Ovvero, il potere della bulgarodemocrazia.
Domanda. E' credibile un sistema che accetta, e per ben due volte, un'unica candidatura ai massimi vertici
del governo accademico?
Anche stavolta come tre anni fa (o giù di lì) alla poltronissima palermitana di piazza Marina - nota ai più per l'aria di mafia
che si respira (mi riferisco al caso Petrosino) - unico aspirante è l'uscente, anzi, il doppiamente uscente Giuseppe Silvestri.
Che tra meno di un mese, pertanto, tenterà il ter. Tenterà si fa per dire.
Perché nel sistema di cui sopra tutto potrà accadere e non che il "vecchio" rettore dell'Università di Palermo non ridiventi,
come per magia, di nuovo nuovo (e scusate il bisticcio).
E' lecito supporre che gli accordi preelettorali siano già stati raggiunti. Almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate
alla stampa locale dallo stesso Silvestri, che se da un lato ha sottolineato che vivrebbe l'eventualità di altri concorrenti
"come occasione di confronto e di stimolo", dall'altro non ha mancato di precisare, prima
di sciogliere la riserva, che condicio sine qua non per la ricandidatura sarebbe stata la certezza dell'appoggio di tutti
gli altri docenti ("Prima di tutto è necessario che io senta i miei colleghi perché solo con il loro aiuto tornerei a candidarmi").
Dunque neppure questa volta ci sarà confronto. Ufficialmente per mancanza di "contendenti".
Ma fa riflettere il no del preside di Medicina Elio Cardinale, arrivato un po' troppo tardi per essere
veramente credibile, per essere considerato, cioè, davvero "libero" e non "indotto", ovvero non condizionato
dagli eventi.
Un no che a chi non ha la mente troppo corta potrebbe richiamare quello analogo della precedente tornata
elettorale, del triennio governativo 2001-2004 (con elezione numero due di Silvestri), pronunciato da Luigi Di Marco, ex preside
della Facoltà di Agraria, costretto dalle contingenze a ritirare in extremis la candidatura perché, con parole sue, "non c'erano
pari opportunità nel dialogo e ho avuto l'impressione di essere ostacolato nel mio percorso".
"Stato di regime" definì quel sistema Salvatore Raimondi, il docente di Diritto amministrativo artefice di innumerevoli ricorsi
contro lo Statuto dell'Ateneo, partorito con difficile travaglio dopo una lunga e laboriosa gestazione.
Regime di sinistra, nella fattispecie, ma pur sempre regime: i Gulag, d'altra parte, di solgenitziniana memoria, non furono migliori
dei campi di sterminio nazisti e neppure quella sorta di "censura di fatto" - cui i comunisti degli anni Sessanta-Settanta ci
abituarono e per la quale era lecito parlare solo di Auschwitz, Mathausen e Dachau e non del terrore dell'Est - poteva anche allora
evitare di pensarlo.
Ma non divaghiamo e concentriamoci invece sul candidato rettore dell'Università di Palermo.
Che sta seduto a quella poltrona dal '99; che per il triennio 2001-2004 non completa il mandato e chiede nuove
elezioni, ritenendo giusto che si voti con la composizione elettorale dettata dalla norma statutaria rivisitata; e che
il 16 gennaio 2001 modifica lo Statuto al punto in cui si parla di eleggibilità negli Organi di governo.
Un passo, questo, davvero tormentato.
All'epoca del rettore Gullotti e dell'emanazione dello Statuto dell'Università (quando ancora la gestazione tormentata
era appena agli inizi), c'era un punto 2 che faceva parte di un articolo 11 (decreto rettorale 12 novembre 1997) e che così recitava:
"Non sono immediatamente rieleggibili coloro i quali abbiano già ricoperto la medesima carica per due mandati consecutivi".
Chiaro? Di più. Lampante. E senza alchimie.
Poi una prima modifica (il citato decreto rettorale 16 gennaio 2001): "Non sono immediatamente rieleggibili coloro i quali abbiano
già ricoperto, con continuità, la medesima carica per un periodo di tempo complessivamente corrispondente alla durata di
due mandati interi".
Oggi (decreto rettorale 15 aprile 2005) l'articolo 11, inteso come "Norme generali riguardanti la eleggibilità ecc. ecc."
risulta soppresso, ma ritorna come articolo 9bis e con una denominazione leggermente modificata: "Eleggibilità negli organi di
governo, ecc. ecc.".
In questa sorta di articolo "9bis-11-ma-non-troppo" c'è ancora il punto 2 e sarebbe identico a quello della prima modifica se non
fosse per l'avverbio "complessivamente", che in quest'ultima versione, la vigente, è scomparso.
Non è nostro compito entrare nelle circonvoluzioni cerebrali degli esperti statutari: non ne avremmo la competenza
e soprattutto non ne abbiamo la voglia.
Non proviamo nemmeno a capire il perché di aggiustamenti, rattoppi, tagli e cuciti: le sartorie accademiche sono
ambienti difficili per chi, come noi, sa al massimo attaccare bottoni.
Su una cosa però vogliamo farvi riflettere, a proposito della prossima ri-ri-ascesa al "trono" accademico: quando da un
momento democratico come quello elettorale viene fuori un solo nome è di pseudodemocrazia che si tratta, e non di altro.
Provate a convincerci che non è vero.
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