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I porci del pamphlet di Ernesto Parlachiaro (pseudonimo
per "necessità") non hanno né la classe degli spasimanti di Circe, né la vis
contestataria di Rocco e Antonia, i giovani protagonisti del libro-cult di una generazione fa ("Porci con le ali",
per chi non sapesse).
Sono porci e basta. E sono i porci che grugniscono in ogni Ateneo del Belpaese.
"Candido o del porcile dell'Università italiana" non ha la pretesa di essere una delle più significative opere letterarie
di questo secolo, eppure, nel suo piccolo - vissuto, sofferto, e narrato con la mente lucida di chi non vuole
perdersi l'occasione di gridare al mondo la sua verità - rimarrà nella storia. Non in quella universale, magari, ma
nell'altra,
davvero minuscola, per la verità, di certi ambienti accademici dove un malinteso senso del potere, misto
all'arroganza di chi
è abituato a vincere, gestisce da anni i destini di tutti coloro che in quel mondo gravitano con diverse e
opposte fortune.
Abbiamo letto il libro in un pomeriggio di tranquilla noia casalinga:
giusto per infiammarci un po', sapevamo che ve ne avremmo trovato l'occasione.
La storia che si snoda in quelle settantadue pagine di malauniversità nazionale è una storia vera, cosi almeno ci assicura
l'autore, attuale professore di liceo e docente accademico mancato per cause indipendenti dalla sua volontà e dipendenti,
invece, anzi
strettamente riconducibili alle "risa sguaiate" della Vispa Teresa, ai progetti capricciosi del Gatto con gli occhiali e
alla
certezza insulsa di vincere dell'altrettanto insulso predestinato vincitore, tal Guastalla, ganimede della Vispa
Teresa (quest'ultimo orgogliosamente omosessuale e, ci pare, abbastanza riconoscibile: noi un'idea ce l'avremmo...).
Il calvario accademico di Parlachiaro
ha inizio quando - non per inconfessabili voglie masochistiche, ma per quell'ottimismo che
in genere accompagna i semplici di spirito, ovvero tutti coloro che non sanno come girano le
cose negli ambienti accademici italiani - un amore viscerale per gli studi
filosofici spinge il protagonista Candido dietro cui egli si cela (persino più ingenuo del Candido volteriano che
intende richiamare alla memoria), verso il miraggio di una possibile (possibile?) carriera universitaria;
e si snoda attraverso una serie di "stazioni" che passano per diversi, e (quasi) tutti inutili, tentativi di
successo: dal concorso per ricercatore a quello - forte del "grosso e brillante tomo di filosofia morale"
appena sfornato - per professore associato, fino ad arrivare, ripercorrendo gli inferi a ritroso, al gradino più basso
del dottorato di ricerca, soluzione meno ambiziosa e proprio per questo ritenuta dal povero
Candido (erroneamente) più accessibile.
Quarantaquattrenne in mezzo ai tanti concorrenti di vent'anni più giovani, con titoli equivalenti a zero per equiparare
al gradino di partenza
tutti i candidati, il Nostro per la prima volta sente odore di successo, per un quarto posto conquistato a fronte
della certezza di essere escluso. Ma è un successo effimero, l'unico consentito a chi all'Università non ha "padrini"
("referenti", nel linguaggio accademichese).
E diventa dottorando sì, ma "senza borsa". Cioè senza impegni finanziari a suo favore, né per sostenere il suo
progetto di ricerca, né per supportare soggiorni di studio all'Estero. E con un milione di lire
all'anno da sborsare per le tasse.
L'"l'ultimo atto della commedia", quello della discussione della tesi di dottorato, coincide per Candido con l'addio
definitivo e consapevole
al sogno universitario: "il porcile ai maiali", a lui "l'orticello meno prestigioso, ma molto più pulito, profumato e
onesto" della scuola superiore.
La conclusione del libro - di cui volentieri per la verità avremmo fatto a meno
di leggere lo scontato pistolotto finale - è divertente
e amara insieme, come certi italici
film del grande Sordi: "meglio restare uomini che diventare universitari".
Noi, anche alla luce dei recenti fatti che ci hanno più o meno direttamente
coinvolto (e nell'attesa che il miracolo
della redenzione si avveri), non possiamo che condividere.
Ernesto Parlachiaro, Candido o del porcile dell'Università italiana, Arezzo, Edizioni Limina, 2006
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