Quindi, superato questo profilo formale ed
amministrativo, affermata la regola secondo cui il giovane preparato - da
chiunque sarà giudicato il suo scritto -, comunque, supererà l'esame sia al
nord sia al sud, affermate le incompatibilità che, correttamente, sono state
individuate sia in ordine ai componenti delle commissioni d'esame - i quali non
possono, contemporaneamente, ricoprire la funzione di consiglieri dell'ordine
degli avvocati - sia in ordine all'ineleggibilità - mi riferisco a coloro che,
avendo svolto la funzione, non possono essere candidati all'ordine degli
avvocati -, credo si chiuda il quadro ed il provvedimento si presenti, sotto il
profilo formale e sotto il profilo sostanziale, sicuramente perfetto, necessario
ed urgente. A dicembre si svolgeranno i prossimi esami. Il nostro paese ha il
maggior numero di avvocati - e ciò non è un danno, non è grave -, ma vorrei
che tali avvocati fossero preparati, diligenti, pronti a sostenere gli interessi
e le difese dei nostri concittadini. Se si lasciasse la situazione immutata (un
ministro disattento avrebbe trascurato questa problematica), vi sarebbero albi
sempre più gonfiati da un numero di giovani che avrebbe continuato a non
ottenere dal paese e dallo Stato alcun supporto nel crescere, nel formarsi e nel
diventare professionisti preparati e diligenti. Mi appello, quindi, alla
sinistra, alle forze dell'opposizione: vi chiedo coerenza. Non facciamo questi
giochetti che non si convengono in un aula del Parlamento e non si convengono ad
autorevoli, prestigiosi esponenti della sinistra. Non si può dire prima «sì»
e poi, poiché la maggioranza non è d'accordo, «no». Il paese lo governa la
maggioranza ed anche l'opposizione, quando è seria. Non si può affidare
soltanto alla maggioranza tale compito, approfittando del fatto che nell'ambito
della stessa vi può essere una discrasia che, in qualche modo, vede divise le
posizioni di alcune forze politiche della maggioranza stessa. Onorevole
Finocchiaro, lei ha parlato di «stampella»; lei non potrà mai essere una «stampella»,
né lei né il suo partito. Lei è un esponente autorevole e prestigioso
dell'opposizione e il suo partito ha sempre garantito nel nostro paese la
democrazia, l'equilibrio, la saggezza insieme alle forze della maggioranza (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
MICHELE RANIELI. Chiedo di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELE
RANIELI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, più volte, anche nel corso
dello svolgimento della mia professione di avvocato, mi sono soffermato sul
fatto se l'esame di procuratore legale, prima, o di avvocato, oggi, abbia ancora
valore e se, con riferimento a tale sistema, che ha dimostrato certamente le sue
lacune, la sua opacità, le sue perplessità, in una società del terzo
millennio, nell'era della globalizzazione, sia utile, necessario ed opportuno
costringere migliaia di giovani, dopo anni di studi e di università, a
frequentare per due anni uno studio per poi essere certificati per aver svolto
un tirocinio ed a sottoporsi ad un esame massacrante per poter essere abilitati
alla professione di avvocato.
È un comportamento certamente difforme ed aberrante rispetto alle modalità di
accesso ad altri ordini professionali che pure hanno o possono avere una
ricaduta più forte nel sistema paese perché, addirittura, possono finanche
mettere in pericolo la stessa vita di un uomo. Mi riferisco al medico che dopo
20 giorni dalla laurea ha l'abilitazione a svolgere e ad esercitare la
professione di medico, sia esso di base sia esso ospedaliero, sia esso medico
che svolge una funzione di prevenzione per la tutela della vita o addirittura
che interviene sul corpo umano e che in ogni caso prescrive medicinali e farmaci
che possono mettere a rischio la vita umana. Mi riferisco alle modalità di
accesso alla professione di ingegnere che, dopo un mese dalla laurea, - lo
stesso discorso vale per la professione di architetto -, prevede l'esame di
abilitazione all'interno della sua stessa facoltà e 30 giorni dopo può
svolgere la professione di architetto e di ingegnere; spesso poi si possono
verificare i cosiddetti dissesti idrogeologici, crolli di case, fabbricati,
ponti e dighe. Guarda caso, invece, ciò non avviene per l'avvocato, che pure
nel processo sia esso penale, civile o amministrativo, può sostenere la sua
difesa, ma dove in ogni caso la sentenza e la decisione ultima sono affidate a
quell'arbitro terzo che è il giudice, monocratico o meno, e quindi in ogni caso
l'operato dell'avvocato è comunque sottoposto sempre ad un'ulteriore verifica
da parte di una istituzione terza, l'organo giudicante appunto. Cari colleghi,
mi domando se oggi, rispetto ad una riforma che ripensa complessivamente gli
ordini professionali e il mondo delle professioni, vi fosse la necessità di
questo decreto-legge, e per quale ragione anche la professione forense non
potesse essere inserita in quel contesto complessivo rappresentato dalla riforma
degli ordini e delle professioni? Non comprendo l'urgenza e la decretazione
d'urgenza; non comprendo tra l'altro per quale ragione, nel corso della
conversione di questo decreto-legge, si pensi addirittura di svilire e
mortificare principi sanciti dal punto di vista procedimentale nel nostro
sistema, dal momento che il concorso è un procedimento complesso. Ciò
significa che non è pensabile, né ipotizzabile, che vi sia una commissione che
con sorteggio proceda alla correzione degli scritti ed un'altra commissione che
proceda allo svolgimento della prova orale. La prova è unica: ciò significa
intersettorialità; significa che la valutazione dell'esaminando deve essere
globale e che non può essere parcellizzata. Verremmo meno ad un principio
procedimentale che rappresenta un pilastro del nostro sistema giuridico. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, le perplessità, i dubbi e, per certi aspetti,
lo svilimento ci colgono nella conversione di questo decreto-legge: aumentano le
anomalie dettate a volte dalla decretazione d'urgenza e che rasentano
addirittura la violazione dei principi costituzionali, attraverso la previsione
di procedure diversificate per l'accesso al mondo delle professioni. Io ritengo
allora che questo decreto-legge non possa dare una risposta significativa; credo
invece che la riforma degli esami di abilitazione alla professione forense
avrebbe dovuto essere inserita in quel contesto più ampio rappresentato dal
ripensamento del sistema universitario, che io ritengo, nella sua attuale
configurazione 3 + 2, un esamificio, che non prepara alla realtà quotidiana.
Credo che anche in questo caso occorra un ripensamento da parte del legislatore
per dare una risposta più adeguata ai nostri giovani. Inoltre, signor ministro,
credo che basterebbe prevedere, una volta raggiunta la laurea, un anno al
massimo di apprendistato presso un avvocato, al termine del quale al praticante
venga rilasciato un certificato e semmai valutare il giovane avvocato sulla base
di quell'anno di apprendistato, se ha maturato principi di etica, di morale,
della funzione e dell'orgoglio di essere avvocato. Ma questo decreto-legge, così
come è concepito, per quanto mi riguarda, non mi consente di votare a favore.
Mi auguro che, attraverso l'approvazione degli emendamenti, esso possa essere
modificato, migliorato e naturalmente mi riserverò di valutare nel corso
dell'esame articolo per articolo, comma per comma, obbedendo alla mia coscienza
di libero cittadino e di professionista che svolge la sua funzione con onore e
con decoro e che ha combattuto e lottato in tutti i tribunali d'Italia (Applausi
dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici
di centro e del deputato Buontempo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di
parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA
LUSSANA. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo della Lega nord Padania
per esprimere il nostro forte plauso al ministro Castelli e al Governo per aver
presentato questo decreto-legge (Applausi
polemici di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Una voce
dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo grida:
«Brava!»)... Grazie! Gli applausi
fanno sempre piacere, soprattutto quando provengono dai banchi della minoranza.
Un plauso anche al ministro e al relatore per aver manifestato una grande,
grandissima disponibilità ad accogliere importanti modifiche rispetto al testo
originario del provvedimento, modifiche che sono scaturite da un attento ascolto
delle posizioni emerse nel corso del dibattito in Commissione giustizia e che
sono state suggerite anche da coloro che abbiamo ascoltato durante le numerose
audizioni che si sono tenute e che prima sono state citate (il Consiglio
nazionale forense, l'Organismo unitario dell'avvocatura italiana), ma anche e
soprattutto dall'Associazione nazionale dei giovani praticanti. Tali modifiche
hanno consentito di correggere l'impianto del decreto-legge, lasciando però
inalterata la sua ratio ispiratrice di
cui tutti noi, in quest'aula, dobbiamo prendere coscienza: questo provvedimento
nasce dalla improcrastinabile necessità di porre fine alle forti sperequazioni
- che sono conosciute da tutti nel paese, da chi avvocato e da chi non lo è -
che esistono nelle percentuali di promossi all'esame di abilitazione alla
professione forense fra le diverse zone, fra i diversi distretti di Corte
d'appello, tra le diverse aree geografiche di questo paese. Questo è un dato
incontrovertibile, è un'anomalia nota a tutti! Sappiamo che a Brescia, a Milano
le percentuali di promossi sono bassissime, mentre in altre aree del nostro
paese - Catanzaro, Reggio Calabria - le percentuali di promossi raggiungono
invece l'80, il 90 per cento. Era evidente che si dovesse intervenire, in modo
serio, non per una volontà punitiva nei confronti dei giovani praticanti, che
qui sono stati più volte citati, ma per garantire ai giovani praticanti di
tutto il territorio nazionale una uniformità di giudizio, pari condizioni e
pari possibilità di accesso alla professione forense. Noi riteniamo che questo
decreto-legge sia il primo passo importante in vista di quella che mi sembra una
posizione ampiamente condivisa e che dovrà portare ad una revisione dell'esame
di abilitazione e, quindi, anche ad una riforma dell'accesso alla disciplina
(riforma che richiede però un iter più lungo). Per il momento, era urgente intervenire proprio
perché è imminente l'espletamento del prossimo bando per l'esame di avvocato.
Come abbiamo già detto, queste anomalie, queste sperequazioni sono note a
tutti, per cui, come diceva anche l'onorevole Gironda Veraldi, sostenere oggi
l'esame nel nostro paese in alcune aree geografiche è facile e in altre è
difficile. Quindi, concordo con lui: noi vogliamo dare la possibilità ai
giovani di sostenere un esame «normale», in cui tutti siano giudicati secondo
criteri di omogeneità, uguaglianza e serenità di giudizio. Mi sembra che, in
questa direzione, sia molto importante anche un emendamento che è stato accolto
dal relatore e dalla Commissione, presentato dal presidente della Commissione,
che detta dei criteri unitari per la correzione degli elaborati. Allora, ho
sentito tirare in causa, molte volte, la condizione dei giovani praticanti. È
vero: dovremmo sicuramente occuparci di questa condizione, ma dovremmo occuparci
anche del cosiddetto fenomeno del turismo forense. Più che «turismo forense,»
a volte, mi piace, definirlo anche «viaggio della speranza» di giovani
praticanti del nord. Infatti, ritengo che le anomalie esistano, sia al sud sia
al nord dove forte è la lobby delle
associazioni e degli avvocati che non vuole un numero di ingressi che possa
minare la loro attività, il proprio «orticello» lavorativo. Le anomalie
esistono anche con riferimento ad un altro aspetto: forse, in certe aree
geografiche, è più facile superare l'esame, perché qualcuno agevola. Qui, non
si vuole accusare alcuno, non si vogliano scusare gli avvocati del sud.
Tuttavia, questo è un dato di fatto di cui tutti noi dobbiamo assolutamente
prendere coscienza.
Dobbiamo cercare di porre fine a ciò; questo è il significato dell'atto di
vincolare la pratica al luogo dove è stata svolta per un periodo maggiore, al
fine di eliminare il fenomeno del turismo forense. Questo viaggio della speranza
crea, tra i candidati, una grande sperequazione. Infatti, alcuni candidati
possono permettersi di spostarsi, di recarsi al sud d'Italia, di compiere il «viaggio
della speranza», nell'auspicio di superare l'esame con una maggiore facilità
rispetto al nord; tuttavia, altri candidati, con minori possibilità economiche,
senza un studio professionale del padre alle spalle, non possono farlo.
Si è parlato della lobby degli
avvocati che ostacolerebbe l'ingresso di nuovi giovani nel mondo del lavoro e
della professione. Concordo con ciò. Parliamo, però, anche del business
che sta dietro il turismo forense, perché i giovani che si recano a Reggio
Calabria e a Catanzaro acquistano lì una casa. Sono pagati anche gli affitti.
Forse c'è un'economia legata a questo tipo di discorso. È giusto denunciare ciò;
comunque, ne prendiamo atto. Per questo motivo, condividiamo, decisamente,
questo decreto-legge. Occorreva intervenire con un'estrema urgenza, a partire
dalla prossima sessione di esami. Non c'è alcun intento punitivo. A tal
riguardo, possiamo assicurare che le modifiche introdotte dalla Commissione
vanno proprio nella direzione di far subire al candidato (vale a dire, colui che
merita la nostra maggiore attenzione) il minor danno possibile. Il candidato non
si sposta più; semplicemente, viaggiano i compiti. Per venire incontro anche
alle esigenze presentate da alcuni componenti della maggioranza e della
minoranza (mi riferisco ai gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei
democratici di centro, di Alleanza nazionale e della Margherita, DL-l'Ulivo),
abbiamo introdotto una norma transitoria, per cui, coloro che si sono
trasferiti, negli ultimi sei mesi, potranno svolgere l'esame scritto nella sede
del distretto della Corte d'appello del luogo in cui si sono trasferiti. Non vi
è, quindi, una volontà punitiva anche nei confronti di chi si è trasferito
negli ultimi sei mesi. Questo ci fa anche superare quelle critiche di
retroattività che potrebbero inficiare una norma, di carattere non penale, ma
semplicemente civile. È stato introdotto il criterio del sorteggio che dovrebbe
garantire una maggiore imparzialità e serenità al candidato; egli non sarà
penalizzato da giochi di sottobanco (marcato degli esami, come si diceva
precedentemente) legati sia al passaggio di compiti sia ad interessi per le
elezioni, magari al consiglio dell'ordine o alla cassa forense. Altro punto
saliente, importante di questo decreto-legge è stata l'introduzione di una
norma di forte carattere moralizzatore, vale a dire l'incompatibilità e
l'ineleggibilità di chi partecipa all'esame in veste di esaminatore, con
riferimento alla possibilità di candidarsi nel consiglio dell'ordine o,
comunque, nella cassa nazionale forense. Anche in questo caso, non vi è alcuna
volontà punitiva - lo ripeto -, ma una forte volontà di moralizzazione, per
dare una maggiore speranza ai nostri giovani. Certo: questo è il primo passo
che intende tamponare una situazione di emergenza nota a da tutti. Nessuno si può
sottrarre a questo. Non capisco come mai alcuni componenti della Casa delle
libertà, di questa maggioranza, si oppongano all'approvazione di questo
decreto-legge e vorrei che ne spiegassero le ragioni in modo chiaro. Perché si
vuole spostare l'efficacia del provvedimento da quest'anno al 2004? Quali sono
le ragioni? Diamo, invece, un segnale al paese; facciamo capire che vogliamo che
le cose cambino anche in questo settore che investe le sorti di tanti giovani.
È giusto che, dopo l'università ed un percorso formativo, molte volte non
retribuito, di due o tre anni, essi abbiano la possibilità di inserirsi nel
mondo del lavoro. Siano, poi, le leggi del mercato a giudicare la loro effettiva
preparazione! Devo dire, quindi, che sosterremo il provvedimento e che
apprezziamo l'impegno del ministro a presentare, in tempi brevi, una riforma
complessiva che analizzi ed affronti il tema dell'accesso alla professione.
Questo esame non deve essere, per il giovane laureato, che ha seguito un
percorso formativo, come passare sotto le forche Caudine! Quindi, modifichiamo
l'iter formativo all'università, prevediamo la possibilità di fare pratica
anche durante gli anni di università, pensiamo ad una pratica che
effettivamente consenta la formazione del candidato ed a scuole forensi che
possono andare in questa direzione. In questo modo, come ho già detto,
sostenere l'esame non sarà come passare sotto le forche Caudine.
Purtroppo, se guardiamo i dati degli esami di abilitazione professionale, per
quanto riguarda gli avvocati, passa il 40 per cento dei candidati, mentre, per
quanto riguarda gli ingegneri, il 90! Lo riteniamo assolutamente ingiusto.
Apprezziamo l'impegno del Governo ed anche di altre forze politiche ad andare in
questa direzione, che darà ai nostri giovani la possibilità effettiva di
inserirsi nel mondo del lavoro dopo un adeguato percorso formativo.
PRESIDENTE.
La ringrazio, onorevole Lussana. Faccio presente ai colleghi che, poiché alle
13 è prevista l'informativa del ministro Pisanu, tra pochi minuti sospenderemo
la seduta per consentire, come dire, il cambio della guardia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor
Presidente, raccolgo l'invito implicito della Presidenza...
PRESIDENTE. No, no!
ERMINIA
MAZZONI. ...e sarò brevissima, anche perché vi sono stati già numerosi
interventi. Ritengo di dover esprimere, a nome dell'Unione dei democratici
cristiani e dei democratici di centro, l'apprezzamento del nostro gruppo nei
confronti del ministro, che non è affatto contraddetto dagli emendamenti da noi
presentati in Commissione e in Assemblea: presentare emendamenti - non so se il
ministro mi ascolterà e condividerà questa mia posizione - non equivale a
censurare un provvedimento perché, se si vuole fare questo, si vota contro.
Noi, invece, abbiamo cercato di collaborare e di migliorare il testo, pur avendo
sicuramente verificato la positività dell'intento che l'ha ispirato. Con questo
provvedimento, il ministro interviene su un problema largamente sentito dalla
classe forense, la quale vuole che si intervenga affinché questa prova di
abilitazione all'esercizio della professione diventi realmente una prova, un
passaggio per l'esercizio concreto di una attività professionale in relazione
alla quale - mi preme dirlo - la selezione la fa il mercato quotidianamente. È
giusto che si svolga una prova pratica per l'ammissione all'esercizio
professionale; ma che non si creino ostacoli insormontabili trasformando
l'abilitazione in un vero concorso! Quest'intervento normativo vuole sicuramente
curare una patologia grave e diffusa: esistono, e sono stati riscontrati,
problemi di non omogeneità sul territorio e di scarsa professionalizzazione.
