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Pubblichiamo la lettera che il dr. Antonio Giangrande ci ha fatto pervenire per portare il suo caso - di malagiustizia - sulle
pagine del nostro giornalea
Dott.sa Francesca Patanè, direttore di "Ateneo Palermitano",
cosa ci può essere in comune tra un giornale, che rappresenta il mondo degli studenti universitari, quale è il suo,
e le vittime delle mafie e dell’ingiustizie, che da tutta Italia alla mia associazione si rivolgono?
La risposta è: in comune c’è più di quello che ci si può aspettare.
Mi sbagliavo, quando, dieci anni fa, laureandomi in Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano dopo aver sostenuto
ventisei esami in soli due anni,lavorando per potermi permettere gli studi
e mantenere moglie e due figli, pensavo che tutti i sacrifici
fatti in quel momento sarebbero stati gratificati dalla mia realizzazione sociale ed economica.
Questo è il sogno di tutti i laureandi passati, presenti e futuri.
Invece la dura realtà è che, dopo anni di studio, non è la competenza e la preparazione a far aprire tutte le porte dell’occupazione
sostenibile, ma basta la semplice denominazione, o la semplice raccomandazione. Requisiti obbligatori per vincere qualsiasi concorso,
sia esso di assunzione pubblica, sia di abilitazione professionale.
Concorso che sarà, sempre e comunque, truccato e i cui abusi saranno,
sempre e comunque, taciuti ed impuniti, perché commessi dalle stesse Istituzioni che dovrebbero vigilare e reprimere.
Questo assioma niente e nessuno lo cambierà, se nulla sono servite le 15.000 denunce penali presentate in tutta Italia, rimaste regolarmente
insabbiate, senza che sia conseguita accusa di calunnia.
Denunce presentate a tutela delle vittime delle mafie e delle ingiustizie. Vittime che sono, anche, gli ex universitari partecipanti ai
concorsi pubblici truccati.
A me, che mi sono permesso di reagire a questo stato di cose, facendo cacciare, per legge, i consiglieri dell’Ordine degli avvocati dalle
Commissioni di esame forense, e sbugiardato magistrati e professori universitari, perché non ritenuti idonei a correggere i compiti del loro
distretto, è toccata la ritorsione della condanna all’indigenza, perché gli stessi avvocati e magistrati e professori universitari, da otto anni,
non mi fanno abilitare in avvocatura, pur avendo esercitato per sei anni, e mi accusano di reati inesistenti, impedendomi la difesa.
Insomma, direttore, lo Stato ti obbliga a studiare per agevolarti nella ricerca dell’occupazione e poi ti impedisce di lavorare per quello
per cui hai studiato. Se poi denunci gli abusi, lo Stato non ti ascolta, favorendo le lobby e i mafiosi.
Ecco cosa ha in comune la mia associazione con il suo giornale: io mi batto per gli studenti universitari, affinché siano liberi nelle loro
scelte di lavoro, lei gli dà voce e notizie.
Ringraziandola dell'attenzione, la saluto.
Antonio Giangrande |
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