Non credo, però, che, con questo provvedimento, il ministro voglia censurare
qualcuno in particolare, voglia colpevolizzare o voglia fare un implicito
processo a qualcuno. Per questi casi, se reali, sono altre le sedi competenti ad
irrogare le sanzioni; comunque, non è con un provvedimento normativo che si
possono irrogare sanzioni nei confronti della classe forense (ma - lo ripeto -
non penso che sia questa l'intenzione del ministro). La collega Lussana dice che
non ci sono intenti punitivi, però parla di reati, di illegittimità, che però
andrebbero verificate altrove. Se ci sono, vanno denunciate e vanno analizzate
nella sede appropriata, non qui. Allora, in questa sede, che cosa dobbiamo
cercare di fare? Dobbiamo cercare di raggiungere in tempi brevi, per cercare di
essere più efficaci, l'intento della professionalizzazione e della
omogeneizzazione dei risultati. Lo strumento che il ministro ed il Governo
individuano per raggiungere questo tipo di obiettivo noi non lo riteniamo del
tutto appropriato, ecco perché presentiamo degli emendamenti. In Commissione
gli emendamenti che abbiamo presentato sono stati parzialmente accolti e di
questo siamo grati al ministro, che ha compreso lo spirito positivo del nostro
intervento emendativo, per cui ha conservato i codici commentati, ha conservato
il diritto il ecclesiastico accanto al diritto comunitario - perché è giusto
aggiungere una materia oramai di uso comune ed è giusto consentire che la prova
si svolga anche su una materia come il diritto comunitario - , ha accettato e ha
accolto la nostra proposta sulle incompatibilità e le ineleggibilità,
soluzione che non serve a moralizzare, come qualcuno dice, ma ad evitare
imbarazzi fastidiosi. Infatti, questo è lo scopo che noi dobbiamo raggiungere:
semplificare ed evitare ostacoli a chiunque partecipi ai processi che noi
vogliamo regolare.
È profondamente giusto riscrivere le regole dello svolgimento della pratica,
ancorando in maniera più forte l'esame di abilitazione al luogo del suo
svolgimento perché, ripeto, si tratta di un'abilitazione, quindi è giusto che
ci sia un periodo più lungo di svolgimento della pratica nella sede nella quale
poi si svolgerà la prova di abilitazione. E qui vengo al punto. Se c'è questo
ancoraggio, che lo stesso ministro individua, è perché l'esperienza
professionale in un determinato foro abitua il praticante anche ad una prassi
forense, a degli usi, che sono del foro, ed è giusto che questi usi, che poi
vengono applicati nella prova di abilitazione, vengano verificati da chi a
quegli stessi usi è avvezzo, partecipando e vivendo la propria attività
professionale nell'ambito dello stesso distretto di Corte d'appello. Dividere
questi due momenti porta ad una contraddizione all'interno dello stesso decreto.
E allora, con gli ulteriori emendamenti che noi proponiamo in Assemblea, ferma
restando la possibilità di compiere una ulteriore verifica, noi vogliamo
semplicemente evitare che si crei questa contraddizione. Noi vogliamo
comprendere l'intento migliorativo che c'è in questo decreto e con questa
volontà di comprensione noi stiamo facendo di tutto per migliorarlo. Ma
riteniamo che non sia giusto attuare questo meccanismo complesso di sorteggio e
abbinamento con commissioni e sottocommissioni che sono chissà dove, perché
sicuramente renderebbe ancora più gravoso il compito di correzione dei compiti,
più lunga l'attesa e meno rispondente all'obiettivo che ci prefiggiamo. Allora,
lasciamo nella loro sede questi compiti, lasciamo che si svolga lì la
correzione, diamo un maggiore aiuto ai componenti della commissione, ampliando
il numero dei componenti delle commissioni stesse, al fine di verificare la
regolarità dello svolgimento delle prove, perché è lì che si può creare
qualche disagio, nella realizzazione e nella produzione degli elaborati scritti.
Per il resto non credo che si possa accettare questo turismo forense, non solo
dei candidati, che è stato cancellato, ma anche degli elaborati scritti. Credo
che si vada ad introdurre un meccanismo anomalo. Proprio rispetto a questo noi
abbiamo presentato degli emendamenti, che sostituiscono questa «trasmigrazione»
degli elaborati scritti con un rafforzamento della composizione delle
commissioni. Almeno, per cercare di perfezionare questo meccanismo e per
renderlo più attuabile, diamoci un tempo più lungo, al fine di trovare una
soluzione diversa e di verificare se è questo lo strumento giusto per
contrastare il fenomeno che riteniamo di dover contrastare. Credo che il nostro
intento sia abbastanza chiaro e credo che lo sia stato anche in Commissione; ho
voluto fare questo intervento per chiarire ulteriormente alcuni elementi che
forse erano rimasti oscuri al ministro, visti i suoi ultimi interventi che ho
letto sulla stampa (Applausi dei deputati
del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di
parlare l'onorevole Giacomo Ventura. Ne ha facoltà.
GIACOMO
ANGELO ROSARIO VENTURA. Signor Presidente, innanzitutto desidero dichiarare il
mio apprezzamento per le finalità che, con questo provvedimento, il ministro
intende raggiungere. Desidero, inoltre, associarmi al plauso, per l'operato
svolto dallo stesso ministro, tributatogli dalla collega Lussana. Tuttavia, mi
preme affermare che sono - mi dispiace dirlo - completamente e profondamente in
disaccordo con l'impianto di questo provvedimento perché reca in sé delle
aporie insanabili finendo quasi con il sancire, attraverso apprezzabili
acrobazie sul piano della fantasia, rimedi ad una premessa di assoluta immoralità.
Nella premessa di questo provvedimento si rinviene che il decreto-legge in esame
si prefigge di eliminare il persistere della costante e significativa
disomogeneità tra le percentuali di promossi nelle diverse sedi d'esame. A
questo proposito, in questa materia, occorre tenere presente che la disomogeneità
di per sé non è tout court una
categoria o un valore apprezzabile o meno, perché questa può essere spiegata
per tanti motivi. Non si tratta neanche di un dato interpretato in maniera
univoca perché potrebbe essere il risultato di una difesa corporativa, laddove
i promossi sono pochi, come pure potrebbe essere il risultato di una volontà
largheggiante e, quindi, illecita, laddove i promossi sono tanti.
Ricordo, però, al signor ministro e ai colleghi presenti e, in modo
particolare, alla collega Finocchiaro che queste commissioni d'esame sono
composte, oltre che da avvocati, alla cui categoria mi onoro di appartenere, da
magistrati e da cattedratici dei quali si può affermare che, nell'ambito delle
categorie sociali apprezzabili, non sono secondi a nessuno. Se quindi la
premessa è che queste commissioni di esame sono permeabili e fagocitabili per
motivi clientelari territoriali o per motivi ancora peggiori, mi chiedo, allora,
che senso abbia ricorrere, tentando di ovviare a questa patologica e illecita
situazione, attraverso il sorteggio, a delle commissioni d'esame che vedrebbero
assegnarsi elaborati anche di candidati non autoctoni. Agendo in questo modo, al
di là del fatto che la commissione d'esame possa essere di per sé permeabile
per qualsivoglia motivo, avremo soltanto ridotto la fascia dei fagocitanti perché,
mentre, in loco, la fagocitazione
potrebbe avvenire ad opera anche dei più modesti candidati - i cosiddetti figli
di nessuno - potrebbe anche avvenire, ad esempio, che la commissione d'esame di
Bergamo, anziché quella di Caltanissetta, potrebbe essere raggiunta magari dal
deputato che ha il figlio candidato o potrebbe essere raggiunta dall'avvocato di
grido noto anche in quel foro anziché nel piccolo foro periferico del sud
d'Italia. Pertanto, il problema non cambia. Se vi è all'origine una
predisposizione all'immoralità e all'illecito, proprio perché la volontà
largheggiatrice presuppone un illecito, i rimedi, comunque, non sono certo
quelli previsti in questo provvedimento. Il rimedio consiste nell'intervenire
attraverso gli organi inquirenti e con delle inchieste penali. Ma vi è di più,
in sé e per sé, questo provvedimento è anche il segno di una schizofrenia
legislativa tenuto conto che proprio questo ramo del Parlamento ultimamente ha
modificato i criteri di composizione delle commissioni d'esame per gli esami di
maturità; laddove, anziché trasferire commissioni d'esame provenienti da fuori
all'interno degli istituti, ha individuato nei componenti interni, tranne che
nel presidente, i componenti delle commissioni d'esame (Applausi
del deputato Buontempo). Oggi, neanche nell'Arma dei carabinieri vige
l'incompatibilità tra il carabiniere residente e quello in servizio presso la
stessa sede; ma dico di più, se facciamo valere il principio che essere vicino
agli utenti rende il pubblico ufficiale permeabile, ciò dovrebbe valere anche
per i sindaci i quali sono portatori e titolari di appannaggi e di attribuzioni;
conseguentemente, neanche di costoro dovremmo fidarci. Il problema non è,
quindi, questo. Premesso che sono per l'abolizione degli esami di abilitazione
alla professione perché, a mio parere, è il mercato che deve espellere coloro
che non sono preparati. La dignità dell'avvocato, cara collega Finocchiaro, non
la si ottiene attraverso il superamento di un esame di abilitazione; la
preparazione la si ottiene attraverso gli indirizzi universitari e quelli
forniti dalle scuole medie che, fino a prova contraria, licenziano gente matura
e preparata sul piano professionale; la pratica professionale, invece, la si
acquista attraverso il rodaggio presso gli studi professionali. Quindi, abolirei
addirittura l'esame professionale. Ma se proprio vogliamo intervenire,
salvaguardando questi due princìpi, ed espungendo da questo provvedimento un
principio assolutamente schizofrenico e negativo, sarebbe opportuno rivisitare
l'intero esame di abilitazione, ma senza mantenere un'ulteriore aporia, vale a
dire affidando a commissioni già di per sé screditate, seppure lontane, la
prima prova, quella scritta - quasi a ritenere che la prova scritta sia di per sé
esaustiva sul piano della abilitazione -, e ridemandando poi alla commissione
per così dire sospetta l'ulteriore fase, quella orale - che, fino a prova
contraria, rimane ancora una prova che completa l'abilitazione professionale -
riaffidandola così a quella commissione che, per
tabulas, abbiamo già sancito essere inaffidabile. Signor ministro, non è a
lei che mi rivolgo, ma ai suoi funzionari. Si tratta, complessivamente, di un «papocchio»,
e la mia coscienza mi impone di non votarlo (Applausi)!
PRESIDENTE.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà. Faccio presente che tra
poco arriverà il ministro Pisanu, pertanto gradirei un intervento breve, anche
se so che lei ha una formidabile sintesi, che tutti ammirano in quest'aula.
PIER
PAOLO CENTO. Signor Presidente, sarò breve perché intervengo per illustrare il
nostro giudizio su questo decreto-legge. Lo abbiamo già fatto in Commissione, e
lo ribadiamo in questa sede con la presentazione di tre proposte emendative,
anche se poi voteremo a favore anche di altre proposte emendative presentate che
vanno nella stessa direzione. Credo che vi sia una premessa da fare. Il presente
decreto-legge interviene nella materia dell'accesso alla professione forense
senza tuttavia avere - e non poteva essere altrimenti, visto che si tratta di un
decreto-legge, ed è qui l'errore politico fondamentale commesso dal Governo e
dal ministro Castelli - la capacità di intervenire nel più generale riordino
dell'accesso alle libere professioni. È francamente difficile, infatti,
comprendere la ragione per cui il Governo ha inteso varare un decreto-legge su
una materia così delicata senza inserire la riforma dell'accesso alla
professione forense nell'ambito della più generale riforma dell'accesso alle
libere professioni, senza far comprendere, quindi, quali siano la razionalità
politica e la linea programmatica che si sottintendono in questo provvedimento.
Sono convinto che, in un paese in cui si parla spesso a sproposito di
liberalismo, in realtà la vera prova di liberalismo vada fatta rompendo
innanzitutto il monopolio degli ordini professionali e liberando le possibilità
di accesso dei giovani alle attività professionali, collegando tale accesso sia
ad una maggiore e più alta qualificazione dei corsi di studio universitari, sia
ad una verifica attenta e concreta dell'attività forense, nel caso specifico, e
delle altre attività professionali, all'interno di una pratica che non sia
fatta solamente di supersfruttamento, vale a dire come qualcuno, in maniera più
folcloristica, ma dicendo il vero, ha affermato in interventi precedenti, solo
portando la tazzina del caffè al titolare dell'attività professionale presso
cui si presta il proprio tirocinio.
In questo quadro il problema, caro ministro e cari colleghi, non è quello di
rendere più difficile l'accesso all'attività forense e alle altre attività
professionali, bensì quello di eliminare gli ostacoli burocratici e di casta
che non hanno più alcuna ragione di esistere; riguardo a questi, sarebbe giunto
il momento di adeguare il nostro paese - questa volta sì - al resto d'Europa,
per far sì che vi sia uniformità nell'accesso alle libere professioni, in
Italia come in altri paesi europei. Venendo al decreto-legge in esame che,
grazie al lavoro della Commissione (bisogna darne atto), è stato sensibilmente
migliorato (anche se tali miglioramenti, come Verdi, non ci portano ad esprimere
un giudizio positivo e, anzi manteniamo un giudizio fortemente negativo), esso
è frutto di uno strabismo che tenta di introdurre norme per affrontare un serio
problema che persiste nel nostro paese anche nello svolgimento degli attuali
esami di accesso all'attività forense con meccanismi burocratici
incomprensibili dal buon senso collettivo e, sostanzialmente, non in grado di
affrontare le ragioni per cui vi sarebbe anche la necessità di rendere più
trasparente l'esame di abilitazione alla professione forense ed il modo in cui
l'esame stesso viene esplicato sia da parte di coloro che compiono la pratica
legale sia da parte di coloro che correggono i compiti. All'interno di tale
quadro vi è poi un'anomalia, tutta italiana e tutta di questo decreto-legge per
cui non si riconosce alcun valore all'attività degli istituti specializzandi
forensi che, invece, in una prospettiva di seria riforma dell'accesso
all'attività forense, potrebbero rappresentare una strada da seguire e valutare
con più attenzione. Infatti, sarebbero proprio questi istituti lo strumento
capace di consentire al giovane che si avvicina all'attività forense di avere
un'adeguata preparazione teorica, di specializzarsi rispetto all'attività
lavorativa che si appresta ad intraprendere e, quindi, di eliminare la
vergognosa vicenda dell'esame e di tutto ciò che è connesso ad esso. Vi è,
poi, un altro elemento, a mio avviso incomprensibile e grave. Infatti, oggi si
ritiene di intervenire (siamo a giugno e il decreto-legge risale a qualche
settimana fa) cambiando le regole del gioco di un corso che attiene
all'organizzazione della vita professionale da parte del giovane praticante,
apportando modifiche che incidono ora e subito sull'esame e sul modo in cui lo
stesso si svolgerà nella prossima sessione. Ma quando mai - ripeto: quando mai
- un Parlamento interviene su vicende così delicate? Migliaia di giovani e di
famiglie, applicando e seguendo alla lettera le leggi del nostro Stato e non per
un atto autonoma e proprio hanno costruito un programma ed un corso di
inserimento nella propria attività professionale, prevedendo anche l'esame con
le regole in vigore fino all'adozione di questo decreto-legge. Dall'oggi al
domani, un provvedimento cambia nel giro di qualche ora le regole del gioco, per
cui chi si era preparato con quelle regole è costretto a rivedere tutta
l'organizzazione del proprio corso di studi e del proprio corso professionale.
Almeno su ciò, mi permetto di dire che è necessaria un'ulteriore riflessione.
Se questo decreto-legge deve essere convertito in legge per volere della
maggioranza del Parlamento (noi, infatti, siamo contrari), almeno si posticipi
l'entrata in vigore di queste nuove regole ad una stagione successiva, per
consentire a tutti coloro che oggi iniziano l'attività di tirocinio forense di
sapere quali saranno le regole al termine del proprio ciclo. Non si facciano
valere queste regole per coloro i quali hanno già svolto questa attività di
tirocinio. La terza riflessione riguarda l'incresciosa vicenda delle commissioni
d'esame e del tentativo di porre riparo ai clamorosi errori contenuti nel
decreto-legge nella sua versione originale inventando la commissione unica e poi
le sottocommissioni, per poter reggere ad un'eventuale incostituzionalità della
norma. Si fa gravare sulla polizia penitenziaria - che ha già tanti e gravi
problemi nello svolgimento della propria attività a fronte di una drammatica
situazione carceraria - addirittura il compito di far trasportare i plichi degli
esami da un posto all'altro del nostro paese. Quale serietà, quale costruzione,
quale disegno vi può essere in una norma che, dopo una prima stesura
incomprensibile, trova compromessi ancora più incomprensibili, quando sappiamo
che il problema era molto semplice, ossia lasciare le commissioni laddove si
formano, nel luogo in cui si è svolta l'attività della pratica legale? Se vi
è un problema di trasparenza e correttezza si intervenga laddove la trasparenza
e la correttezza non siano state rispettate. Come si può pensare di creare
questo turn over in giro per l'Italia, dove, a volte, si muovono i
commissari, a volte si volevano far muovere i praticanti ed ora si muovono un
po' i commissari e un po' i plichi con i testi degli esami attraverso la polizia
penitenziaria? Credo che tale decreto-legge sarebbe stato meglio ritirarlo e
inserire la proposta di riforma dell'attività forense nella più generale
riforma dell'accesso alle libere professioni, introducendo un accesso libero in
cui, data la preparazione professionale universitaria ed un tirocinio serio,
sono poi le regole del liberalismo, cui tante volte ci si richiama, a
selezionare i migliori. Non si comprende perché il liberalismo va bene quando
deve tutelare i potenti contro i ceti sociali subalterni e subordinati, mentre
ogni volta che si parla di lavoro dipendente e si deve affrontare il tema degli
ordini professionali e di coloro che vogliono accedervi, tutte le tesi di libertà
cadono e si costruiscono barriere incomprensibili all'accesso delle libere
professioni. Quindi, mi limito, in questa fase - poi vi torneremo, discutendo
nel merito degli emendamenti e durante la dichiarazione di voto finale - a fare
osservazioni e ad esprimere un giudizio politico negativo sul decreto e sulla
necessità di un suo radicale cambiamento o, meglio, di un suo ritiro. Vedremo,
nel prosieguo del dibattito, quale sarà l'atteggiamento del Governo e di una
maggioranza divisa - dato politico che non può essere taciuto e che anche
l'opposizione, al di là del giudizio articolato che abbiamo dato in Commissione
rispetto a tale decreto-legge, non può non valutare -. È una maggioranza
divisa su un provvedimento che sembra di scarso rilievo e che riguardi solo
alcune migliaia di giovani ma che, invece, ha un valore politico significativo,
in quanto affronta il tema dell'accesso alle libere professioni. Vedremo come
proseguirà, e concludo, signor Presidente, l'esame degli emendamenti. Per il
momento, non posso che esprimere un giudizio fortemente negativo dei Verdi su
tale testo (Applausi dei deputati del
gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE.
Faccio presente ai colleghi Buemi, La Russa e Vitali che non si può proseguire
oltre, in quanto ora è previsto l'intervento del ministro Pisanu. Sospendo,
perciò, brevemente la seduta che riprenderà alle 13, con l'informativa del
ministro dell'interno. Il seguito dell'esame di tale provvedimento avrà luogo a
partire dalle 16 dato che alle 15 è previsto lo svolgimento di interrogazioni a
risposta immediata. La televisione è sacra.
Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 3998.
(Ripresa esame articolo unico - A.C. 3998)
PRESIDENTE. Avverto
che è stato presentato l'articolo aggiuntivo 6-bis.07 del Governo (vedi
l'allegato A - A.C. 3998 sezione 7). Tale articolo aggiuntivo reca una
modifica alla disciplina in tema di ammissione all'albo degli avvocati
cassazionisti prevista dalla legge n. 27 del 1997. Il contenuto dell'articolo
aggiuntivo appare estraneo a quello del decreto-legge, che si limita ad
introdurre norme in materia di esame di abilitazione alle professioni forensi.
L'articolo aggiuntivo è pertanto inammissibile in quanto contrastante con i
criteri di ammissibilità previsti dall'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento. Riprendiamo gli interventi sul
complesso delle proposte emendative, iniziati nella parte antimeridiana della
seduta. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA.
Signor Presidente, su questo decreto-legge Alleanza nazionale ha già svolto
alcuni interventi. Io, con la possibilità di avere dal ministro un po' di
attenzione, e lo ringrazio perché lo sta già facendo, vorrei cercare di
riassumere qual è la nostra posizione e dare anche le indicazioni sugli
emendamenti che andremo a votare. Noi non abbiamo mai nascosto che avremmo
preferito che questa materia non venisse affrontata per decreto-legge, ma
nell'ambito della legge che dovrà regolamentare l'accesso alla professione
forense nel suo complesso. Il Governo e il ministro in particolare hanno
preferito, di fronte ad una situazione effettivamente grave e allarmante, che
dura però da diversi anni, procedere con l'emanazione di un decreto-legge, e
allora su questo decreto abbiamo deciso di confrontarci. Non abbiamo alcuna
intenzione di contribuire a far sì che il decreto-legge vada a finire nel
nulla, abbiamo contribuito all'ottimo lavoro della Commissione per migliorarlo e
proporre, da qui a qualche minuto, una soluzione - le dirò ministro, ma lei
forse già la conosce - , che forse può risolvere la questione. Prima però mi
sembra opportuno dire qual è il punto di vista di Alleanza nazionale sulla
necessità che lei ha rilevato di intervenire in questa materia. Noi siamo con
lei. Riteniamo che l'attuale situazione sia insostenibile, riteniamo che si
debba necessariamente modificare il sistema attuale con cui i giovani praticanti
superano o non superano un esame che li abilita alla professione di avvocato.
Perché riteniamo sia insostenibile l'attuale situazione? Perché individuiamo
due scandali, non uno solo, come forse il decreto ha fatto, ma due grandi
scandali. Il primo scandalo riguarda la facilità con cui in certe sedi di
esame, in certe sedi di Corte d'appello, si supera l'esame: si arriva a
percentuali di promozioni che vanno molto vicino al 100 per cento. Ma c'è un
altro scandalo, onorevole signor ministro, che noi non sottovalutiamo e che
consideriamo grave esattamente come il primo. C'è la enorme ingiustizia di
alcuni altri ambiti di Corte d'appello in cui il numero dei bocciati arriva
spesso al 90 per cento o si attesta intorno all'80 per cento.
Siamo cioè di fronte a due ingiustizie palesi: una troppa facilità in certe
Corti d'appello, una incredibile difficoltà in altre. Pensi che a Milano, dove
la media dei promossi all'esame di maturità è, come nel resto d'Italia,
attorno al 95, 96, 97 per cento, gli stessi studenti che scelgono, dopo aver
fatto la maturità, il corso di laurea in giurisprudenza, concludendolo magari a
pieni voti, poi quando fanno l'esame per diventare avvocati, improvvisamente, in
una percentuale dell'85 per cento, diventano non in grado di superarlo e vengono
regolarmente, da numerosi anni, bocciati. Essi così o devono rifarlo, rifarlo e
rifarlo oppure devono ricorrere al pellegrinaggio in altre sedi di Corte
d'appello per legittima difesa e per cercare di riparare a quella che è
un'ingiustizia di fondo, ad una diseguaglianza inammissibile a danno dei giovani
laureati del nord. Noi riteniamo che non si possa risolvere in assoluto questo
problema con il sorteggio, perché questo sistema finirebbe per assegnare
l'ingiustizia, non più sempre agli stessi candidati, ma la lascerebbe in balia
della dea bendata; al riguardo, immagino che cosa potrebbe accadere, una volta
approvato questo provvedimento, in una sede di Corte d'appello. Si potrebbe
arrivare a dire: ah, questi sono i candidati di Catanzaro e, allora, li
bocciamo. Ah, questi sono i candidati di Milano, allora, allo stesso modo, li
bocciamo. Pertanto, Dio non voglia che all'ingiustizia della sorte si aggiunga
quella delle ripicche tra una commissione d'esame e l'altra; cosa questa
assolutamente possibile se noi lasciassimo le cose in questo modo. Noi abbiamo
esaminato e valutato a lungo la possibilità di migliorare il decreto-legge e
riteniamo quindi che, con la collaborazione del signor ministro e con l'ottimo
lavoro svolto dal relatore e dai componenti della Commissione, possa essere
apportato un notevole miglioramento al testo del provvedimento. Ad esempio,
prevedendo di rinviare di un anno il dato relativo alla compiuta pratica, cioè
al luogo in cui si possa sostenere l'esame; ed eliminando quello che era
considerato il turismo dei candidati; rimane, però, ancora da risolvere il
problema del cosiddetto turismo dei compiti che verrebbero corretti qua e là.
Noi riteniamo, ed in ciò si concretizza la posizione finale del gruppo di
Alleanza nazionale,
che questo decreto-legge possa avere un valore estremamente positivo qualora
funga da monito. In particolare, noi riteniamo che questo provvedimento, così
come modificato dalla Commissione, non debba essere immediatamente applicato ma
possa trovare applicazione...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore!
IGNAZIO LA RUSSA. Ho quasi finito, Presidente.
PRESIDENTE. Non dicevo a lei, onorevole La
Russa, mi riferivo all'Assemblea.
IGNAZIO LA RUSSA. Sì,
è normale. Quella al nostro esame è una materia che non può interessare tutti
i colleghi, ma soltanto ad alcuni. Come dicevo, che questo provvedimento non sia
applicato per la prossima sessione di esami - quella di dicembre - ma per la
successiva sessione di esami. Questa eventualità, oltre a costituire un dato
tecnico costituisce anche un dato politico, e servirebbe anche - e in ciò
ritengo possa avere l'adesione del ministro - da sprone, da monito al Parlamento
affinché esamini e voti in tempi utili il provvedimento relativo all'accesso
alla professione forense. Noi, quindi, diciamo che il problema esiste ed è
grave e ne forniamo una soluzione che presenta delle luci e delle ombre; una
parte di tale soluzione viene applicata immediatamente - mi riferisco, in
particolare, alle incompatibilità individuate dal ministro - il resto troverà
applicazione da qui ad un anno, sempre che il Parlamento, nel frattempo, non
trovi un'intesa e, quindi, non approvi la legge organica di accesso alla
professione forense. Pertanto, il decreto-legge in esame è doppiamente utile.
Da un lato, per segnare la strada per affrontare le ingiustizia a cui prima ho
fatto riferimento; dall'altro, lascia il tempo alla Camera e al Senato di
trovare migliori e più condivisi accorgimenti che possono far sì che le due
ingiustizie - la facilità di promozione in alcune sedi di corti di appello; e
il numero altissimo di giovani candidati bocciati al nord - trovi un'equa
soluzione non affidata alla dea bendata, ma a criteri che tutti dobbiamo
ricercare ed individuare. Noi pensiamo di ritirare i nostri emendamenti,
lasciando così com'è il testo della Commissione, riservandoci di valutare gli
emendamenti presentati da altri colleghi sia pure, almeno allo stato attuale
delle cose, con l'indicazione di votare contro. Facciamo salvo soltanto un
emendamento, che potrà anche essere modificato qualora il relatore lo
richiedesse, e a cui noi attribuiamo il significato di far slittare i tempi di
applicazione del provvedimento per i motivi che ho già ricordato (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO.
Signor Presidente, ho visto che a pagina 27 del resoconto in edizione
provvisoria, mentre svolgevo la mia esposizione, il collega Vascon ha gridato:
imbecille! Ora, non ho nessuna preoccupazione dal punto di vista personale,
perché ciò qualifica chi si comporta in questo modo nell'aula del Parlamento;
tuttavia, proprio perché ciò è avvenuto nell'aula del Parlamento, ritengo che
il Presidente debba intervenire e portare all'organo competente tale questione,
poiché non si può impunemente offendere un collega. Io ho avuto momenti di
contrasto in Assemblea anche accesi, ma non ho mai utilizzato questi termini e
queste parole. Quindi, la parola imbecille non è un problema personale, ma
politico; credo che non si possa far passare così e che la Presidenza debba
portare all'organo preposto la mia richiesta di censura nei confronti del
collega Vascon.
PRESIDENTE.
Onorevole Buontempo, vi è un fatto che riguarda anche l'onorevole Maura
Cossutta, la quale ieri mi ha fatto rilevare come sia stata apostrofata in modo
indegno la scorsa settimana per un episodio che io non conosco, poiché in quel
momento non presiedevo e non ero in aula. Sia un fatto, sia l'altro - sui quali
non sono in grado di esprimere un giudizio, poiché non sono di mia pertinenza -
saranno delegati, come in casi analoghi, all'Ufficio di Presidenza. Nessun altro
chiedendo di parlare sulle proposte emendative riferite agli articoli del
decreto-legge e all'articolo unico del disegno di legge di conversione, invito
il relatore ad esprimere il parere della Commissione. Coraggio, onorevole
Vitali!
LUIGI VITALI, Relatore. Sì, e sangue freddo!
PRESIDENTE. Sangue freddo lo dice lei! Anche
caldo, se vuole.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, innanzitutto vorrei chiedere all'onorevole Antonio Pepe,
presentatore dell'articolo aggiuntivo 6-bis.06,
se sia disponibile a riformularlo, dal momento che giunge in Assemblea con il
parere contrario della Commissione. Se così dovesse essere, signor Presidente,
chiederei una sospensione di cinque minuti per riunire il Comitato dei nove e
riformulare l'articolo aggiuntivo (Commenti
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita,
DL-l'Ulivo e di Rifondazione comunista). Quindi, l'articolo aggiuntivo
Antonio Pepe 6-bis.06...
PRESIDENTE. Scusate
un secondo, onorevoli colleghi: non so se contribuisco a creare un po' di
semplificazione normativa, ma mi sembra di dover dire qualcosa anch'io su questo
articolo aggiuntivo, perché francamente è un po' singolare che in un
decreto-legge si disponga questa decorrenza...
IGNAZIO LA RUSSA. Faccia parlare il relatore!
PRESIDENTE. Ma ha
chiesto una sospensione: dato che ho registrato che molti gruppi, anche della
maggioranza, non vogliono procedere alla sospensione, non so. Formuli allora una
proposta precisa, onorevole Vitali.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, il parere del relatore - ecco perché c'è bisogno di riunire
il Comitato dei nove - potrebbe essere favorevole se l'articolo aggiuntivo
presentato dall'onorevole Antonio Pepe venisse così riformulato: «Le
disposizioni previste dagli articoli 1-bis,1-ter, 2, 3, 5-bis e 6-bis
non si applicano alla prima sessione di esame successiva all'entrata in vigore
del presente decreto-legge». Chiaramente, andrebbe conseguentemente
modificato...
PRESIDENTE. Allora,
scusi... A questo punto non ho... Onorevole Vito, scusi! A questo punto, non ho
che la possibilità di sospendere la seduta per cinque minuti, perché se il
relatore deve formulare questa proposta al Comitato dei nove, perché non è
questa la sede...
ANNA FINOCCHIARO.
Presidente, chiedo di parlare.
PRESIDENTE.
Onorevole Finocchiaro, dia un contributo di saggezza femminile! Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO.
Signor Presidente, ci proverò. Al di là della mia assoluta condivisione della
perplessità da lei espressa sul fatto che stiamo deliberando in via di necessità
e di urgenza con la forma del decreto-legge, nel momento in cui il contenuto
stesso del provvedimento si vuol rendere applicabile a decorrere dal prossimo
anno (a tal riguardo, mi chiedo quale valutazione dei principi di necessità e
urgenza richiesti dalla Costituzione possiamo, per così dire, sopportare), mi
permetto di aggiungere che un emendamento formulato in questo senso è stato già
esaminato poc'anzi dal Comitato dei nove nella seduta delle ore 15,30 e lo
stesso si è espresso in senso contrario. Tutte le sospensioni sono ovviamente
richiedibili e possibili, ma mi chiedo che senso abbia tornare su una decisione
sulla quale il Comitato dei nove si è già espresso.
PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevole Mantini,
dia però un contributo.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, come lei ha già constatato, anche il rinvio di cui stiamo
parlando sarebbe semplicemente volto a valutare la sospensione dell'efficacia
per un anno di un nuovo sistema previsto con decreto-legge. Noi siamo stretti
tra l'alternativa del 2005 che lei - credo ragionevolmente e non esorbitando dai
suoi compiti, ma applicando il buonsenso (per non dire altro) - ha già ritenuto
incompatibile con un decreto-legge e l'alternativa del 2004 su cui non esiste
ancora intesa nella maggioranza e su cui già vi è stato un voto contrario di
tutta la Commissione...
PRESIDENTE.
Onorevole Mantini, quando la confusione è grande, bisogna fare riferimento alle
regole. Il relatore mi ha chiesto di poter convocare il Comitato dei nove ed è
un suo diritto. Pertanto, sospendo per dieci minuti la seduta che riprenderà
alle ore 17,25 (Commenti dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Applausi dei deputati del gruppo
dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
La
seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 17,50.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI
PRESIDENTE. Chiedo
al relatore di riferire all'Assemblea in ordine all'esito della riunione del
Comitato dei nove.
LUIGI VITALI, Relatore.
La Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative
presentate, ad eccezione degli emendamenti Pecorella 1-bis.10
e 3.7 della Commissione. Vorrei ora dare conto della riformulazione, accettata
dal Comitato dei nove, dell'articolo aggiuntivo Antonio Pepe 6-bis.06, per il quale gli uffici forniranno a breve la nuova
numerazione: «Dopo l'articolo 6-bis,
aggiungere il seguente: 6-ter. Le
disposizioni previste dagli articoli 1-bis,
comma 6, 1-ter, 2, 3, 5-bis
e 6-bis non si applicano alla prima sessione di esame successiva
all'entrata in vigore del presente decreto-legge. Non possono essere designati
avvocati che siano membri dei consigli dell'ordine o rappresentanti dei consigli
degli ordini o rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza
forense. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni non
possono candidarsi ai rispettivi consigli dell'ordine ed alla carica di
rappresentante della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense alle
elezioni immediatamente successive all'incarico ricoperto». Si tratta di un
articolo aggiuntivo, signor Presidente, con conseguente rimodulazione della
copertura finanziaria sul quale non possiamo procedere al voto, in attesa del
parere della Commissione bilancio.
PRESIDENTE. È
necessario dare un termine di ventiquattro ore, come lei sa. Comunque, ora la
nuova formulazione verrà distribuita. Stabilito che su tale articolo
aggiuntivo, riformulato dalla Commissione, è indispensabile il parere della
Commissione bilancio, per il quale è necessario dare un termine di ventiquattro
ore, possiamo votare le altre proposte emendative; quando arriveremo
all'emendamento riformulato, dovremo accantonarlo, per il momento. Il Governo?
ROBERTO CASTELLI, Ministro
della giustizia. Signor Presidente, se me lo consente, in sede di
espressione del parere vorrei spendere soltanto due parole sul complesso delle
proposte emendative. Sicuramente molti di voi penseranno che il Governo ha fatto
un errore politico, portando avanti questo provvedimento, che ha incontrato
molte difficoltà, anche all'interno della stessa maggioranza. Ha trovato
parecchie asperità, è stato parzialmente modificato, grazie all'ottima attività
del relatore e, in parte, del Governo. Però, in politica, come nella vita, ho
una convinzione: alcune battaglie si fanno se si è sicuri di vincere, mentre
altre si fanno perché si devono fare, anche se non si è sicuri di vincere;
ebbene, credo che questa faccia parte del secondo gruppo. Credo, infatti, che
oggi, anche se la votazione andrà come sembra che debba andare - secondo gli
ultimi orientamenti espressi dai gruppi ed anche in funzione dell'espressione
del parere della Commissione bilancio (ma ricordo che le spese sono diminuite)
-, nel paese avremo comunque fatto un passo in avanti nel campo della
trasparenza, dell'equità e dell'eguaglianza e questo è un risultato molto
importante, anche alla luce di un messaggio che oggi possiamo mandare. Poiché,
infatti, abbiamo detto che noi vogliamo riformare profondamente il campo della
giustizia, sarebbe stato assolutamente grave qualora, su un provvedimento che
sicuramente non è una riforma e che certamente non ha un'importanza di
carattere nazionale perché riguarda una singola categoria, non fossimo stati
capaci di trovare un accordo all'interno della maggioranza. Credo, quindi, che
questo sia il significato che dobbiamo cogliere dal lavoro, anche tormentato,
che abbiamo svolto in questi giorni. Dico solo che, magari - lo dico
sommessamente -, se il gruppo di Alleanza nazionale avesse fatto presente prima
le proprie esigenze, forse anche i lavori dell'Assemblea sarebbero stati meno
accidentati. Onorevole La Russa, lei ha citato due scandali, ma se legge
attentamente questo provvedimento, vedrà che il provvedimento stesso interviene
su tutte e due le anomalie e non soltanto su una, come lei ha fatto osservare.
Questo provvedimento è, dunque, un importante segnale e ritengo che i motivi di
necessità e di urgenza comunque restino in piedi.
Il Governo non soltanto si impegna a presentare un provvedimento di riforma
generale, ma afferma anche che il testo è già in fase avanzatissima di
attuazione; non può impegnarsi nella sua conversione in legge per il semplice
motivo che su questo punto sovrano è il Parlamento (e devo dire che su questo
tema non tutto va come il Governo auspicherebbe). L'impegno del Governo su
questo tema, dunque, sussiste, ma contestualmente ci vorrebbe anche un impegno
da parte del Parlamento, per riuscire a portare avanti questa riforma. Peraltro,
possiamo farcela prima che il testo del provvedimento entri in vigore e, quindi,
noi lanciamo un segnale fortissimo. Di questo sono assolutamente soddisfatto e
penso che la mia battaglia, che è stata una battaglia solitaria, badate bene -
perché anche nel Consiglio dei ministri io mi sono preso tutte le responsabilità
di questo decreto-legge; peraltro, ho dichiarato prima, alla stampa, che anche
se fosse stato bocciato ciò non avrebbe avuto nessuna implicazione sui rapporti
tra il Parlamento ed il Governo -, abbia tuttavia condotto ad una soluzione che
ritengo sia abbastanza soddisfacente e che, dunque, ci fa ben sperare per il
cammino delle riforme, in particolare di questa. Il Parlamento ha, dunque, di
fronte a sé un traguardo temporale preciso, entro il quale deve portare a
compimento la riforma e quindi questa è una sfida per tutti noi. Con
riferimento allo specifico parere sugli emendamenti, il Governo esprime parere
conforme a quello espresso dal relatore. Tuttavia, solo su un emendamento devo
sottolineare una leggera discrasia con il relatore, dato che sarebbe incoerente
da parte del Governo esprimere parere favorevole su quell'emendamento che è
stato riformulato dal Comitato dei nove e, pertanto, su tale emendamento, il
Governo si rimette all'Assemblea (Applausi
dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare per un
richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Se
ho capito bene, Presidente, è in via di trasmissione ai gruppi parlamentari un
emendamento, che è stato riformulato da parte del Comitato dei nove, con il
quale si sposta di fatto l'entrata in vigore delle norme di un decreto-legge al
2004. Dopo che, in questo Parlamento, facciamo «leggi manifesto», siamo
arrivati anche, come qualcuno ha detto, al «decreto-legge monito» per il
futuro, una sorta di auspicio. Da quanto mi risulta - ammetto di non essere un
esperto in materia -, i decreti-legge devono attenersi ad alcuni principi
costituzionali di necessità ed urgenza. Vorrei, dunque, rivolgere una domanda:
quali sono questi requisiti se poi con una proposta emendativa si stabilisce che
la situazione resta immutata ancora per un anno e mezzo? Si tratta dell'auspicio
della necessità e dell'urgenza nel 2004, Presidente? Mi scusi, ma è una
vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi
dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e
Misto-Socialisti democratici italiani)!
EMILIO DELBONO. Castelli, riappendi il
telefono!
RENZO INNOCENTI.
Non si tratta di uno sfogo, ma di un giudizio politico. Infatti, la maggioranza
e il Governo non sono stati capaci di fornire una risposta a quanti, nel paese,
stanno aspettando l'emanazione di una norma che consenta a tutti l'accesso alla
professione al di fuori delle lobby.
Oltre al dato politico vi è anche un profilo regolamentare. È vero, prima di
ventiquattr'ore, non possiamo procedere alla votazione di una proposta
emendativa che può avere risvolti di ordine finanziario, infatti occorre
attendere il parere la Commissione bilancio. Tuttavia, sinceramente, troverei
singolare che procedessimo all'esame di emendamenti che sono sub
iudice rispetto a quanto poi la suddetta Commissione affermerà in ordine a
tale articolo aggiuntivo. Infatti, si rischierebbe di svolgere un lavoro che,
nel caso di un parere contrario, sarebbe vanificato. Inoltre, a mia memoria -
probabilmente qualcuno dirà che ho la memoria corta -, non ricordo altre
occasioni in cui vi siano stati decreti-legge entrati in vigore dopo un anno e
mezzo. Mi domando: è proprio folle richiedere un parere della I Commissione su
una questione del genere? Si tratta proprio di qualcosa che va al di là del
buonsenso? Mi rimetto alla sua valutazione, Presidente. Signor ministro, ritengo
che la battaglia lei l'abbia combattuta, ma l'abbia anche persa e la prova sta
proprio nel parere favorevole che ha testé espresso su questo articolo
aggiuntivo che non fornirà alcuna risposta a quei giovani destinatari - da lei
citati lo scorso lunedì - che l'attendevano. Questo è un insuccesso suo e
della sua maggioranza!
Se le riforme sulla giustizia sono quelle che abbiamo visto, tutte predisposte ad
personam e se, sulle altre, il primo passo è questo, signor ministro, le
auguro successi migliori (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo
e Misto-Comunisti italiani)!
PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha
facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, oggi è una giornata un po' così per il Governo e per quanto
riguarda i suoi rapporti con il Parlamento. Due ore fa, abbiamo assistito...
PRESIDENTE. Mi
scusi, onorevole Mantini, su quale argomento sta intervenendo?
PIERLUIGI MANTINI.
Esattamente sullo stesso tema sul quale è intervenuto il collega Innocenti.
PRESIDENTE. Ma, su
questo argomento, non possiamo aprire un dibattito.
PIERLUIGI MANTINI.
Presidente, allora intervengo per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE.
Onorevole Mantini, le ripeto che non possiamo aprire un dibattito su tale
argomento; d'altra parte, il problema è già stato sollevato dall'onorevole
Innocenti.
ANTONIO BOCCIA. No,
Presidente, può parlare sempre!
PIERLUIGI MANTINI.
Allora, Presidente, parlo sulle dichiarazioni rese dal ministro limitandomi, per
correttezza, solo a questo punto. Solo qualche ora fa, abbiamo visto il ministro
Pisanu...
PRESIDENTE.
Onorevole Mantini, devo comunque ricordarle che, se interviene sulle
dichiarazioni del ministro, non ci troviamo nell'ambito dell'articolo 50 del
regolamento, dunque non siamo in una fase di dichiarazione di voto. Dunque, la
prego di essere molto succinto. Prego, onorevole Mantini.
PIERLUIGI MANTINI.
Sì, Presidente, tuttavia ribadisco l'esordio che avevo testé accennato.
Abbiamo appena assistito alla sfiducia manifestata da una forza della
maggioranza nei confronti del ministro Pisanu in ordine alle problematiche
sull'immigrazione e adesso assistiamo, evidentemente, ad analoga sfiducia da
parte di altre componenti della maggioranza nei confronti del ministro Castelli
con riferimento all'immigrazione cosiddetta forense; infatti, questo è il tema
trattato dal provvedimento in esame. Limitandomi in questo intervento ai profili
di costituzionalità, devo dire che i rilievi del collega Innocenti sono del
tutto fondati, tant'è che anche noi chiediamo un approfondimento ed un parere
della Commissione affari costituzionali. Signor Presidente, il tema della
decretazione d'urgenza che introduce norme ad efficacia differita è di per sé
un anacoluto, una contraddizione, ma si può motivare anche in termini
costituzionali. Su questo aspetto abbiamo due sentenze della Corte
costituzionale. La sentenza n. 29 del 2002 dichiara illegittimo il differimento
di norme previste dal decreto-legge, essendo in contrasto con l'articolo 3 della
Costituzione, per irragionevolezza. Abbiamo anche una sentenza più ampia in
punto di motivazioni, la n. 391 del 1995, che senz'altro ribadisce
l'impossibilità di differire norme previste da decreti-legge, con l'unica
esclusione delle norme eventualmente aggiunte dal Parlamento al testo originario
del decreto-legge in sede di conversione in legge. Qui, non stiamo parlando di
norme aggiunte dal Parlamento in sede di conversione. Stiamo semplicemente
rinviando di un anno l'efficacia degli articoli fondamentali del decreto-legge.
Quindi, il problema si pone - e come - in termini di costituzionalità. Mi
permetto di richiamare anche il recente messaggio del Presidente Ciampi - ben
noto a lei, Presidente, e credo anche a molti dei colleghi - del 26 marzo 2002,
con cui il Presidente della Repubblica ha rinviato un provvedimento in materia
di zootecnia e via dicendo, esattamente per contrasto con l'articolo 77 della
Costituzione, a causa dello stravolgimento sostanziale del provvedimento
approvato o oggetto di approvazione rispetto al testo del decreto-legge. Dunque,
richiamando formalmente gli argomenti della Corte costituzionale e lo stesso
messaggio del Presidente Ciampi, chiedo su questo aspetto un approfondimento ed
anche il parere della Commissione affari costituzionali, rinviando ai successivi
interventi le valutazioni di carattere politico.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE.
Signor Presidente, mi riferisco all'intervento del collega Innocenti, che parla
di norme manifesto. Qui non si debbono fare interventi manifesto e demagogici,
dicendo che con questo articolo aggiuntivo si fa saltare completamente
l'efficacia del decreto-legge in questione. Invece, non si dice che si tratta di
una piccola parte, tra l'altro voluta anche da una parte dell'opposizione, nel
momento in cui si è criticata la possibilità di mettere mano, in corso ad
opera, ad un concorso - perché di concorso si tratta - di imminente
svolgimento. Le norme principali entrano in vigore immediatamente: si tratta
dell'incompatibilità, della composizione delle commissioni, dell'individuazione
dei criteri generali. Per ragioni organizzative - parliamo di un concorso a cui
partecipano migliaia e migliaia di giovani - si ritiene di saltare il prossimo
appuntamento e di slittare a quello dell'anno successivo, per evitare
ingolfamenti e problemi organizzativi, impedendo che i giovani credano che
questo Parlamento e il ministro che ha proposto il decreto-legge cambino le
regole in corso d'opera. Questo è un argomento che non ha nulla a che vedere
con le ragioni di urgenza e con l'incostituzionalità, così come richiamati, e
che, invece, va incontro alle esigenze di chi è interessato alla materia. Mi
sembra che si dicano cose estranee alla ratio
che ha indotto il Governo e che indurrà il Parlamento, nel momento in cui si
approverà il provvedimento, a far sì che una parte di questo decreto-legge
veda la luce in un momento successivo. Per cui, non facciamo passare la tesi o
l'ipotesi che stiamo approvando un decreto-legge che non ha le ragioni d'urgenza
perché si slitta completamente la sua efficacia. Si tratta solo di una piccola
parte legata alle ragioni che ho detto ed è per questo che l'accesso da parte
della maggioranza a questo tipo di ipotesi è tranquillo e non ha nulla a che
vedere con le ragioni esposte da chi si contrappone in maniera strumentale a
questo provvedimento (Applausi dei
deputati del gruppo di Forza Italia).
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA.
Signor Presidente, io credo che l'onorevole Innocenti abbia correttamente
sollevato una questione relativa all'ammissibilità dell'articolo aggiuntivo.
Dopo, per la verità, il dibattito è andato su altre direzioni.
In ogni caso, credo che sia corretto ricordare che proposte emendative di questa
portata erano già stati dichiarate ammissibili - e le si trova nel fascicolo -,
anzi, più ampie di quelli che andremo a votare dopo il parere della Commissione
bilancio. Tuttavia, poiché nel frattempo il dibattito si è svolto su altri
temi, sia pure con estrema sintesi, voglio rassicurare l'Assemblea che noi non
stiamo facendo niente che non sia conforme alla dottrina, alla giurisprudenza e
alla prassi della Camera. Alla dottrina, perché in essa si discute
effettivamente se i decreti-legge ad efficacia differita siano legittimi o meno:
vi è una tesi secondo la quale sono legittimi; vi è un'altra tesi secondo la
quale sono illegittimi. In giurisprudenza non vi è nessuna pronuncia della
Corte costituzionale circa la conformità o meno della ratio
dell'articolo 77 della Costituzione, mentre nella prassi sono diversi, numerosi,
i casi di decreti-legge recanti norme non autoapplicative, ossia che subiscono
un differimento. Ve ne cito qualcuno. Ce n'è stato uno del 2002, relativo
all'ANAS, dove si prevede la trasformazione dell'ANAS in società per azioni,
ridefinendone i relativi compiti, e contemporaneamente si stabilisce che fino
all'efficacia della concessione di cui al comma 2 - cioè un tempo lungo -,
l'ANAS continua nell'adempimento di tutti i compiti e le funzioni attribuite
all'ente nazionale per le strade. Ce n'è un altro sul CONI, in cui si dice che
vengono applicate le vecchie norme fino alla prima assemblea e in via
provvisoria restano in vigore anche tutte le disposizioni legislative e
statutarie. Quindi, dal punto di vista della prassi non ci sono dubbi. Tuttavia,
quello che è più importante è che noi non stiamo parlando di un requisito di
un decreto-legge, ma dei requisiti di una legge di conversione di un
decreto-legge e su quest'ultimo punto - a prescindere dal fatto che la prassi,
la giurisprudenza e la dottrina, sia pure in forma contrastata, ammettono la
differibilità per i decreti-legge - il criterio della urgenza e della necessità
viene meno in dottrina: non c'è nessuna configurazione di disposizioni di
efficacia differita che è inserita in sede di conversione del decreto-legge
perché si tratta di disposizioni imputabili esclusivamente alla responsabilità
del Parlamento. Questo almeno è quello che noi ci teniamo a dire. Guardate, in
questo senso c'è addirittura un esempio vicinissimo nel tempo. Abbiamo appena
votato, non molto tempo fa, il 28 marzo di quest'anno il decreto-legge n. 49,
recante riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo
supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Quando è
stato convertito con la legge del 30 maggio abbiamo previsto che le disposizioni
contenute nel decreto-legge si applicano, ove non diversamente ed espressamente
specificato, a decorrere dal primo periodo di commercializzazione successivo
alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso. In altre parole,
esattamente come facciamo ora e nessuno ha avuto motivo di lamentarsi. Pertanto,
si tenga conto anche del fatto che l'articolo 15, comma 5 della legge n. 400 del
1988, dice, testualmente, che «le modifiche eventualmente apportate a un
decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a
quello della pubblicazione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente»:
quindi, non c'è nessun problema. Io ripeto che si può tranquillizzare l'aula.
Se, invece, la questione fosse politica, ricordo all'opposizione, che fino ad
un'ora fa tentava di indurci ad una sorta di braccio di ferro con il ministro,
di stare rilassata, perché abbiamo trovato un'intesa che non punisce
l'impostazione politica del decreto-legge: anzi riconosce la correttezza del
lavoro del ministro. Infatti, l'aver sollevato questo problema è un fatto
meritorio, l'aver concesso un termine al Parlamento per trovare una soluzione
definitiva è un fatto estremamente positivo. Quindi, per quanto mi riguarda,
non mi resta che ringraziare sia la Commissione sia il relatore e sia il
ministro che ha correttamente sollevato questo problema.
ERMINIA MAZZONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI.
Signor Presidente, in primo luogo, dopo le dichiarazioni del ministro e le
comunicazioni del relatore in merito a questa proposta emendativa, vorrei
annunciare il ritiro degli emendamenti presentati. Voglio dire che, sicuramente,
la nostra posizione non è mutata, ma rimane quella che abbiamo già evidenziato
in maniera abbastanza chiara attraverso la presentazione di una proposta di
legge che abbiamo depositato nel 2001, in tempi non sospetti. Oltretutto, la
nostra posizione è stata reiterata in Commissione, anche attraverso gli
emendamenti che abbiamo presentato.
Riguardo la questione affrontata dai colleghi che mi hanno preceduto, intendevo
svolgere una considerazione ed invitare tutti quanti ad una riflessione.
Apprezzo la richiesta di rinvio, quindi voteremo a favore di questa proposta
emendativa che rinvia al 2004 l'entrata in vigore della disciplina prevista dal
decreto-legge. Ciò, infatti, consente veramente di rispondere alle obiezioni
che sono state sollevate nei confronti del decreto-legge da tutte le forze
politiche, dalla maggioranza così come dall'opposizione. Nello specifico, a chi
si domanda quale sia la motivazione che ha portato all'adozione di questo
strumento legislativo d'urgenza, rispondo che si tratta di quella stessa
motivazione - che qualcuno individuava come elemento ostativo all'approvazione
del decreto-legge -, la quale risiede nella nuova disciplina dettata
dall'articolo 1.
L'articolo 1 riscrive i tempi della pratica per poter ottenere il certificato
che abilita a sostenere la prova di esame. Questi tempi sono allungati di circa
un anno: infatti, l'articolo 1 stabilisce che il certificato di compiuta pratica
di cui all'articolo 10 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, viene
rilasciato dal consiglio dell'ordine del luogo ove il praticante ha svolto la
maggior parte della pratica ovvero, in caso di parità, del luogo in cui la
pratica è stata iniziata. La maggior parte della pratica, stante il termine
minimo di due anni di compimento della stessa, vuol dire un tempo minimo di
dodici mesi. Attraverso il decreto-legge che stiamo per convertire consentiamo a
coloro che sosterranno l'esame nel 2004 di non trovarsi nella condizione - che,
legittimamente, era stata dai più considerata inaccettabile - di andare a
ledere delle posizioni giuridiche soggettive già consolidatesi. Oggi, abbiamo
la necessità e l'urgenza di approvare questa nuova regolamentazione, affinché
l'anno prossimo non ci si trovi nella stessa condizione di ostacolo in cui ci
siamo trovati quando abbiamo discusso questo decreto-legge.Vi sono dei
praticanti che hanno trasferito la propria sede, che hanno maturato delle
aspettative, le quali debbono essere legittimamente tutelate e non possono
subire modificazioni in corso d'opera.
Con questo decreto-legge e con questa urgenza noi, l'anno prossimo, non
produrremo la stessa situazione e avremo dato efficacia a questo provvedimento;
ciò, perché nel 2004 questa abilitazione verrà gestita in maniera diversa da
come è stata gestita quest'anno, ma non potevamo non accettare le eccezioni
circa l'illegittimità della variazione in corso d'opera rispetto a situazioni
giuridiche che debbono essere tutelate dal nostro ordinamento. Quindi, credo che
questo rappresenti un validissimo motivo d'urgenza per approvare questo
provvedimento, fermo restando che per me - è questo il dato più importante
annunciato in premessa e ribadito in conclusione - è importante attuare una
compiuta riforma. In questo senso, auspico che quest'ultima vada nella direzione
già tracciata dall'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro
attraverso la proposta di legge presentata nel 2001 (Applausi
dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici
di centro).
ENRICO BUEMI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI.
Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento, mi permetto di
richiamare l'attenzione della Presidenza poiché attendevo che mi fosse concesso
di intervenire dalle 12,55 di questa mattina. Ho chiesto ripetutamente la
parola, ma, pur avendo notato che i commessi lo hanno segnalato, l'ho ottenuta
soltanto adesso.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Buemi.
ENRICO BUEMI. So che non è colpa sua.
PRESIDENTE. Ho avuto qualche minuto fa la
segnalazione della sua richiesta e, come vede, ha avuto la parola.
ENRICO BUEMI. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Buemi.
ENRICO BUEMI.
Vorrei porre in via preliminare un'altra questione: i colleghi della maggioranza
si stanno sforzando di far rilevare che tutto è risolto, ma francamente mi pare
non sia così. Vi è un'esigenza più generale e ci rendiamo conto che oggi
l'Assemblea ha già offerto abbastanza argomenti di discussione e, quindi, oggi
si rende necessario mitigare le differenziazioni che si manifestano intorno al
suddetto provvedimento. Queste differenziazioni comunque esistono e credo che
dovrete spiegarlo anche a coloro che, fino a ieri sera, erano i vostri
interlocutori privilegiati.
Il settore delle libere professioni nel nostro paese vive una situazione
particolarmente complessa, ma, nello stesso tempo, necessita di interventi
radicali per risolvere alcune questioni (che da lungo tempo vengono rinviate),
sia dal punto di vista del riordino degli ordini professionali sia dal punto di
vista della ridefinizione dei percorsi formativi e di abilitazione che, come
tutti sappiamo, presentano elementi di forte incertezza. Una risposta
complessiva, tuttavia, non può giungere da un provvedimento di urgenza quale
quello che il ministro ha proposto; tra l'altro non sono state affrontate le
questioni più significative di una riforma che riguarda le libere professioni.
Certamente, il provvedimento rappresenta una scorciatoia e pone questioni di
costituzionalità, intervenendo su una situazione già in essere dal punto di
vista della preparazione concorsuale di moltissimi cittadini italiani che si
sono preparati alle scadenze ormai bandite, sulla base di una normativa che oggi
viene modificata in corso d'opera. Anche le questioni che, in buona fede, il
provvedimento avrebbe voluto affrontare e cercare di superare non vengono
risolte perché le soluzioni proposte, nonostante gli emendamenti presentati e
le modifiche apportate, rimangono farraginose, burocratiche ed inefficaci dal
punto di vista della tutela del principio...
PRESIDENTE.
Onorevole Buemi, le ricordo che il suo è un richiamo al regolamento, non nel
merito.
ENRICO BUEMI. Io,
per la verità, pensavo di intervenire nel merito, poiché attendevo che mi
fosse data la parola dalle 12,55 di questa mattina.
PRESIDENTE. No, le
dichiarazioni nel merito le potrà svolgere in sede di dichiarazione di voto.
Invece, in ordine al tema del regolamento...
ENRICO BUEMI. Detto
ciò, ritengo che il provvedimento affronti certamente varie questioni di
immediata applicazione, ma, anche con riferimento alla questione specifica
affrontata immediatamente prima del mio intervento, sostengo che un aspetto di
minore rilevanza, marginale rispetto al cuore del provvedimento, non possa
certamente giustificare una procedura quale quella testé richiamata.
PRESIDENTE. Grazie
e mi scuso ancora, a nome della Presidenza, per non averle concesso la parola
non appena lei l'ha chiesta.
PIER PAOLO CENTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO.
Signor Presidente, credo che ci troviamo di fronte ad un'anomalia nel modo con
il quale stiamo procedendo nei nostri lavori. La disponibilità, infatti,
offerta dal ministro, dal relatore e dal Comitato dei nove ad accogliere una
rielaborazione di un emendamento che, sostanzialmente, svuota il contenuto del
decreto-legge, pone il Parlamento di fronte ad un'anomalia nel modo di procedere
(lo evidenziava anche il capogruppo di Alleanza nazionale nel suo intervento,
senza, forse, rendersene conto). Si dice, infatti, che il provvedimento è
discutibile e che si può rinviare la sua entrata in vigore di un anno,
stabilendo, in questo modo, un termine certo affinché il Parlamento possa
intervenire rispetto alla modifica relativa all'accesso alle libere professioni
e, quindi, all'attività forense. Il Parlamento si fa porre un limite da un
decreto-legge, anche se non lo condivide la stragrande maggioranza dei deputati
(è come se si ponesse una tagliola per poi essere obbligati nuovamente ad
intervenire nella materia). Francamente, credo che ci troviamo di fronte ad
un'anomalia non solo costituzionale (rispetto al ruolo, alla funzione ed ai
motivi per cui il Governo può emanare un decreto-legge), ma anche nel rapporto
tra Governo e Parlamento. Il Parlamento è una sede libera che non ha bisogno di
istituire il metodo della decretazione d'urgenza come condizione per essere
obbligato ad affrontare una materia seria ed importante come quella del libero
accesso alle professioni. Credo sia necessario che questo decreto-legge venga
rivisto anche sotto il profilo della sua costituzionalità, ma almeno
l'autonomia del Parlamento, che non può essere sottoposta a vincoli di
decreti-legge non condivisibili ma dichiarati tali, che hanno soltanto cioè la
funzione di obbligare le camere a legiferare in quella materia, debba essere
salvaguardata dal Presidente della Camera con grande chiarezza. Non c'è
decreto-legge che possa porre vincoli al Parlamento nella sua autonomia di
legiferare per il futuro. Deve essere dunque ben chiaro per i colleghi che se si
vota su questo decreto-legge, sul quale noi del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo
esprimeremo voto contrario, non c'è giustamente alcuna garanzia che possa
essere data rispetto ad un intervento ulteriore del Parlamento per la modifica
degli effetti che il decreto-legge porrà in essere nel corso della sessione
successiva dell'esame.
LUIGI VITALI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò molto breve. Credo di aver
osservato sino a questo momento un religioso silenzio, pur essendo il relatore
di questo provvedimento. Tuttavia, nel momento dell'assunzione delle
responsabilità, devo dire in maniera chiara quale sia la mia posizione, senza
polemiche né critiche, proprio perché rimanga una traccia dell'attività
intensa svolta in Commissione. Ringrazio in tal senso sia il Governo sia i
membri della Commissione che hanno portato un contributo importante per
modificare e migliorare questo decreto-legge senza stravolgerne il contenuto.
Così come si presume verrà licenziato da questa Camera, questo decreto-legge
non è proprio quello per il quale ha lavorato il relatore. Lo dico con molta
chiarezza, rimettendomi comunque ad un principio importante in democrazia, che
è quello della maggioranza. In questo Parlamento evidentemente questo tipo di
decreto-legge è l'unico testo normativo possibile e rispetto in tal senso la
volontà del Parlamento. Detto questo, vorrei dire rapidamente che questo
decreto-legge, che noi stiamo convertendo in legge, ha due meriti fondamentali
ed importanti: il primo è quello di aver posto sicuramente per la prima volta
un problema grave ed urgente che è stato sollevato in maniera unanime
dall'intera avvocatura, ovvero dagli organismi che rappresentano l'avvocatura.
Infatti, il consiglio nazionale forense, l'OUA e l'AIGA rappresentano sino a
prova contraria l'avvocatura. Questo decreto-legge ha avuto la capacità di
porre sul tappeto questo problema; un problema che riguarda il turismo forense,
una disomogeneità dei criteri nella valutazione dei candidati, la
discriminazione fra ricchi e poveri, ho sentito dire stamattina. Ebbene, questo
decreto-legge va esattamente in questa direzione perché senza di esso i ricchi
avrebbero continuato ad avere l'abilitazione potendosi permettere di andare in
certe sedi, mentre i poveri avrebbero dovuto rimanere necessariamente in quella
sede. Pone quindi dei problemi importanti, sollevati più volte in maniera
unanime dall'intera avvocatura. Un altro merito importante di questo
decreto-legge, che non può essere sminuito dagli interventi critici anche
dell'opposizione, è il sistema e la metodologia con i quali vengono risolti
questi problemi. Vengono infatti risolti attraverso una certificazione
rilasciata in maniera diversa, attraverso la correzione incrociata dei compiti
per sorteggio, con la previsione dell'incompatibilità e l'ineleggibilità dei
commissari della commissione, in maniera che non è stata assolutamente
scalfita. L'entrata in vigore differita infatti, ancorché legittima e
assolutamente costituzionale, è una scelta del Parlamento, non un
disconoscimento di questo decreto-legge. È una scelta del Parlamento alla quale
noi quindi ci inchiniamo, anche se non era la nostra volontà. Infatti, è
alquanto suggestivo sollevare un problema, quindi risolverlo e poi fare entrare
in vigore questa soluzione in un momento successivo.
Ho concluso, signor Presidente. Circa le osservazioni e le critiche che, da
ultimo, sono state sollevate dall'onorevole Innocenzi, l'unica verità è che,
probabilmente, il Parlamento affronta in ritardo il problema dell'accesso alla
professione di avvocato, ma si tratta di una responsabilità che questa
maggioranza ha soltanto da due anni, il centrosinistra l'ha avuta per almeno
sette anni.
PRESIDENTE. La
ringrazio, onorevole Vitali. Onorevoli colleghi, sono stati sollevati due
problemi. Il primo, che è di carattere politico ed esula quindi dalla
valutazione di questa Presidenza, riguarda i rapporti all'interno della
maggioranza, perché alcuni interventi hanno fatto rilevare l'incertezza
presente nella formulazione dell'emendamento che rivelerebbe, in qualche modo,
un conflitto all'interno della maggioranza. Si tratta di un problema che esula
dalle competenze della Presidenza. L'altro tema, invece, attiene alle competenze
di questa Presidenza e riguarda la compatibilità di una norma che prevede il
differimento di un termine all'interno di un decreto-legge. La Presidenza
ritiene che, in questa fattispecie, tale compatibilità sussista, poiché si
tratta di un differimento temporaneo che è volto a non compromettere gli
adempimenti che sono stati già svolti in connessione con le sessioni di esame
già previste. Tra l'altro - e questo è un altro elemento che ritengo decisivo
- le norme in questione vengono inserite in sede di conversione in legge del
provvedimento in esame. Pertanto, ritengo che si possa procedere e che
l'emendamento sia ammissibile.Passiamo alla votazione dell'emendamento Buemi Dis.
1.1. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha
facoltà.
LUCIANO VIOLANTE.
Vorrei invitare l'Assemblea a votare favorevolmente sull'emendamento Buemi Dis.
1.1 e spiego rapidamente perché. Si tratta di un emendamento soppressivo. Qual
è la funzione di questo voto? Io non contesto il lavoro della Commissione,
credo infatti che abbia cercato di fare il massimo possibile nelle condizioni
date. Però sappiamo che non tutti sono soddisfatti, anzi, sappiamo esservi una
grande insoddisfazione in relazione alle forme previste in questo provvedimento
per l'accesso alla professione forense. L'accesso alla professione forense è
una cosa di grande importanza, perché riguarda i diritti dei cittadini. Se
accedono persone non sufficientemente qualificate, evidentemente, i diritti dei
cittadini sono meno garantiti e meno tutelati. Poiché il Governo, come
sappiamo, ha presentato un emendamento che rinvia l'entrata in vigore
praticamente di un anno e mezzo, mi chiedo se non sia meglio che il
provvedimento si fermi qui, il Governo presenti un disegno di legge e la
Commissione lavori approfonditamente per mettere a punto un sistema organico di
accesso alla professione, cosa che richiedono tutte le associazioni forensi.
Dopodiché, noi ci impegniamo ad affrontare questo tema anche nella sessione di
bilancio, se si vuole fare presto. In questo modo, presenteremmo uno strumento
ben fatto, lavoreremmo perché vi sia una regolamentazione completa dell'accesso
alla professione forense e metteremmo da parte questo strumento che non entra in
vigore immediatamente. Mi sembra che questa sia la strada migliore.
Questa è la ragione per cui sosteniamo questo emendamento e chiediamo ai
colleghi di votarlo. Ripeto, abbiamo davanti a noi tutto il tempo per affrontare
organicamente questa materia e presentare quella proposta di legge che credo
tutti vogliamo, che stabilisca un accesso equo, ma selezionato all'esercizio
della professione forense.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, abbiamo compreso che questa maggioranza ama le cose
differite: dopo l'arresto in flagranza differita, oggi ci propone un
decreto-legge in differita. Credo che quello che avviene oggi sia un fatto molto
grave, perché, è vero, si era detto in Commissione che la riforma dell'accesso
alla professione legale era attesa da lunghi anni e che, in queste ore, è
attesa anche da tutti quei giovani che attendono una riforma o comunque una
possibilità di mettere mano ad un sistema che non funziona. Tuttavia, come era
stato detto in Commissione, tutti presupponevano che una riforma di questa
portata comportasse un intervento ad ampio raggio, ben al di là dei contenuti
del decreto-legge.
Abbiamo contestato tutti la scelta del decreto-legge, la consideravamo
ingiustificata e ingiustificabile; nonostante questo, il Governo e la
maggioranza sono andati avanti e, nonostante questo, le opposizioni hanno
contribuito a migliorare notevolmente il testo. Credo che, in quest'aula, si
possa fare tutto, tranne che prendere in giro il Parlamento. Infatti, sentire,
oggi, i rappresentanti della maggioranza sostenere che il decreto-legge si
giustifica (che, quindi, sarebbe importante), dopo aver contestato e contrastato
questo provvedimento, credo sia una presa in giro. Il ministro Castelli, esce
chiaramente sconfitto dal suo tentativo di mettere mano a questo sistema. Oggi,
in aula, abbiamo sentito gli insulti e l'invito, rivolto al ministro Pisanu, a
cambiare mestiere. Evidentemente, queste divergenze e queste situazioni che
creano un clima pesante all'interno della maggioranza non sono sufficienti per
determinare conseguenze oggettive. Il ministro Castelli, in questo momento,
sceglie di accettare questo dato di fatto, vale a dire uscirne sconfitto.
Bisogna evitare di affermare che il decreto-legge è necessario solamente per
introdurre il diritto comunitario nelle materie di esame e per stabilire
l'incompatibilità. Credo che ciò faccia ridere. Evitiamo almeno queste
argomentazioni, come abbiamo sentito precedentemente nel corso degli interventi
degli esponenti della maggioranza. Avremmo votato contro tutte le proposte
emendative soppressive, proprio perché abbiamo avuto un approccio costruttivo
all'intero provvedimento. Annuncio che esprimeremo un voto a favore su tutte le
proposte emendative soppressive, perché questo provvedimento davvero non ha più
alcuna giustificazione (Applausi dei
deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, non ho difficoltà ad ammettere che, se non si fosse
verificata questa curiosa «ammuina» intorno al decreto-legge, avremmo avuto,
anche in relazione all'emendamento in esame, un atteggiamento diverso.
Obiettivamente, abbiamo svolto, su questo tema, tutto il nostro lavoro, sia
nelle aule del Parlamento sia fuori, con l'intento di contribuire ad una riforma
di tipo organico, sulla base dei nostri provvedimenti di riforma dell'accesso
alla professione e di riforma delle professioni, seguendo anche l'emergenza che
ci è stata imposta dal decreto-legge. Infatti, siamo assolutamente convinti,
condividendo le ragioni del consiglio nazionale forense, dell'OUA, del documento
di Arezzo dell'avvocatura, che esiste, nel modo attuale di svolgimento degli
esami di avvocato, una sperequazione.
Prendo, per comodità, l'espressione utilizzata poc'anzi dal collega Vitali: è
giusto che esistano ancora i ricchi e i poveri, il nord e il sud del mondo?
Vorrei chiedergli, in relazione alla questione dell'esame di abilitazione alla
professione forense, chi siano i poveri e chi i ricchi. I poveri sarebbero
quelli che non possono recarsi a Catanzaro (lo dico, absit iniura verbis, con una metafora)? Poveri di che? Di cosa?
Poveri con riferimento alla possibilità di accesso alle professioni. Chiedo,
all'onorevole Vitali e a tutti i colleghi, se non fosse stato il caso di
riflettere maggiormente in relazione all'intervento legislativo su questa
materia. Chiedo se non sia giusta la suggestione (che è anche una linea che
ritroviamo nelle proposte emendative del gruppo della Margherita) di considerare
un'anomalia, non solo quella relativa alla città Catanzaro (ossia, il luogo ove
vi sarebbe la maggior parte degli ammessi e, quindi, dei promossi), ma,
parimenti, quella legata ai luoghi in cui si registra un eccesso di bocciati, di
considerare, quindi, quelle condizioni che rendono povera una parte importante
delle nuove generazioni professionali. Se l'anomalia è questa, pur volendo
seguire la logica un po' emergenziale di questo decreto-legge, abbiamo chiesto,
attraverso le nostre proposte emendative, in assenza di una riforma organica, di
mandare un messaggio di equità e di in perequazione. Abbiamo proposto di
inviare un commissario, previa nomina del ministro, scelto dal consiglio
nazionale forense d'intesa con le università, nelle sedi che producono
risultati anomali in eccesso o in difetto perché è evidente, continuando ad
usare la sede di Catanzaro, ma solo come una metafora, evidentemente (Commenti)...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Mantini.
Colleghi, vorrei silenzio, per favore!
PIERLUIGI MANTINI.
È evidente che esiste l'anomalia della sede nella quale vi sono troppi
promossi, secondo le preoccupazioni del ministro e, in parte, anche del
consiglio nazionale forense solo perché vi sono le sedi, bocciando troppo,
determinano le ragioni del turismo forense o del trasferimento. Quindi, è con
equilibrio che andava approcciato il problema.
Nei nostri emendamenti, abbiamo proposto di inviare un commissario nominato dal
consiglio nazionale forense...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini...
PIERLUIGI MANTINI.
...d'intesa con le università, nelle sedi che producono risultati anomali. Ci
è stato obiettato che ciò avrebbe prodotto un costo di circa due miliardi.
Ora, noi siamo assolutamente responsabili e consapevoli delle esigenze generali
di bilancio, ma stiamo parlando di un esame di Stato che è un atto dovuto, per
il quale, forse, quello di due miliardi non era un costo insormontabile. Si è,
invece, voluto insistere...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini...
PIERLUIGI MANTINI.
...su un provvedimento - lo dirò meglio dopo, signor Presidente, aderendo
senz'altro al suo invito - che è grottesco perché è iniziato com'è iniziato:
con una girandola di compiti e di candidati da un distretto all'altro; poi, si
è arrivati a limitare la girandola solo ai compiti.
PRESIDENTE. Onorevole Mantini, dovrebbe
concludere.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, siamo anche in sede di conversione di un decreto-legge! Alla
fine, è mancata la maggioranza anche su questo. Dunque, noi insisteremo ad
illustrare i nostri emendamenti, che sono volti a dare una soluzione...
PRESIDENTE. Onorevole Mantini, adesso deve
proprio concludere.
PIERLUIGI MANTINI. ...costruttiva che la
maggioranza, signor Presidente, non riesce a dare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI.
Signor Presidente, richiamo l'attenzione dei colleghi su questo emendamento
soppressivo dell'intero articolo 1 del disegno di legge di conversione. La
ragione di fondo risiede nel fatto che, come dimostra la discussione svoltasi
finora, l'utilizzo dello strumento del decreto-legge non ha consentito di
sviluppare in maniera approfondita tutta la problematica collegata con una
riforma del sistema di abilitazione alla professione di avvocato. Ho detto nel
mio precedente intervento che la situazione degli ordini professionali è
complessa e sicuramente da affrontare; ma lo strumento qui proposto ha mostrato
tutti i suoi limiti, anche di tipo formale. Pertanto, questo emendamento
soppressivo vuole azzerare la situazione e consentire a questo Parlamento di
affrontare l'argomento con tempi e modalità normali e non sulla base di
un'urgenza che, francamente, non vedo.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Buemi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha
facoltà.
CAROLINA LUSSANA.
Signor Presidente, intervengo brevemente per esprimere la netta contrarietà del
gruppo della Lega nord Padania nei confronti di questo emendamento soppressivo
e, soprattutto, per replicare ad alcuni colleghi i quali, nei loro interventi,
hanno sottolineato che il ministro Castelli risulterebbe sconfitto, in
quest'aula, dal risultato della discussione.
Io ritengo, invece, che il ministro Castelli risulterà sicuramente vincente (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega nord Padania - Applausi polemici dei deputati
dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo)...
Signor Presidente...
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!
CAROLINA LUSSANA.
...perché ha avuto il merito di far prendere atto a questo Parlamento di un
problema che esiste: vi è una forte sperequazione, nella percentuale dei
promossi, tra diverse aree geografiche del paese, tra distretti di corti
d'appello del nord e del sud (Commenti dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo). Egli ha
predisposto il provvedimento con la collaborazione della Commissione, di tutta
la Commissione! Vi sono forze politiche - mi riferisco ai Democratici di
sinistra-l'Ulivo - che, fino a stamattina, non contrastavano nel merito il
provvedimento e che adesso, invece, si smarcano. Forse quello che vi dà
fastidio è il fatto che la maggioranza si sia ricompattata e abbia risolto
alcune questioni che erano rimaste in sospeso e che il ministro, con la
collaborazione poi del relatore e dei commissari, è riuscito a dipanare (Applausi
dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Allora, questo decreto avrà
una enorme importanza, soprattutto quella di rompere il legame tra esame e
territorio; di questo forse non si è sufficientemente parlato, ma è questo
legame che molte volte crea le anomalie per cui magari al nord - perché c'è
una lobby di avvocati e di professionisti che ha interesse a che non venga
promossa una percentuale considerevole di ragazzi - passa solo il 20 per cento,
al sud, invece, abbiamo un atteggiamento molto più favorevole. Questo
provvedimento porrà fine a quel fenomeno di cui abbiamo parlato questa mattina,
che purtroppo danneggia tanti ragazzi, costretti a trasferirsi al sud per avere
una speranza in più di passare queste esame ed inserirsi, a titolo, a ragione,
dopo essersi laureati, dopo avere fatto praticantato, nel mercato del lavoro.
Noi con questo provvedimento porremo fine a questi viaggi della speranza e al business
che si cela dietro a questi viaggi.
Quindi richiamo anche in questo senso ad una maggiore responsabilità i colleghi
del sud, perché ci sono ragazzi del nord che si trasferiscono, che prendono
casa in affitto; adesso questo non sarà più necessario. Introduciamo dei
criteri di omogeneità, di equità e anche di certezza in quelli che saranno i
criteri di valutazione dei compiti (Commenti
dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita,
DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Colleghi, francamente, non capisco
questa intolleranza. Mi sembra esagerata.
ALFONSO GIANNI. Ci siamo stufati di un
dibattito francamente insopportabile!
PRESIDENTE. Questa intolleranza non è
ammissibile. Quindi, chi non se la sente di ascoltare il collega si può
accomodare fuori.
CAROLINA LUSSANA.
Per quanto poi riguarda l'efficacia differita di alcune norme del decreto-legge,
beh, il gruppo della lega nord Padania avrebbe preferito una entrata in vigore
immediata e mi sembra che questa sia la posizione anche del Governo. Però è
importante sottolineare che non vengono differite tutte le norme del decreto, sì
una parte rilevante, ma una parte altrettanto rilevante di significativa
importanza entrerà immediatamente in vigore. Si tratta di quelle norme sulla
incompatibilità e sulla ineleggibilità che io stamattina ho definito avere un
importante, importantissimo valore e carattere moralizzatore. Il Governo e la
Lega nord Padania avrebbero preferito forse una immediata entrare in vigore, però
il Parlamento è sovrano, i tempi li decide il Parlamento. Per questo riteniamo
di aver fatto una grande cosa nell'aver sollevato il problema. Certo, questo è
il primo passo, prendiamoci tutti l'impegno per arrivare ad una riforma organica
e complessiva dell'accesso alla professione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Tarditi. Ne ha facoltà.
VITTORIO TARDITI.
Signor Presidente, anch'io sarò brevissimo. Ritengo che all'interno della
stessa opposizione siano state quest'oggi manifestate due diverse posizioni non
più tardi di 5 minuti fa. Quindi, quando si accusa la maggioranza di essere
divisa prima bisognerebbe guardare a casa propria. Perché? Perché l'onorevole
Mantini ha sollecitato, e a mio avviso giustamente, un esame di accesso alla
professione di avvocato più semplificato nell'interesse dei giovani che si
avviano alla professione forense, mentre mi è sembrato che il presidente
Violante abbia detto esattamente il contrario. Ma noi così andiamo verso un
accesso alla professione uguale a quello previsto per la professione di medico e
di ingegnere; solo nell'esame d'avvocato esistono dei paletti di una gravità e
di una intollerabilità tali che io ringrazio ancora oggi il ministro per aver
posto il problema sul tavolo in modo da poter poi tutti insieme vedere di fare e
formulare una proposta di legge che vada in una direzione di maggiore equità
nei confronti di questi giovani, a cui affidiamo soltanto l'esercizio di una
libera professione. Quindi, Forza Italia è fortemente contraria a questo
emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO.
Signor Presidente, credo non si possa arrivare alla menzogna. Il nostro appoggio
al testo originario del decreto certamente non teneva conto delle motivazioni di
cui ha parlato l'onorevole Lussana; l'ho spiegato oggi in aula. È una sconfitta
grave questa, onorevole Lussana; se avete fatto un decreto l'avete fatto perché
entri immediatamente in vigore; questo testo, con questo rinvio, non è
esattamente l'accoglimento di quella richiesta, secondo noi da assecondare, che
veniva e che viene da parte di tutta l'avvocatura italiana. Noi non stiamo
cambiando posizione, stiamo soltanto constatando che questo modo di procedere
non è serio. Il ministro, a questo punto sconfitto, potrà avere la nostra
umana comprensione ma non il nostro voto.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Avverto che è stata richiesta la votazione mediante
procedimento elettronico. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Buemi Dis.1.1, non accettato dalla Commissione né
dal Governo. (Segue la votazione).
GIORGIO PANATTONI. Presidente, guardi lì!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti
434
Votanti 424
Astenuti 10
Maggioranza 213
Hanno votato sì 194
Hanno votato no230)
Prendo atto che
l'onorevole Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 1.2. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà (Commenti).
Colleghi, quando un collega chiede di parlare, ritengo che ne abbia il diritto.
PIERLUIGI MANTINI.
La ringrazio signor Presidente. L'emendamento in esame rappresenta una delle
tante dimostrazioni del fatto che abbiamo cercato e tuttora cerchiamo di
contribuire positivamente per giungere ad approvare un provvedimento un pochino
meno grottesco e irrazionale di quello per decreto imposto dal Governo e poi
modificato totalmente dalla maggioranza e, addirittura, rinviato come data di
applicazione al 2004. L'emendamento alla nostra attenzione prevede che nella
fase temporanea, cioè in quella di vigenza del decreto-legge in esame, è
competente, ai fini del rilascio del certificato di compiuta pratica, l'ordine
professionale a cui è iscritto il candidato nel momento in cui il decreto-legge
entra in vigore. Insomma, congela un po' la situazione allo stato attuale. Poiché
il primo comma dell'articolo 1 individua un altro criterio in ordine al
certificato di compiuta pratica - quello della pratica prevalente - allora,
abbiamo deciso di presentare l'emendamento in esame con il quale si aggiungono
al comma 1-bis le parole: «in deroga
ai criteri di cui al comma 1». Ciò con il fine di specificare meglio che
l'ordine professionale competente al rilascio del certificato di compiuta
pratica è, ripeto, l'ordine al quale risulta iscritto il candidato utilizzando,
in tal modo, i criteri attuali e non quelli di cui al comma 1 dell'articolo 1.
Questo rappresenta anche lo spirito della discussione svoltasi in Commissione.
l'emendamento è volto solo ad esplicitare e a chiarire meglio la questione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Mantini 1.2, non accettato dalla Commissione né
dal Governo.(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti
423
Votanti
324
Astenuti
99
Maggioranza
163
Hanno
votato sì
90
Hanno
votato no 234)
Prendo atto che
l'onorevole Ascierto non è riuscito a votare. Passiamo alla votazione
dell'emendamento Mancini 1-bis.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha
facoltà.
GIACOMO MANCINI.
Signor Presidente, con l'emendamento in esame ci proponiamo di sopprimere il
maxiemendamento presentato una settimana fa dal relatore il quale, prima della
retromarcia veloce operata dal ministro, aveva cercato di accogliere le critiche
motivate e circostanziate provenienti dall'opposizione e confermate anche da
settori della maggioranza. Il tentativo, certamente lodevole, del relatore era
disperato perché se da un lato intendeva accogliere le giuste rimostranze,
dall'altro aveva l'esigenza di non sconfessare il ministro; ministro che oggi ha
provveduto a sconfessarsi da solo. Come spesso avviene le missioni impossibili
falliscono; e la rappresentazione di questo fallimento è data dal meccanismo
farraginoso che con il maxiemendamento viene introdotto. I punti di critica sono
tanti; noi intendiamo soffermarci soltanto sul più importante che riteniamo
determinante e insuperabile. Il prossimo anno, nel 2004, quando questa riforma
sarà applicata, a causa di questo meccanismo farraginoso, i candidati saranno
giudicati da diverse commissioni di esame; una commissione li giudicherà per la
prova scritta; un'altra commissione li giudicherà per la prova orale. Questo
non è possibile, e non siamo soltanto noi ad affermarlo, ma anche la
Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati, che
fornisce un parere contrario al provvedimento, che testualmente vado a recitare.
La VII Commissione, infatti, ritenuto che l'attribuzione ad organi diversi del
compito di valutare le prove scritte e quelle orali contrasti con l'esigenza di
assicurare una adeguata omogeneità di giudizio nelle diverse fasi della
procedura, con il rischio di determinare un ampio e complesso contenzioso,
esprime parere contrario. Per tale motivo, signor Presidente, il Parlamento si
trova oggi dinanzi a due strade. La prima è quella di far finta di niente, e
far sì che il maxiemendamento presentato dalla Commissione e questa riforma
araffazzonata vengano approvati, in modo da provocare danni e paralisi al futuro
esame per l'abilitazione alla professione forense, che saranno causati da un
elevato numero di ricorsi amministrativi; l'altra possibilità, invece - che mi
auguro sia valutata e sostenuta -, è quella di approvare il nostro emendamento,
di mettere finalmente una pietra tombale su questo provvedimento e di far sì
che il Parlamento elabori una riforma organica per l'accesso alle professioni più
giusta e più equilibrata rispetto a quella attuale (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Mancini 1-bis.11,
non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
(Bilancio) ha espresso parere contrario. (Segue
la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 423
Votanti 417
Astenuti 6
Maggioranza
209
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 231).
Passiamo alla
votazione dell'emendamento Fanfani 1-bis.25.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha
facoltà.
TINO IANNUZZI.
Signor presidente, non intendo soffermarmi su argomenti già abbondantemente
trattati dal gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo nel corso dell'esame di questo
provvedimento, quali la totale inadeguatezza dello strumento prescelto dal
Governo, il decreto-legge (come le vicende grottesche di oggi pomeriggio
confermano inequivocabilmente), e la necessità che ogni riflessione in questa
materia dovrebbe essere inserita in una cornice ben più ampia, legata
all'intero ordinamento delle professioni e ad una valutazione approfondita sui
modelli dello studio universitario e postuniversitario.
Non intendo soffermarmi neanche su un altro punto che è stato chiarito, ossia
che è sbagliato il presupposto sul quale il Governo si è fondato per
l'adozione di questo decreto-legge, vale a dire che siano situazioni in qualche
misura anomale e preoccupanti quelle che si registrano nelle corti d'appello con
una percentuale di promossi agli esami di abilitazione alla professione forense
estremamente elevata, perché situazioni parimenti anomale e preoccupanti sono
quelle che si registrano nelle corti d'appello nelle quali la percentuale delle
persone che superano l'esame di abilitazione alla professione forense è
estremamente esigua e ridotta, al di sotto di ogni ragionevole standard e limite
numerico. Tuttavia, intendo entrare nel merito, perché con l'articolo 1-bis
del provvedimento al nostro esame viene disegnato l'inizio del procedimento
irragionevole, farraginoso e del tutto scoordinato e che, sia pure con
un'efficacia differita, si vuole offrire al nuovo modello degli esami di
abilitazione alla professione forense. Per la prima volta nella storia delle
procedure di selezione pubblica nel nostro ordinamento giuridico, infatti -
perché non ricordo nessun esempio di tal tipo -, il candidato sarà sottoposto
ad una valutazione che passa attraverso tre diversi organismi: una commissione
centrale ministeriale, chiamata a fissare criteri di valutazione degli elaborati
scritti e delle prove orali; la sottocommissione sorteggiata per la correzione
degli elaborati scritti; la sottocommissione, che corrisponde al luogo di
residenza naturale di ciascun candidato, per lo svolgimento delle prove orali.
Si è ricorso ad un'abile operazione di ridisegno, si è cercato, cioè,
attraverso le denominazioni adoperate di far ritenere che siamo di fronte ad
un'unica commissione ministeriale che poi ha tante articolazioni territoriali e
tante sottocommissioni in ciascuna corte d'appello. In realtà, non possiamo
guardare al nomen iuris degli istituti
delineati da queste norme, bensì alla profondità e all'intima natura degli
istituti introdotti. È bene evidente che siamo in presenza di tre organismi
distinti, diversi e separati, che confliggono radicalmente con il principio di
continuità che deve sempre sorreggere lo svolgimento delle operazioni selettive
e con il principio di omogeneità delle valutazioni che non può essere
abbandonato in qualunque procedura concorsuale o selettiva pubblica. Non vi è
dubbio che, in questo caso, vi sono tre organismi che non possono ricondursi ad
un'unica entità, perché diverse sono le sedi di istituzione e diverse sono le
composizioni territoriali: l'una con ceto forense, magistrati e cattedratici di
una corte d'appello e l'altra con avvocati, magistrati e cattedratici di altra
corte d'appello. Diverse, nettamente distinte e separate sono le funzioni
affidate a questi tre organismi. Allora, siamo contrari a questo meccanismo che
confligge anche con una considerazione di ragionevolezza che deve sempre
presiedere la costruzione delle norme legislative. Ogni giovane che si forma
alla pratica forense nel suo territorio naturale, in qualche misura, acquisisce
il clima culturale, l'impostazione forense, la prassi e l'abitudine nella
redazione dei pareri motivati e degli atti giudiziari (oggetto degli elaborati
scritti per gli esami di abilitazione forense) e che sono diversi da territorio
a territorio. Allora, è del tutto ragionevole che ogni giovane che si è
formato nella pratica forense, in quel territorio, con quel clima culturale, con
quell'impostazione e con quelle prassi sia giudicato da commissioni formate da
componenti di quei territori. Ecco perché siamo contrari a questo meccanismo
pericoloso, che confligge con i principi generali, di carovane itineranti, di
compiti che vanno dall'uno all'altro lembo del paese, dall'una all'altra corte
d'appello. Non è certamente questo un meccanismo serio, ragionevole ed
equilibrato per il nuovo modello degli esami di abilitazione forense (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Fanfani 1-bis.25,
non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 424
Astenuti 5
Maggioranza 213
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 231).
LORENZO ACQUARONE. Presidente...
PRESIDENTE. Avverto
che gli emendamenti Cristaldi 1-bis.1
e 1-bis.2, Mazzoni 1-bis.26,
Cristaldi 1-bis.3 e 1-bis.4 sono stati
ritirati. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mancini 1-bis.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancini. Ne ha
facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, avevo
chiesto di parlare!
PRESIDENTE.
Onorevole Acquarone, pensavo volesse intervenire con riferimento agli
emendamenti ritirati. Le darò la parola dopo che sarà intervenuto l'onorevole
Mancini. Prego, onorevole Mancini.
GIACOMO MANCINI.
Signor Presidente, gli unici due elementi di novità del decreto-legge del
ministro Castelli che troveranno immediata applicazione sono quello
rappresentato dall'inserimento di una nuova materia di esame, il diritto
comunitario, nonché l'inserimento delle incompatibilità e delle ineleggibilità
dei consiglieri del consiglio dell'ordine che ricoprono l'incarico di
esaminatori. Ritengo che questa seconda introduzione sia grave, perché eleva a
regola generale una patologia grave che va combattuta: fare ciò è sbagliato ed
intollerabile. Per questo motivo, proponiamo la soppressione dell'articolo anche
perché, ascoltando gli interventi dei colleghi ed ascoltando la critica svolta
nei confronti di alcuni ben precisi distretti di corte d'appello, si ha chiara e
precisa la sensazione che a quell'accusa segua una condanna morale che i
componenti di quei consigli dell'ordine non meritano. Se ci sono patologie è
giusto che esse vengano eliminate, ma che tutti i consigli dell'ordine
meridionali, nei quali le percentuali di promossi sono elevate, vengano
considerati corrotti o corruttori, è ingiusto e sbagliato, e per questo
riteniamo giusto elimininarlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazioni di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non so se sono il solo o se siamo pochi
in quest'aula ad aver fatto parte di commissioni di esami, che un tempo si
chiamavano di procuratore ed ora di avvocato, con le regole che vigevano allora.
Già era estremamente difficile mettere in piedi una commissione per Corte
d'appello. Tali commissioni, così come sono state previste, non si riuniranno
mai. Dovremmo accertarne il fallimento. Poiché era cosa non piacevole far parte
di tali commissioni, allora erano gli ultimi arrivati in facoltà che erano
designati, in attesa che nuovi arrivati li sostituissero. Ricordo le tragedie
per riunirci: il giudice non poteva perché aveva un udienza, l'avvocato ne
aveva un'altra, i professori avevano gli esami. Con tali pluralità di
commissioni, non faremo mai di esami da avvocato. Prendo atto della situazione
che c'è. Noi, con il voto di oggi, cerchiamo di salvare la faccia all'onorevole
ministro della giustizia, ma dobbiamo dire che tale riforma è sciocca. Di
fronte ad un problema reale è, peraltro, una riforma che non risolve niente.
Affermiamo che entrerà in vigore tra un anno e mezzo perché, in questo modo,
avremo un anno e mezzo di tempo per fare una riforma seria. Se è così, è
inutile perdere del tempo a discutere su di una riforma che sappiamo verrà, nel
frattempo, modificata. Se dovesse rimanere tale tipo di riforma non
funzionerebbe, perché con queste commissioni non saremmo in grado di poter
portare fino in fondo gli esami. Ho fatto parte di una serie di commissioni in
cui abbiamo promosso, in media, dal 7 al 9 per cento dei candidati. Si tratta di
candidati che provenivano dalla stessa facoltà in cui li avevamo laureati. Una
cosa, è infatti, la preparazione teorica, altra è l'approccio alla
professione. Ho fatto parte delle commissioni della Corte d'appello di Genova,
però quando, con una certa frequenza, in qualità di avvocato, esercito nei
tribunali del Sud, trovo avvocati molto più preparati di me e di molti del
Nord. Ciò sta a significare che, in questa favola della distinzione, è la vita
professionale quella che segna il vero accesso alla professione. Rendiamoci
conto di ciò. (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Mancini 1- bis.12,
non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 403
Astenuti 4
Maggioranza 202
Hanno votato sì 180
Hanno votato no 223).
Avverto che
l'emendamento Cristaldi 1-bis.5 è
stato ritirato. Passiamo alla votazione dell'emendamento Iannuzzi 1-bis.27.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha
facoltà.
TINO IANNUZZI.
Intervengo molto brevemente per spiegare il senso di questo emendamento,
chiedendo cortesemente l'attenzione del relatore, perché sarebbe davvero
paradossale che mentre stabiliamo che gran parte del decreto-legge abbia
efficacia differita, si possa determinare una sorta di efficacia retroattiva per
la causa di ineleggibilità, introdotta dal comma 6. Tutti sappiamo, infatti,
che al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione del
decreto-legge, saranno ancora in funzione le commissioni nominate nell'autunno
2002; difatti, la tornata di prove scritte si è svolta a dicembre del 2002 e,
quindi, tali commissioni saranno in vita per tutto il 2003 per lo svolgimento
delle relative prove orali. Questo emendamento vuole sottolineare che ovviamente
la causa di ineleggibilità prevista dal comma 6, che determina l'ineleggibilità
alle elezione degli organismi rappresentativi del mondo forense, deve diventare
operativa e produrre i suoi effetti, per la prima volta, con riferimento alle
commissioni che saranno nominate nell'anno 2003, cioè nel prossimo autunno, per
lo svolgimento della tornata di esami, le cui prove scritte si realizzeranno nel
mese di dicembre del corrente anno. Del resto, il contenuto di questo
emendamento, in relazione al quale il relatore, in sede di replica in fase di
discussione sulle linee generali, aveva manifestato il suo assenso, sta ad
indicare una conseguenza, che è del tutto contenuta nel principio generale
contemplato dall'articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale, le
cosiddette preleggi al codice civile, in base al quale le disposizioni di legge
non dispongono che per l'avvenire e, quindi, non hanno effetto retroattivo.
Vorrei, pertanto, chiedere al relatore un'indicazione precisa al riguardo, che
possa rimanere agli atti dei lavori parlamentari; ciò al fine di evitare
eventuali contenziosi, incertezze ed ambiguità nell'applicazione della norma, a
cui certamente non possiamo dare - nel rispetto dei principi generali relativi
alla successione delle leggi nel tempo - efficacia retroattiva. Coloro i quali,
infatti, sono stati nominati come componenti di commissioni, nel 2002, al
momento di accettare questo incarico avevano di fronte un quadro normativo
completamente differente, che non contemplava questa causa di ineleggibilità.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 19,10)
TINO IANNUZZI.
Quindi, la circostanza che essi facciano parte di commissioni che svolgono
tuttora le loro funzioni (al momento dell'entrata in vigore del decreto e della
relativa legge di conversione) non può tradursi in una sorta di causa di
ineleggibilità ad efficacia retroattiva. Cortesemente, quindi, chiederei al
relatore di poter esprimere il proprio punto di vista, in modo tale che possa
rimanere come chiarimento inequivocabile agli atti parlamentari (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
LUIGI VITALI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, come abbiamo avuto già modo di chiarire in sede di
discussione sulle linee generali, è evidente che tale disposizione normativa
non può avere un effetto retroattivo, quindi nel senso auspicato dall'onorevole
Jannuzzi.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Iannuzzi 1-bis.27,
non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).
TINO IANNUZZI. No,
signor Presidente, ritiro l'emendamento alla luce della precisazione del
relatore, che rende inutile la votazione.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 426
Astenuti 6
Maggioranza 214
Hanno votato sì 191
Hanno votato no 235).
Passiamo alla votazione dell'emendamento
Pecorella 1-bis.10.
ANTONIO BOCCIA. Mi scusi, Presidente, ma
l'emendamento Cristaldi 1-bis.8 ?
PRESIDENTE. È stato ritirato da parte dal
presidente di gruppo La Russa.
ANTONIO BOCCIA.
Volevo sapere, signor Presidente, se il ritiro dell'emendamento è avvenuto nel
corso della seduta o prima della seduta.
PRESIDENTE. È avvenuto in corso di seduta,
onorevole Boccia.
ANTONIO BOCCIA.
Allora, Presidente, chiedo di fare mio l'emendamento 1-bis.8, a nome del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo, e chiedo di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA.
L'emendamento in oggetto intende sopprimere un comma, in virtù del quale la
commissione istituita presso il Ministero della giustizia definisce i criteri
per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali. Ciò significa
che il decreto dà la possibilità, a tale commissione, di fissare dei criteri,
tant'è che il collega Pecorella, all'emendamento successivo, specifica, in un
lungo elenco, alcuni di questi criteri, che comunque la commissione sarebbe
tenuta a rispettare. Chiedo al ministro di svolgere una valutazione in quanto,
quando si limita il giudizio della commissione sulla correzione delle prove
scritte e di quelle orali, poi si accende un tale contenzioso tra il candidato
giudicato e il rispetto di questi criteri che, probabilmente, queste prove
selettive non avranno mai fine. La delimitazione della discrezionalità nel
giudizio della commissione, quando viene definita attraverso dei criteri,
obbliga tale commissione non solo al rispetto di tali criteri, ma subordina il
suo giudizio a verifica di legittimità del rispetto degli stessi. Dunque,
limitando il potere discrezionale della commissione, stabiliamo condizioni che
poi, in sede amministrativa, potranno essere valutate e giudicate circa la loro
corretta applicazione. Signor ministro, capisco il tentativo di porre dei binari
a tutte le commissioni, ma ciò consente la realizzazione di un tale contenzioso
tra i candidati esclusi e le valutazioni che hanno subìto che, effettivamente,
questi concorsi corrono il rischio di non essere mai conclusi. Dunque, invito i
colleghi ad esprimere un voto favorevole su questo emendamento, al fine di
evitare il rischio dell'impossibilità di procedere alla definizione delle prove
selettive.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Presidente, ma l'onorevole Boccia è intervenuto in qualità di sottoscrittore
dell'emendamento. comunque, il mio intervento sarà brevissimo. Intendo
richiamare l'attenzione dei colleghi sull'anomalia di questo meccanismo virtuale
che, probabilmente, stiamo per approvare con rinvio. Virtuale in quanto il
meccanismo delle tre commissioni, con il quale dovrebbero svolgersi gli esami a
partire dal 2004, dove mai vedesse la luce - cosa a cui, evidentemente, non
crede neanche la maggioranza -, creerebbe notevoli complicazioni da un punto di
vista del normale andamento della correzione dei compiti, anche per le ragioni
testé illustrate dal collega Boccia. Infatti, vi sarebbe una commissione
centrale che dovrebbe dettare criteri omogenei ed uniformi ai quali le altre
commissioni dovranno attenersi - e ciò può essere ragionevole -, ma poi vi
sarebbe una prova scritta corretta da una commissione scelta per sorteggio e un
esame orale sostenuto di fronte ad una terza commissione, dunque senza alcun
nesso con la correzione della prova scritta. In tal modo, l'altissimo
contenzioso già oggi esistente in materia di esami sarebbe assolutamente
acuito; quindi, se volessimo muoverci nella logica della razionalizzazione di un
meccanismo virtuale, dovremmo senz'altro approvare questo emendamento e,
casomai, riservare un po' di attenzione al successivo, presentato onorevole
Pecorella, che prevede alcune indicazioni, se non altro esplicite, in ordine ai
criteri.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Cristaldi 1-bis.
8, fatto proprio dall'onorevole Boccia, non accettato dalla Commissione né dal
Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 431
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 236).
Passiamo alla
votazione dell'emendamento Pecorella 1-bis.
10. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha
facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, questo provvedimento nasceva dall'esigenza di modificare un
sistema che non assicura alcuna verifica delle attitudini, della preparazione
giuridica e, quindi, delle capacità professionali dei candidati. Dunque, si
poneva il problema di intervenire, in particolare, sul fenomeno chiamato turismo
forense, la cui origine sta nell'esistenza di ingiustificabili sperequazioni
nella valutazione delle prove dei candidati. Credo sia questa la ragione per cui
in determinati luoghi c'è il 90 per cento dei promossi e in altri luoghi accade
esattamente il contrario. Questo fenomeno dipende - credo - dall'ampia
discrezionalità dei criteri di valutazione delle prove scritte e delle prove
orali. L'emendamento presentato dall'onorevole Pecorella tenta di introdurre
alcuni parametri. Penso siano parametri abbastanza superficiali, non pregnanti,
non tali da consentire la soluzione di un problema così significativo e così
importante. In una situazione diversa, il nostro gruppo si sarebbe astenuto
dalla votazione, per quanto questi criteri siano di assoluta genericità. In una
situazione come questa, mi sembra assolutamente inutile indicare parametri che,
oltre ad essere generici, si collocano all'interno di un provvedimento che non
entrerà mai in vigore. Dunque, voteremo contro, rimandando la questione
all'anno e mezzo che ci separa dalla prossima scadenza, quando speriamo veda la
luce l'ipotesi di una proposta organica.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Pecorella 1-bis.10,
accettato dalla Commissione e dal Governo. (Segue
la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 256
Astenuti 173
Maggioranza 129
Hanno votato sì 240
Hanno votato no 16).
Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Drago non
è riuscito a votare. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1-bis.30
della Commissione.
LUIGI VITALI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, vorrei riformulare l'emendamento 1.bis.30
della Commissione, nella sua parte finale, nella maniera seguente: «nominati
successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge»,
sostituendo, quindi, la parola «pubblicazione» con l'espressione «entrata in
vigore». Si tratta di un coordinamento lessicale.
PRESIDENTE. Sta
bene. Prendo atto che anche il Governo esprime parere favorevole
sull'emendamento 1.bis.30 della
Commissione, nel testo riformulato. Passiamo ai voti. Indìco la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.bis.30
della Commissione, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal
Governo.
(Segue la votazione).Dichiaro chiusa
la votazione. Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi
votazioni).
(Presenti 424
Votanti 251
Astenuti 173
Maggioranza 126
Hanno votato sì 238
Hanno votato no 13).
Prendo atto che
l'onorevole Giuseppe Drago non è riuscito a votare. Passiamo alla votazione
degli identici articoli aggiuntivi Cento 1.bis.01,
Annunziata 1-bis.02 e Pisapia 1-bis.03.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, stiamo esaminando tre analoghi articoli aggiuntivi, uno dei
quali è stato presentato dall'onorevole Pisapia, mentre gli altri due portano
la firma di colleghi del centrosinistra. Questa proposta modifica l'articolo del
regio decreto 27 novembre 1933, n. 1578, che norma le figure, tra cui il
prefetto, che possono accedere alla professione, senza dover passare attraverso
un esame. Proponiamo che si allunghi la lista, inserendovi anche coloro che,
avendo conseguito il diploma di specializzazione rilasciato dalle scuole di
specializzazione per le professioni legali istituite presso le università
italiane, siano in possesso anche di un altro requisito, che viene indicato per
l'iscrizione nell'albo dei procuratori: aver compiuto lodevolmente e
proficuamente un periodo di pratica, frequentando lo studio e via dicendo.
Comunque, sono norme che i colleghi che si occupano di questa materia conoscono.
Sono norme importanti. Ora, il possesso del diploma della scuola di
specializzazione consente di limitare ad un anno il praticantato: diploma della
scuola di specializzazione e un anno di praticantato, anziché due. Pensiamo
che, insieme a questo secondo criterio, quello richiesto per l'iscrizione
all'albo dei procuratori, il possesso del diploma della scuola la
specializzazione sia sufficiente per esentare dall'esame coloro che vogliano
iscriversi all'albo degli avvocati. Naturalmente, questo ragionamento sarebbe
stato più opportunamente affrontato nel quadro di una riforma organica.
Tuttavia, noi non rinunciamo a porre un problema, perché pensiamo che questo
sia uno dei temi particolarmente sentiti e, in questa maniera, anche ben
affrontati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, su questo emendamento devo dire che esprimiamo una
convinzione molto ferma, essendo anche oggetto di una nostra proposta di legge
già da tempo depositata, l'atto Camera n. 3329. Credo che il senso sia chiaro,
ossia quello di garantire una pluralità di accessi alla professione attraverso
forme differenziate di tirocini. L'elemento che risulta forse più chiaro è
proprio quello dato dalla frequenza delle scuole di specializzazione biennali
post-laurea, a cui si accede attraverso un esame, in cui si hanno verifiche
all'interno dei due anni ed anche una prova finale. Ora ricordo che la Corte
costituzionale, con la sentenza n. 5 del 1999, ha espressamente affermato che si
può prescindere in taluni casi dall'esame di Stato quando vi sia stata in altro
modo una verifica dell'idoneità tecnica. Pertanto, noi prevediamo - e credo che
i tempi siano più che maturi - la possibilità dell'accesso all'albo anche a
coloro che hanno frequentato la scuola di specializzazione biennale post-laurea
ed hanno anche il requisito della pratica forense. Mi sembra questo un percorso
post-laurea del tutto significativo, nell'intento di coniugare qualità e
responsabilità professionale, ma anche una pluralità di accessi alla
professione che consenta libertà. Si tratta di uno dei punti che va considerato
all'interno della riforma delle professioni, su cui abbiamo presentato ben due
proposte di legge in questa legislatura, come altre proposte nella XIII
legislatura, da quella Prodi del 3 luglio del 1998 a quella di Fassino. Quindi,
questo andrebbe visto all'interno di una riforma globale delle professioni, che
però il Governo, dopo molte promesse e dopo lo sforzo da ultimo compiuto con la
cosiddetta bozza Vietti, anche qui per divisioni interne, non ha neppure il
coraggio di portare in Parlamento. Dunque, credo che questo emendamento sia un
utile pezzo di riforma che il Parlamento e i colleghi tutti dovrebbero valutare
con attenzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO.
Signor Presidente, l'emendamento dell'onorevole Mantini pone una questione di
tale rilevanza e serietà che mi permetterei di chiedergli di non buttarlo in
questo provvedimento destinato a una fine ingloriosa. Infatti, come è noto, su
questo tema esiste - voglio sperarlo continuare a sperarlo -, anche dentro
quest'aula, oltre che dentro altri organi dello Stato, a cominciare dal
Consiglio superiore della magistratura, la possibilità della costruzione di una
proposta trasversale che affronti questa questione avendo però riguardo ad una
trasformazione delle scuole di specializzazione che oggi rappresentano soltanto
un appendice del corso di studi universitario, mentre noi, se alla frequenza di
queste scuole vogliamo far conseguire una capacità abilitante in
toto, parziale rispetto all'esame di abilitazione, abbiamo la necessità di
un intervento di riforma sulle scuole che vada a trasformare quei due anni, non
nello studio teorico che ha accompagnato i ragazzi per i cinque anni del corso
universitario, bensì un corso di apprendimento anche di casi pratici, quindi,
fortemente modellato sulla professione legale che andranno domani a svolgere.
Per questa ragione, proprio per la serietà della questione, mi permetto di
pregare l'onorevole Mantini di ritirare questo emendamento e di non lasciarlo
annegare nella bolgia di questo provvedimento.
PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, non so come si comporteranno i colleghi, ma per un fatto di
cortesia e poiché abbiamo presentato al Parlamento una proposta di legge,
potrei anche ritirare l'articolo aggiuntivo Annunziata 1-bis.02, di cui sono cofirmatario; ciò, perché condivido le ragioni
di fondo sostenute dalla collega Finocchiaro.
In ogni caso, lo ripeto, non so come si comporteranno i colleghi che hanno
presentato identici articoli aggiuntivi.
PRESIDENTE. Onorevole Cento, le chiedo se ella
intenda ritirare il suo articolo aggiuntivo 1-bis.01.
PIER PAOLO CENTO.
Signor Presidente, ovviamente l'articolo aggiuntivo, stante le dichiarazioni
rilasciate in aula, rischia di essere respinto. Noi, quindi, lo possiamo anche
ritirare, ma la questione politica rimane sempre la stessa. Quindi, al di là
della predisposizione dei disegni di legge e dell'iniziativa legislativa,
intendo ritirare il mio articolo aggiuntivo, ma voglio anche sottolineare la
profonda incongruenza...
PRESIDENTE. Onorevole Cento, la prego di farci
sapere se intenda ritirare il suo articolo aggiuntivo.
PIER PAOLO CENTO. Sì, signor Presidente, lo
ritiro, però vorrei motivare la mia decisione.
PRESIDENTE. Purtroppo non le è consentito di
motivare all'infinito.
PIER PAOLO CENTO.
Signor Presidente, in maniera molto semplice le dico che la questione posta dai
tre identici articoli aggiuntivi presentati proponeva al Parlamento e alla
Commissione giustizia un metodo serio per affrontare il tema della riforma
riguardante l'accesso alla professione forense. La chiusura che vi è stata e, a
mio avviso, anche i ritardi con cui questa questione è stata affrontata anche
in Commissione, certamente ci mettono oggi nella condizione di ritirare
l'articolo aggiuntivo per evitare che esso sia respinto. In ogni caso, credo si
sia persa un'occasione per dare rilevanza agli istituti di specializzazione che
rappresentano una risposta seria al tema della certezza dell'accesso alla
professione forense.
PRESIDENTE. Onorevole Cento, in conclusione,
ha intenzione di ritirare il suo articolo aggiuntivo?
PIER PAOLO CENTO. Sì, signor Presidente, lo
ritiro.
PRESIDENTE. Sta
bene. Non vi è due senza tre: chiedo, quindi, all'onorevole Mascia,
cofirmataria dell'articolo aggiuntivo Pisapia 1-bis.03, se intenda ritirarlo.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, non ho intenzione di ritirare l'articolo aggiuntivo
Pisapia.1-bis.03, nonostante le parole
di buonsenso pronunciate dall'onorevole Finocchiaro; io stessa ho affermato che
sarebbe stato più opportuno affrontare la questione nell'ambito di un diverso
contesto, di una riforma organica. Tuttavia, poiché si attende un messaggio da
parte di questa Assemblea, penso che, trovandoci di fronte ad un provvedimento
completamente svuotato, sia opportuno dare una risposta politica.
PRESIDENTE. Sta
bene. Prendo atto che, a questo punto, anche i presentatori degli altri due
articoli aggiuntivi non intendono più ritirarli. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA.
Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che il gruppo della Lega nord
Padania è contraria all'inserimento nel testo di questi identici articoli
aggiuntivi. Riteniamo sia sbagliato lo strumento che è stato utilizzato, però
la questione sollevata attraverso di esso merita attenzione e, sicuramente,
trova d'accordo il nostro gruppo riguardo al merito. Per questo motivo, la Lega
nord è disponibile a discutere del problema all'interno, però, di una riforma
organica che disciplini in modo diverso l'accesso alla professione.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi Cento 1-bis.01, Annunziata 1-bis.02
e Pisapia 1-bis.03, non accettati
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 422
Astenuti 8
Maggioranza 212
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 227).
Avverto che
l'emendamento Cristaldi 1-ter.1 è
stato ritirato. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mancini 1-ter.2
e Fanfani 1-ter.3 Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole
Fanfani. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FANFANI.
Signor Presidente, ritengo che, complessivamente, questo provvedimento sia da un
lato scarsamente utile al nostro ordinamento, dall'altro particolarmente
dannoso. La materia è particolarmente delicata e le motivazioni che sottostanno
alla necessità di provvedere al riguardo sono state ampiamente espresse. Mi
domando, come hanno fatto altri colleghi in quest'aula, se sia opportuno, in una
situazione così delicata, procedere attraverso lo strumento della decretazione
d'urgenza e se, procedendo in tal modo, non si rinunci alla necessità di
un'organica disciplina che da più parti, nel corso di questa discussione, è
stata ricordata come essenziale per dare alla materia una soluzione definitiva.
Oggi, da più parti, in quest'aula è stato detto che il tentativo del ministro
sarebbe apprezzabile se non altro perché ha posto il problema; peraltro, tutti
si sono resi conto che questo modo di affrontare la problematica è limitativo.
Mi domando se un ministro abbia il compito di porre problemi al Parlamento
ovvero se non abbia, invece, il dovere specifico di affrontare i problemi per
quelli che sono, nella loro gravità, e di individuare le soluzioni adeguate. Mi
domando, inoltre, se ricorrere allo strumento legislativo del decreto-legge ed,
al tempo stesso, negarne la validità, come ha ben detto il collega Innocenti
all'inizio di questa discussione, rinviandone l'attuazione ad epoca successiva,
non significhi negare in nuce gli elementi che lo giustificano. In realtà, credo che in
questa sede non si sia voluto salvare il provvedimento o parti di esso; si è
voluto salvare la dignità di un Governo che ha proposto un provvedimento che in
questo Parlamento non ha trovato un minimo di accoglimento. Ricordo a tutti che
in Commissione non un solo gruppo si è trovato concorde con tutti gli altri
della maggioranza, nemmeno su un emendamento. Ci si è resi conto che il
provvedimento in esame, complessivamente considerato, non aveva il substrato né
di necessità, da un lato, né di accettabilità, dall'altro, perché altri sono
gli strumenti attraverso cui intervenire in una materia che deve essere, sì,
disciplinata, ma in modo organico, al fine di preparare alla professione giovani
che, in questo modo, saranno selezionati in modo diverso, ma non sicuramente più
corretto.
Credo che, attraverso questo provvedimento, si commetta il grave errore (è
stato più volte ricordato), di credere che si possa intervenire, in maniera
frammentaria, in un sistema legislativo che, invece, avrebbe bisogno di una
riforma organica alla quale faceva riferimento il collega Mantini. In questo
modo, non credo nemmeno che la riserva esplicitata circa l'opportunità di
legiferare nell'arco di un anno sarà rispettata, perché, una volta risolto il
problema in maniera frammentaria, come oggi viene proposto, dando una parvenza
di legittimità ad un sistema di selezione da tutti ritenuto scarsamente utile,
non si farà altro. L'unico risultato, colleghi avvocati che sedete in
quest'aula, che si raggiunge attraverso questo provvedimento è la
dequalificazione, agli occhi dell'intera nazione, dell'intera categoria degli
avvocati, perché l'unica norma che entrerà immediatamente in vigore sarà
quella secondo la quale gli avvocati non possono far parte della commissione
d'esame se vogliono poi candidarsi a qualche cos'altro. In Commissione - lo
ricordo a chi era presente - autorevoli esponenti di questo Parlamento e
dell'Avvocatura esterna affermarono che questa norma doveva essere approvata
perché gli avvocati si vendevano gli esami per essere candidati
successivamente. Signor Presidente, la ringrazio e credo che questo emendamento
debba essere approvato.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici emendamenti Mancini 1-ter.2 e Fanfani 1-ter.3,
non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione). Dichiaro chiusa
la votazione. Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi
votazioni).
(Presenti 427
Votanti 424
Astenuti 3
Maggioranza 213
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 236).
Passiamo alla votazione dell'emendamento
Mancini 2.2. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole
Mancini. Ne ha facoltà.
GIACOMO MANCINI.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la parte del provvedimento che con
l'emendamento al nostro esame da noi presentato ci proponiamo di sopprimere,
introduce una norma grottesca che, devo dire, all'interno di un provvedimento
ridicolo sta benissimo! È una norma grottesca che sarà applicata nel 2004 ma
che non fa onore al Parlamento che la approva e al Governo che la propone, perché
con questa norma si propone di ottenere l'introduzione di una omogeneità di
giudizio attraverso un sorteggio. La maggioranza e questo ministro pensano che
attraverso un sorteggio si possano introdurre una omogeneità di giudizio e
l'equità nell'esame dell'elaborato. Questa è una cosa grottesca e ridicola!
Noi riteniamo al contrario che vi debba essere un collegamento fra il luogo dove
viene svolta la pratica dal candidato e quello dove questi svolge l'esame:
questo perché, e lo ha ricordato bene il collega Finocchiaro, riteniamo che
l'esame di abilitazione debba essere la tappa conclusiva di un percorso di
formazione che inizia con gli studi di giurisprudenza, prosegue probabilmente
attraverso l'integrazione di studi e corsi di perfezionamento e si concluda
laddove è iniziato, attraverso il giudizio di quegli avvocati e magistrati con
i quali il candidato e futuro avvocato ha formato la sua preparazione. Se si
vuole introdurre un giro di vite, il ministro e la sua maggioranza avevano il
dovere di andare ad incidere laddove vi sono comportamenti poco leciti e che non
convincono. Sono quei comportamenti posti in essere da quei consigli dell'ordine
che da una parte sono di manica strettissima quando si tratta di promuovere il
candidato, ma dall'altra sono di manica assai larga quando concedono il rilascio
del certificato che consente al candidato di spostarsi per andare a sostenere
l'esame presso un'altra corte di appello. Attraverso questo sistema, si ottiene
quello che ogni anno succede per esempio a Catanzaro. Vi sono stati colleghi che
si sono indignati per la percentuale di promozioni e, abbiamo ascoltato,
colleghi che si sono indignati per il fatto che parte dell'economia catanzarese,
e calabrese più in generale, si poggia sul cambio di residenza e
sull'espletamento dell'esame nella regione Calabria. Noi al contrario ci
indigniamo per come si svolgono le cose. Richiamo l'esempio puntuale di quanto
accade a Catanzaro: in quella realtà, lo scorso anno, su quattromila candidati,
soltanto quattrocento erano calabresi; gli altri provenivano da altre regioni e
probabilmente alcuni di quei candidati non sono mai entrati in un'aula di
tribunale, mai hanno fatto pratica, mai hanno aperto un codice! Sono quei
candidati che grazie al comportamento compiacente di alcuni consigli dell'ordine
ricevono il certificato di compiuta pratica e si recano in Calabria. Noi
pretendiamo, indignandoci per questo, che ci sia maggiore attenzione nei
confronti del Mezzogiorno d'Italia e che ci sia una valutazione migliore di
queste vicende. Questo provvedimento è l'ennesima dimostrazione di come questo
Governo lavori contro il Mezzogiorno d'Italia (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Mancini 2.2, non accettato dalla Commissione né
dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 401
Astenuti 15
Maggioranza 201
Hanno votato sì 74
Hanno votato no 327).
Avverto che gli
identici emendamenti Cristaldi 2.1 e Mazzoni 2.5 sono stati ritirati. Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini
2.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 412
Astenuti 4
Maggioranza 207
Hanno votato sì 185
Hanno votato no 227).
Passiamo alla
votazione dell'emendamento Fanfani 2.6. Ha chiesto di parlare per dichiarazione
di voto l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI.
Signor Presidente, vorrei illustrare molto rapidamente il senso di questo
emendamento, che è misura dell'atteggiamento estremamente serio e costruttivo
con cui il gruppo della Margherita ha affrontato il dibattito su questo
provvedimento. Se la finalità di fondo che l'esecutivo ha inteso perseguire è
stata quella di garantire una valutazione più equilibrata, omogenea ed uniforme
su tutto il territorio nazionale per gli esami riabilitazione forense, ebbene,
una soluzione normativa corretta, senza i meccanismi inaccettabili, i pasticci
legislativi a cui oggi stiamo assistendo, si può realizzare proprio con
l'approvazione di questo emendamento, che riserva al ministro, sentito il
Consiglio nazionale forense, il potere di nominare il presidente di ciascuna
commissione in ciascuna Corte d'appello, prescegliendolo tra gli avvocati
iscritti alle giurisdizioni superiori, ma appartenenti ad altro territorio, ad
altro distretto di Corte d'appello. È questa la misura per consentire una
indicazione di direttive generali da parte del ministero per lo svolgimento
degli esami, assicurando - in avvocati cassazionisti appartenenti ad altro
territorio - una presidenza di ciascuna commissione nel segno massimo
dell'imparzialità, della serenità di giudizio, accresciuta in questo caso
dalla estraneità diretta a quel territorio.
Questo è un modo serio per tentare di dare un punto di avanzamento alla
complessa materia degli esami di abilitazione forense e alle esigenze che ci
stanno a cuore; non così il meccanismo che è stato escogitato di carovane
itineranti, affidate alla polizia giudiziaria, con temi che vengono svolti al
sud e vanno verso il nord per ritornare al sud e viceversa, che rappresenta una
sorta di girotondo assolutamente incompatibile con una rigorosa disciplina
legislativa che voglia ispirare gli esami di abilitazione forense a linee di
maggiore serietà. Concludo. Un altro punto doveva essere oggetto di attenzione
nella riflessione del Governo, che era ed è quello di rendere il biennio di
pratica forense più compiuto, più effettivo, più penetrante, con vigilanza e
monitoraggi più adeguati, con controlli più diretti dei consigli dell'ordine,
con il massimo recupero della deontologia professionale. Questo terreno, come
quello della valorizzazione del titolo rilasciato dalle scuole di
specializzazione forensi - che si inquadrano in uno sforzo di dare davvero vita
ad un modello diverso di formazione forense - è invece del tutto estraneo alle
scelte, alla volontà e alla determinazione dell'esecutivo che, attraverso il
faticosissimo compromesso che si prefigura, delinea non una nuova soluzione
legislativa, ma un autentico e inaccettabile pasticcio legislativo (Applausi
dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo)!
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Fanfani 2.6, non accettato dalla Commissione né
dal Governo.(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 402
Votanti 399
Astenuti 3
Maggioranza 200
Hanno votato sì 174
Hanno votato no 225).
Passiamo alla
votazione dell'emendamento Mantini 2.7. Ha chiesto di parlare per dichiarazione
di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, avevamo offerto un'altra possibilità di migliorare il testo
del decreto-legge attraverso l'emendamento in questione che, come ho detto prima
- e quindi non mi dilungherò - stabilisce la possibilità da parte del
ministro, sentito il CNF, di nominare due commissari per integrare le sedi che,
sulla base di una rilevazione statistica riferita agli ultimi cinque anni,
abbiano prodotto un numero anomalo di bocciati o di promossi. In ciò, eravamo
confortati dal pensiero che anche il collega La Russa si era convinto di questa
impostazione, tant'è che lo stesso - leggo le sue parole riportate dal
quotidiano Il sole 24 ore - ha
dichiarato: noi riteniamo opportuno l'intervento sull'esame forense per
rimediare a due ingiustizie: l'alto numero dei promossi al sud e l'altrettanto
alto un numero di respinti al nord. Le misure ipotizzate, però, non risolvono
il problema. Il nostro emendamento risolve, invece, in modo equo, il problema,
senza fare finti girotondi, né «ammuine» (cito l'articolo 27 della Real
Borbonica Marina che recita: «chilli ca
stanno a poppa vanno a prora e viceversa»). Invito il collega La Russa e
tutti gli altri, anche per lanciare il segnale che vogliamo attuare la riforma,
ma una riforma razionale, e non rimandarla tra due anni, a votare a favore su
questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA.
Signor Presidente, non esprimeremo un voto favorevole sull'emendamento in esame,
perché, apparentemente cambia qualcosa, ma, in realtà, lascerebbe la
situazione immutata per sempre. Vorrei chiarire, ancora una volta, che il nostro
atteggiamento è esattamente coerente con quanto ho dichiarato su Il
Sole 24 Ore. Lo chiarisco anche perché, a volte, dall'esterno, è difficile
comprendere una posizione. Sin dall'inizio, eravamo contrari alla decisione di
convertire il decreto-legge esattamente come era. È stato profondamente
modificato dalla Commissione che ha impedito che, per gli esaminandi, vi sia
l'obbligo di fare turismo (essi, secondo il testo originario, avrebbero dovuto
andare in giro per l'Italia). Il ministro e la Commissione hanno modificato
profondamente il testo. Ora, abbiamo proposto ed ottenuto che, quest'anno,
nessuno svolga gli esami secondo quanto prevederà il testo di legge definitivo,
nella speranza che, nel corso di quest'anno (anzi, ne siamo convinti) entri in
vigore una legge che affronti, in maniera più compiuta, la materia.
In sostanza, dando atto al ministro (e non è cambiamento di opinione, perché
abbiamo sempre sostenuto che il problema andava affrontato e che andava posta
l'attenzione sulle disparità al sud e al nord e sui due scandali: quello del
sud, dove, in effetti, qualche volta, in certi ristretti, il numero dei promossi
è quasi totale, e quello del nord, dove il numero dei bocciati è così alto da
rendere legittima difesa il trasferimento al sud di molti praticanti di Milano e
di altre corti d'appello del nord), crediamo che la legge, nel giro di un anno,
potrà affrontare, in maniera più compiuta, questa doppia anomalia e
risolverla.
Mi rivolgo al collega: non c'è bisogno di votare favorevolmente sul tuo
emendamento. Lasciamo al Parlamento - altrimenti glielo toglieremo - il compito
di affrontare, nell'arco di un anno, più in profondità questa materia.
Lasciamo, invece, nella tranquillità, tutti - dico tutti - i praticanti che non
si troveranno ad affrontare all'improvviso un esame assai diverso da come se lo
aspettavano. In tal modo, avranno la possibilità di affrontarlo, quest'anno con
i vecchi criteri, e l'anno prossimo con criteri di equità e di giustizia, per
tutti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini
2.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
PIERO RUZZANTE. Presidente, lo voleva
ritirare!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 409
Votanti 393
Astenuti 16
Maggioranza 197
Hanno votato sì 167
Hanno votato no 226).
Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini
2.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo. (Segue la votazione).Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il
risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti
405
Votanti 399
Astenuti 6
Maggioranza 200
Hanno votato sì 171
Hanno votato no 228).
Avverto che
l'emendamento Mancini 2.3 è stato ritirato. Passiamo alla votazione
dell'articolo aggiuntivo Mantini 2.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini (Commenti).
Colleghi, per cortesia. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI.
Signor Presidente, intervengo brevemente, con l'impegno a non intervenire
nuovamente (Applausi dei deputati dei
gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale). Un po' di captatio
benevolentiae, a quest'ora, credo sia utile a tutti. Con questo articolo
aggiuntivo abbiamo voluto lanciare un messaggio, sempre in una logica
assolutamente costruttiva e tenendo presente che abbiamo avuto una giornata
lunga, nervosa ed estenuante per molti motivi, poiché nel paese vi è una
grande attesa, soprattutto da parte delle giovani generazioni, di ricevere
messaggi rassicuranti per l'oggi e per il domani, su una linea di consapevolezza
e di riforma che forse abbiamo il dovere di indicare. Allora, questo articolo
aggiuntivo vorrebbe offrire una soluzione, come dire, a regime, una di quelle
sulle quali il collega La Russa, e non solo lui, vuole impegnarsi a ragionare
nel corso di quest'anno di sospensione del virtuale provvedimento Castelli. La
offriamo all'attenzione di tutti. L'emendamento suggerisce che i prossimi esami
di abilitazione alla professione di avvocato si svolgano sulla base di verifiche
semestrali, da parte dei consigli degli ordini, sull'idoneità e sull'effettività
della pratica. Tali verifiche già oggi sono previste, ma vengono fatte da chi
si e da chi no. Attraverso la verifica semestrale e con l'attribuzione di un
sistema di crediti, si accede ad una selezione finale informatica,
sdrammatizzando, in tal modo, l'esame finale: si verifica l'effettività e
l'idoneità della pratica e si accede ad un esame in forma semplificata. Questo,
in sintesi, il modello espresso. Probabilmente, esso non formerà oggetto di
valutazione in questa sede, ma lo offriamo alla riflessione nell'anno che ci
separa da una riforma seria ed urgente di questa materia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo
Mantini 2.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il
risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 331
Astenuti 62
Maggioranza 166
Hanno votato sì 98
Hanno votato no 233).
Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Mancini 3.3 e Mantini 3.5, non accettati dalla Commissione né dal
Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti
390
Votanti 385
Astenuti 5
Maggioranza 193
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 224).
Passiamo all'emendamento 3.7 della
Commissione.
LUIGI VITALI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI, Relatore.
Signor Presidente, il testo dell'emendamento 3.7, è stato riformulato, in fine,
sostituendo le parole da «come» fino a «decreto,» con le parole: «e
successive modificazioni,».
PRESIDENTE. Il Governo?
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Concordo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta
bene. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento 3.7 della Commissione, nel testo riformulato,
accettato dal Governo. (Segue la
votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 401
Votanti 253
Astenuti 148
Maggioranza
127
Hanno votato sì 242
Hanno votato no 11).
Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.8
della Commissione, accettato dal Governo. (Segue
la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il
risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 237
Astenuti 170
Maggioranza 119
Hanno votato sì 236
Hanno votato no 1).
Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici
emendamenti Cento 3.2 e Buemi 3.6, non accettato dalla Commissione né dal
Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la
votazione. Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi
votazioni).
(Presenti
411
Votanti 399
Astenuti 12
Maggioranza 200
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 231).
Passiamo alla
votazione dell'emendamento Pisapia 5.1. Ha chiesto di parlare per dichiarazione
di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA.
Signor Presidente, il nostro emendamento intende sopprimere il diritto
ecclesiastico come materia orale, mentre è indispensabile, come è ovvio per
tutti, introdurre il diritto comunitario, così come prevedeva il testo
originario. Non si comprende per quale ragione debba essere aggiunto alle
materie della prova orale il diritto ecclesiastico che, pur essendo presente
negli insegnamenti universitari, deve essere approfondito, nel quotidiano,
veramente da pochissimi avvocati. Pensiamo che non sia necessario prevedere il
diritto ecclesiastico come materia d'esame e che, invece, sarebbe bene
permettere ai candidati di dedicare energie e risorse al diritto comunitario.
Grazie.
PRESIDENTE.
Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull'emendamento Pisapia 5.1, non accettato dalla Commissione né
dal Governo.
IGNAZIO LA RUSSA. Apri!
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, so quando
aprire e quando chiudere (Si ride).
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il
risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 390
Votanti 387
Astenuti 3
Maggioranza 194
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 229).
Indìco la
votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani
5-bis.1, non accettato dalla
Commissione né dal Governo. (Segue la
votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti
411
Votanti 399
Astenuti 12
Maggioranza 200
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 231).
Ricordo che
l'emendamento Cristaldi 6-bis.1 è
stato ritirato. Passiamo agli identici articoli aggiuntivi Cento 6-bis.01
e Buemi 6-bis.03.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine
dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE.
Signor Presidente, poiché passiamo all'articolo 6-bis del decreto-legge, sul quale è stato presentato un articolo
aggiuntivo sul quale dobbiamo attendere il parere della Commissione bilancio,
per dare coerenza e logica ai nostri lavori sarebbe meglio votare direttamente
domani tutto l'articolo 6-bis del
decreto-legge. Mi pare che anche il relatore sia d'accordo.
PRESIDENTE. Prendo
atto che anche il relatore è d'accordo. La sua richiesta può essere dunque
accolta. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.